L’Italia è un’intera ‘zona rossa’? Anche la Politica mette l’elmetto. Elezioni rinviate, Camere semi-chiuse, solidarietà nazionale già nei fatti

L’Italia è un’intera ‘zona rossa’? Anche la Politica mette l’elmetto. Elezioni rinviate, Camere semi-chiuse, solidarietà nazionale già nei fatti

10 Marzo 2020 0 Di Ettore Maria Colombo

Sommario

Coronavirus, l’Italia diventa una ‘grande zona rossa’. La Politica si mette l’elmetto. Elezioni rinviate sine die, Camere semi-chiuse (tranne un giorno a settimana), le opposizioni fanno squadra con il governo. Siamo certi che il vulnus alla democrazia aiuterà la guarigione?

 

Mappa Italia rossa

Italia tutta rossa

 

Da oggi l’Italia è una ‘zona rossa’ grande come un Paese

Il premier conte

Conte in conferenza stampa a palazzo Chigi

L’Italia, da oggi, diventa una grande Lombardia, una zona rossa”. L’annuncio shock del premier, Giuseppe Conte, arriva a tarda sera, nella sala delle conferenze stampa di palazzo Chigi, con il premier seduto – da solo – dietro il palco e i (pochi) giornalisti davanti ad ascoltare, a distanza di sicurezza come per tutti.

il commissario montalbano

Il commissario Montalbano ha ritardato la messa in onda per il discorso del premier Conte

Tutti i tg erano sintonizzati da ore in attesa delle sue parole (‘Maratona Mentana’ su La 7 in testa a tutti, ovviamente) e persino il nuovo episodio del commissario Montalbano, atteso da milioni di fan, slitta di mezz’ora in mezz’ora.

 

“Iorestoacasa” non è più solo un hastag, ma un dpcm…

iorestoacasa

Lo slogan “Iorestoacasa” non è più solo un hastag virale sul web, ma una decisione dura e pesante quanto operativa, un dpcm (decreto della Presidenza del Consiglio, termine tecnico-giuridico che vuol dire che è immediatamente operativo, ormai diventato famoso) che diventerà operativo a partire da oggi, anche se prima o poi andrà convertito in legge anche il dpcm.

Il capo dello Stato Sergio Mattarella

Il capo dello Stato Sergio Mattarella

Il Capo dello Stato è stato informato, tutti i presidenti di Regione sono stati consultati (e, stavolta, erano tutti d’accordo, pare…), il cdm, ovviamente, era bello compatto, Pd e M5S parlavano da vecchi amici. Persino le opposizioni – con varie dichiarazioni, quelle di Salvini in testa – da un intero giorno dicevano, di fatto, le stesse cose: che quanto ci voleva era una ‘serrata’, e che doveva riguardare l’intero Paese, il quale, da oggi, diventerà, appunto, una enorme, tristissima, ‘zona rossa’.

 

Chiuse scuole, palestre, musei, etc. Vietati gli assembramenti

modulo autocertificazione

Facsimile del modulo di autocertificazione per viaggiare

Chiuse le scuole e le università, fino al 3 aprile (per ora, ma difficilmente riapriranno, l’anno scolastico ormai è saltato). Vietati gli assembramenti, i ritrovi nei locali e nei bar, ovunque, oltre a musei, cinema, teatri, persino le palestre, figurarsi i rave dei giovani idioti o le scorribande sugli sci. Vietate tutte le manifestazioni sportive, ‘sacra’ serie A compresa, nonostante i padroni delle squadre di calcio avrebbero voluto proseguire come se nulla accada. Vietati i viaggi e gli spostamenti, e in tutt’Italia, tranne che per “comprovate esigenze” e solo per tre ordini di motivi: 1) ragioni di lavoro; 2) casi di necessità; 3) motivi di salute.
Qui di seguito ecco il modello in pdf da scaricare e compilare per l’autocertificazione:  modulo_autodichiarazione_10.3.2020

Le abitudini dei cittadini dovranno per forza cambiare. Il diritto alla salute viene prima di tutti gli altri diritti (compresi quelli, costituzionalmente garantiti, alla libertà? Pare di sì, ndr.) – dice, con tono paternalistico e fintamente empatico, il premier – è difficile abituarsi, ma bisogna farlo. Non esiste più una singola zona rossa, l’intera Italia è una zona rossa e chiusa”.

coronavirus

Il motivo è semplice: i casi dei contagiati aumentano, e a ritmo costante, esponenziale, i morti pure, i malati sono sempre di più, gli infettati anche. La decisione è dolorosa, ma necessaria, dice – in modo secco ma sereno – il premier. Bisogna fermare l’Italia in un’incantesimo. Di fatto, trattasi di coprifuoco. E’ giusto? Non è giusto? Farà bene o male al nostro Paese? Domande oziose che un cronista, pur se di Palazzo, non ha diritto di affrontare. In fondo, però, poniamo altre domande…

 

Anche la Politica è stata ‘sconvolta’ dal coronavirus…

coronavirus test

Anche tanti politici positivi al coronavirus

Certo è che l’emergenza coronavirus non sta sconvolgendo solo la vita quotidiana dei cittadini del nostro Paese, ma anche la Politica dei Palazzi e i loro abituali frequentatori. Prima i tanti uomini politici contagiati e in quarantena (i governatori del Piemonte, Cirio, della Lombardia, Fontana, e quello del Lazio, nonché segretario del Pd, Nicola Zingaretti), cui si è aggiunto il governatore dell’Abruzzo, Marco Marsilio (il quale, però, essendo romano il suo periodo di isolamento lo sta trascorrendo – pare, così si dice – non a l’Aquila, dove dovrebbe stare, ma nella ‘sua’ Roma…), oltre a diversi sindaci, assessori regionali e comunali. Ora – così almeno si dice – diversi parlamentari i cui nomi ancora non si conoscono, ma che sarebbero risultati a loro volta positivi al tampone.

Politici ‘malati’ e ‘ammalati’ che fanno trasparire quanto anche la Politica sia ‘debole’ e ‘inerme’, di fronte alla potenza del virus, per non dire delle ‘follie’ che alcuni governatori (da Zaia a De Luca) hanno dimostrato di saper lanciare e propalare, più pericolosi di un gruppo di ragazzini idioti che va a un rave o mette gli sci, mentre un intero Paese soffre per l’autoimposta quarantena.

 

Camere semi-chiuse. Da mercoledì, assemblee sospese tranne la convocazione della metà dei componenti una volta a settimana…

chiuso per coronavirus

Chiuso per emergenza virus

Poi ci sono le Camere, di fatto, chiuse o comunque al lavoro a scartamento ridotto e di cui si dice che, dopo mercoledì, quando si riuniranno giusto perché bisogna votare – e serve la maggioranza assoluta – lo scostamento dal pareggio di bilancio, che abbisogna di tale quorum per Costituzione – potrebbero essere chiuse in modo semi-definitivo per i prossimi due/tre mesi. Così già dicono e sanno tutti i parlamentari più esperti. Decisioni che, per ora, aleggiano solo nell’aria.

 

La smentita del portavoce di Fico al mio blog delle h 12.00: “Le Camere, pur se a ranghi ridotti, funzionano regolarmente” 

smentita

Ma il portavoce del presidente della Camera, Roberto Fico, appena legge questo articolo, smentisce tutte le illazioni: “Le Camere, pur se a numero ridotto (i capigruppo hanno deliberato per la presenza ‘sicura’ solo della metà dei componenti di ogni gruppo, al fine di tenere il numero legale, ndr.), continueranno a funzionare regolarmente, forse un giorno solo o forse più giorni a settimana, per la banale ragione che sono diversi e importanti e urgenti i decreti legge che arrivano e che bisogna convertire entro 60 giorni dalla loro emozione, come quello di ieri sera, il dpcm di Conte

 

Prendiamo atto della cortese smentita del portavoce di Fico 

attacchi panico

Abbiamo scatenato il panico

Il motivo del panico che si sta creando – e che abbiamo riportato qui, sbagliando, purtroppo, e ne chiediamo vena alla presidenza della Camera come ai nostri lettori – è che girano voci, pur se del tutto incontrollate,  di senatori (almeno una decina) e di deputati (altrettanti o poco meno) risultati positivi al tampone e, dunque, già in isolamento, ma che potrebbero aver ‘infettato’ colleghi, funzionari, etc. (e, quindi, anche giornalisti, a partire da chi qui scrive…).

tempi di guerra

Una decisione, che non ha precedenti, neppure risalendo a tempi di guerra

Una decisione, quella della chiusura ‘sine die’ delle Camere che non ha precedenti, neppure risalendo a tempi di guerra, ma che proprio per l’enormità del gesto, prendiamo atto che NON sarà una decisione che verrà mai presa o solo di cui si è discusso.

 

Il Parlamento prende, in ogni caso, decisioni senza precedenti

chiudiamo il parlamento

Il portone chiuso del Parlamento

Le Camere, in ogni caso, stanno per assumere decisioni davvero storiche e senza precedenti.

I Palazzi romani, mercoledì prossimo, diventeranno una sorta di piccola ‘zona gialla’ all’interno di Roma. A Montecitorio si è raggiunto un accordo informale: invece dei 630 deputati previsti dal plenum, in Aula ne saranno presenti solamente 350. Al Senato niente discussione generale, per le dichiarazioni di voto saranno ammessi solamente sei componenti per gruppo, con i partiti che si sono impegnati a garantire a Roma la presenza di almeno 161 senatori e il voto per l’appello nominale dal posto, con gli onorevoli scaglionati all’ingresso in ordine alfabetico e chiamati dentro a gruppi a mezz’ora di distanza l’uno dall’altro per prevenire rischi di contatti ‘ravvicinati’.

Misure straordinarie, emergenziali, che limitano, con il paradossale sollievo degli interessati, i parlamentari, le libertà costituzionali per mettere in sicurezza il diritto alla salute. Mercoledì entrambe le Camere sono chiamate a votare lo scostamento dal pareggio di bilancio. Serve l’autorizzazione del Parlamento per accumulare debiti per almeno altri 6,3 miliardi per coprire in deficit le misure straordinarie per l’epidemia Covid-19, ma per autorizzare uno sforamento di bilancio occorre la maggioranza assoluta di 316 deputati e 161 senatori che votino a favore del testo, da quando (decisione discutibile) il pareggio di bilancio nel 2011 è entrato nella Costituzione.

 

Il pareggio di bilancio va votato a maggioranza assoluta

roberto fico

Il presidente della Camera, Roberto Fico

Il presidente della Camera, Roberto Fico, proprio in vista di un voto così impegnativo e delicato, dove serve la maggioranza assoluta della Camera, ha proposto e ottenuto un accordo informale a e tra tutti i gruppi parlamentari che garantisca da un lato la distanza di un metro, come da prescrizione delle autorità sanitarie, tra i parlamentari, e dall’altro l’operatività di un Parlamento che non si può permettere di fermarsi in questo momento difficilissimo, pur se lavorando a scartamento ridotto. Il presidente ha contattato informalmente tutti i presidenti dei gruppi, ottenendo l’ok a questa formulare tutto inedita di presenza in Aula che verrà adottata e  ha incassato il via libera delle opposizioni, che fanno un passo indietro per evitare l’afflusso massiccio di eletti al Nord, impegnandosi a dare disco verde al governo.

 

Simili, ma non in tutto, le decisioni prese a palazzo Madama

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L’ingresso di palazzo Madama, sede del Senato

A Palazzo Madama le misure sono, ma solo lievemente, più morbide. A tutti i senatori sarà data la possibilità di votare, ma per ‘gruppetti’ che prevedano il rispetto delle distanze di sicurezza.

Anche nella Camera alta l’accordo con le opposizioni è stato quello di garantire la presenza della maggioranza assoluta. Nessun limite contingentato di presenze, ma, di fatto, un invito all’auto organizzazione evitando che i senatori delle zone rosse scendano a Roma prendendo treni e taxi, affittando b&b, parlando con commessi e collaboratori. insomma, anche al Senato saranno in meno, a prendere la parola e a votare i provvedimenti, e anche il Senato ridurrà al minimo le sedute, ma – come la Camera – resterà aperto, anche se un giorno solo a settimana, per ratificare i vari decreti. 

keep calm and sine die

Keep Calm e Sine Die

Camere a ranghi ridotti, stretta sulle presenze, opposizioni che votano con il governo. Timidi tentativi di solidarietà nazionale. Ma a che prezzo? E soprattutto, con quali conseguenze?

Ma se, a partire da ‘dopo’ l’11 marzo, le Camere venissero davvero semi-chiuse sine die, con un provvedimento mai assunto, neppure nei momenti peggiori della storia drammatica del nostro Paese, come verrebbe giustificata la decisione? E quando saranno riaperte? Qualcuno inizia a chiedersi anche: saranno riaperte? Domande teoriche, ma che qualcuno inizia a farsi. vediamo le soluzioni di un esperto della materia. 

 

Ceccanti propone il ‘voto a distanza’, per il futuro…

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Stefano Ceccanti, deputato e costituzionalista del Pd

Il deputato, e costituzionalista dem, Stefano Ceccanti, la mette giù così: “Presidenti e capigruppo hanno garantito che ogni gruppo porterà almeno metà dei suoi componenti, mercoledì 11 marzo, affinché ci sia il numero legale e il quorum necessario per votare lo scostamento al pareggio di bilancio (161 senatori su 320 e 316 deputati su 630, ndr.) ci sia, ma dopo quel voto, cioè dopo mercoledì prossimo  a causa del possibile contagio che può aver infettato molti colleghi che sono venuti a contatto con personalità politiche o civiche o sociali a loro volta già infettate, sarà impossibile, almeno per alcuni mesi, garantire il plenum dell’aula, anche se fosse a ranghi ridotti. Ergo, vanno studiate e trovate soluzioni alternative. Già ora lavoriamo a distanza, consultando atti, fornendo pareri, etc. Potremmo pensare, oltre allo smartworking, anche a forme di voto elettronico a distanza. Sussistono problemi legati alla segretezza e alla libertà del voto, certo, ma se ci accordiamo sull’idea di votare, in sostanza, sempre e solo ‘sì’, data la mole di decreti riguardanti l’emergenza sanitaria e sui quali c’è poco da dividersi e distinguersi nelle critiche, allora penso che possiamo instaurare forme di votazioni a distanza. Ma siamo, ripeto, in un terreno inesplorato”.

 

Le elezioni regionali e amministrative rinviate ‘sine die’

elezioni slittate

Elezioni slittate

Altrettanto gravide di conseguenze sono altre scelte che il governo sta per prendere e che riguardano le future elezioni. La scelta, cioè, di rinviare ‘sine die’ non solo, come è già stato fatto, il referendum costituzionale, ma anche le elezioni (regionali e amministrative) previste a maggio per spostarle a giugno o, più realisticamente, a ottobre 2020. Scelta priva di precedenti storici, tranne sotto il fascismo e durante le guerre mondiali del Novecento.

ottobre

L’altra voce più consistente che ha iniziato a girare nei Palazzi, insieme alla diffusione del Covid19, è inoltre che non solo il referendum costituzionale, già rinviato sine die dal governo, ma che anche le elezioni locali (amministrative e regionali), che dovevano tenersi a metà maggio, verranno fatte slittare. Forse, è l’ipotesi più prudenziale, a giugno, forse – l’ipotesi più drastica – a ottobre. Con conseguenze che non saranno solo tecnico-elettorali, ma anche politiche perché, con uno slittamento di mesi, le attuali candidature e i vari ‘patti’ stretti tra i partiti, sia dentro il centrodestra che tra Pd e M5S, saranno tutti rivisti e potrebbero non ‘reggere’ a uno slittamento così lungo.

vito crimi

Vito Crimi

Il reggente dei 5Stelle, Vito Crimi, lo dice in chiaro già da ieri sera: “lo slittamento delle elezioni regionali è all’ordine del giorno, non è campata in aria, perché per poter votare a maggio andrebbe deliberato (sic, ndr.) e non ci sono le condizioni”. ll problema è il termine per il deposito delle liste.

 

La Valle d’Aosta, per ora, è la prima regione a far slittare il voto

cartina valle aosta

La Valle d’Aosta, per ora, è la prima regione a slittare

La Valle d’Aosta, regione autonoma travolta da un grosso e brutto scandalo locale che ne decapitato la giunta e il consiglio, ha già rinviato le elezioni regionali anticipate dal 19 aprile, quando erano state fissate, al 10 maggio, ma è solo un anticipo di quello che sta per succedere.

Si dovrebbe votare, a metà maggio, in sei regioni a statuto ordinario (Liguria, Veneto, Toscana, Marche, Campania, Puglia), regioni che – in base all’autonomia regionale – potrebbero decidere la data del voto in piena autonomia, ma era scontato da mesi che i loto voti sarebbero stati accorpati in un unico election day in contemporanea – questa era, almeno, la previsione del Viminale, prima che il coronavirus deflagrasse nel Paese –con il primo turno delle comunali previste in primavera.

 

A maggio si doveva votare in oltre mille comuni italiani

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Una scheda per le elezioni Comunali

Infatti, sempre in una data non ancora decisa ufficialmente, ma che – da diverse fonti governative – era stata stabilita tra il 17 maggio (primo turno) e il 31 maggio (secondo turno), dovevano andare al volto oltre mille comuni italiani, tra cui 14 capoluoghi di provincia e quattro di regione. I test più attesi erano quelli di Venezia, Arezzo, Trento, Bolzano, Reggio Calabria, ma si doveva votare anche a Agrigento, Arezzo, Chieti, Crotone, Fermo, Enna, Lecco, Macerata, Mantova, Matera, Nuoro, Trani. Una lista si era da poco aggiunta Benevento, dove il sindaco Clemente Mastella si è dimesso.

La legge elettorale per i comuni prevede la possibilità di un secondo turno di ballottaggio e anche se la sola regione a prevedere il ballottaggio, nel suo statuto, è la Toscana, l’idea di fondo era di accorpare le prossime sei elezioni regionali con il primo turno dei comuni sopra i 15 mila abitanti che prevedono, a differenza dei comuni sotto i 15 mila, il doppio turno se nessuno ottiene il 50%.

 

Mancano i tempi tecnici per le liste e per le candidature

voto referendum

Elezioni

Il problema è che le elezioni, per tenersi a metà maggio, vanno indette almeno entro il 15 aprile, da parte del Viminale, per poter procedere alla compilazione delle liste e al deposito dei simboli elettorali, da parte dei candidati e dei partiti, i quali devono consegnare la relativa raccolta delle firme per le candidature, ma per allora non si prevede che l’emergenza nazionale da Covid 19 sia finita, anzi. Le soluzioni, a questo punto, sono due: un rinvio tecnico di poco più di un mese, cioè a giugno (il che vuol dire che le liste vanno chiuse per il 15 maggio), oppure – ed è, paradossalmente, l’ipotesi più probabilea metà ottobre (coi termini di legge spostati al 15 settembre).

Ovviamente, se lo slittamento del voto fosse di così tanti mesi, l’intero quadro politico delle alleanze e dei candidati verrebbe ridiscusso e potrebbe radicalmente cambiare. L’alleanza tra Pd e M5S, già decisa per la Liguria e pronta per essere esportata almeno in Campania, reggerà? E i candidati che Berlusconi (Caldoro in Campania), Salvini (la Ceccardi in Toscana) e Meloni (Fitto in Puglia e Acquaroli nelle Marche) avevano deciso di candidare passeranno indenni così tanti mesi?

 

Del referendum costituzionale si è ormai persa traccia…

REFERENDUM 2020

Referendum costituzionale

Se ne dubita. Una cosa è certa: il referendum costituzionale, quello sul taglio (drastico) del numero dei parlamentari (dai 945 attuali ai possibili 600 del futuro), che – già rinviato dal governo sine die – doveva essere abbinato al primo o al secondo turno delle amministrative (il comitato del No premeva per abbinarlo ai ballottaggi delle comunali e non al primo turno di esse e neppure tantomeno alle regionali), avrà bisogno di un nuovo decreto legge per essere indetto. Infatti, il decreto di indizione del referendum vale da zero a 60 giorni dalla sua ufficializzazione da parte della Consulta, che è avvenuta il 23 gennaio, quindi, a partire dal 23 aprile, sarà dichiarato ‘scaduto’ e bisognerà scrivere un nuovo decreto, che dovrà essere a sua volta convertito in legge, per indirlo, cui seguirà un lasso di tempo di 50-70 giorni per tenerlo.

Morale: deputati e senatori, almeno per l’intero 2020, possono dormire sonni tranquilli: il loro numero resterà tale e non verrà decurtato, se vincessero i sì.

 

I soli voti del 2020 rischiano di restare quelli delle suppletive 

elezioni supplettive

I soli voti del 2020 rischiano di restare quelli delle suppletive

In questi ultimi due mesi si è votato per tre elezioni suppletive in tre collegi uninominali maggioritari in base alle regole del Rosatellum che prevedono nuove elezioni se un un eletto (ma solo di un collegio uninominale) muore, si dimette o decade dalla carica. E’ successo in tre casi, negli scorsi mesi.  E così a Napoli ha vinto il candidato della sinistra-sinistra, Sandro Ruotolo, a Roma 1 il ministro Roberto Gualtieri, esponente del Pd, e ieri, in Umbria, la candidata del centrodestra Valeria Alessandrini, ha surclassato il candidato del centrosinistra. Due a uno, dunque, per il centrosinistra contro il centrodestra (grillini mai pervenuti, ovviamente…), ma con una percentuale di votanti che ricorda le elezioni ‘di casta’ dell’Italia liberale del secondo Ottocento: tra l’11% e il 14%, i votanti, sull’intero corpo degli elettori, un numero davvero risibile e ridicolo.

Bene, rischiano, queste elezioni suppletive, di restare le sole elezioni ‘democratiche’ dell’anno di grazia 2020, perché succederà mai davvero che, a ottobre, con la manovra da scrivere, si terranno realmente le elezioni amministrative e il referendum costituzionale o non sarà forse il caso di rinviarle un altro ‘pochino’, al 2021? C’è chi parla di pre-golpe. Esagerazioni, certo, si capisce.

 Opposizioni compatte: è gara di ‘solidarietà nazionale’

solidarietà nazionale

La cosa più incredibile, solo a pensare agli scontri politici di neppure un mese fa, è che tutti i ‘nemici’ di Conte, da Salvini a Renzi, passando per Di Maio, sono tutti d’accordo: “tutta l’Italia deve diventare una zona rossa” hanno detto per tutto il giorno, ‘bruciando’ il Conte serale. Il leader di Italia Viva, Matteo Renzi, prende giustamente alla lettera tutte le comunicazioni sanitarie che sono state fatte in queste ore. “Le misure che sono state prese sono state comunicate come molto dure. Ma non lo sono. Anzi, io credo che, nei prossimi giorni, servirà altro. Il virus sta correndo molto più velocemente dei nostri decreti. Personalmente, credo che ormai tutta Italia debba essere considerata come una zona rossa. Altrimenti diamo un messaggio contraddittorio”.

Matteo Salvini

Matteo Salvini

Ed ecco l’opinione di Matteo Salvini, leader della Lega.Ospedali in tilt, contagi in crescita, rivolte ed evasioni nelle carceri, crollo in Borsa, risparmi persi. Ho sentito gli alleati, ho telefonato al presidente Conte per chiedere un incontro. Sono vicino a tutte le persone che soffrono e che sono spaventate, insieme possiamo superare questo momento. Serve mettere in sicurezza il Paese estendendo le misure di emergenza sanitaria della cosiddetta “zona rossa” a tutto il territorio nazionale, la salute degli italiani viene prima di tutto”.

 

Ma nascerà o no un ‘governo di salute pubblica’?

salute pubblica

Nascerà un governo di salute pubblica?

La conclusione più ovvia, dunque, a questo punto, sarebbe la nascita di un nuovo governo di ‘emergenza nazionale’ (che, con humor nero, si potrebbe ribattezzare ‘governo di salute pubblica’) o di ‘solidarietà nazionale’ come è, invece, più volte accaduto (durante la Prima, il ‘governo della Vittoria’, e Seconda Guerra Mondiale, i governi ‘di Cnl’ antifascisti, ma anche durante il terrorismo con la solidarietà nazionale), ma di questo, ad oggi, ancora non si parla, se non da parte di due attori politici che oggi, paradossalmente, hanno messo le vesti di attori ‘minori’ della crisi, Renzi e Salvini.

salvini renzi

I due Matteo

Renzi e Salvini fino a ieri sembrava dovessero provocarla loro, la crisi di governo, per dare vita a uno nuovo e oggi, invece, subiscono la presenza del governo Conte e, pur cercando di uscire dall’angolo, proponendo governi ‘Bertolaso’ (ex capo della Protezione civile ai tempi di Silvio Berlusconi) o governi ‘Draghi’, da poco ex governatore della Bce, per ora devono subire, causa epidemia, quello che, ai loro occhi, rappresenta il ‘virus’ peggiore, la presenza del governo Conte e, soprattutto, del suo premier, al comando del Paese. Ma presto, appena l’epidemia inizierà a calare o finirà sotto controllo ed esploderà, invece, la recessione economica, torneranno alla carica chiedendo di disarcionare Conte e di dar vita a un ‘governissimo’, magari proprio con Draghi alla guida.

mario draghi

Mario Draghi

Per ora, intanto, dovrebbe arrivare un ‘super-commissario’, sotto la formula tecnica del sottosegretario alla presidenza del Consiglio, come gestore politico e tecnico dell’emergenza (Borrelli, come vede ogni italiano, è palesemente incapace). In pole ci sono l’ex capo della Polizia, Gianni De Gennaro, e l’ex capo della Protezione civile, Guido Bertolaso. Ma alla fine il governo smentisce accantona l’idea, data la fiera opposizione del Pd all’idea del supercommissionario.

Resta invece in campo l’incontro che oggi il premier avrà con i leader delle opposizioni (Salvini, Meloni e Tajani in vece di Berlusconi) per concordare le misure economiche più immediate da prendere.  

 

L’Italia è entrata in quarantena. Anche dei suoi diritti?

cosa fare sino al 3 aprile

Cosa si può fare

L’immaginario personale del cronista, e del cittadino, resta però perplesso e cogitabondo. Le scene di questi giorni fanno paura e mettono il ghiaccio nelle vene, sono da brividi, ricordano altre storie e altri momenti di vita politica e sociale del Paese. Ricordano, di fatto, i momenti bui di una dittatura.

Le immagini dell’Esercito che si aggira sempre più presente (e invasivo? Certo, c’erano già causa allarme terrorismo le camionette e i soldati col mitra! Vero, ma ora sono di più e fanno molta più paura) nelle nostre città, le camionette della Croce Rossa o della Polizia che annunciano dagli altoparlanti di ‘restare a casa’, i locali vuoti o semivuoti, le Camere di fatto chiuse, il governo che lavora in stato di perenne ‘emergenza’ e attraverso decreti che, causa Camere chiuse o paralizzate, chissà quando saranno esaminati, discussi, votati, convertiti in legge, le elezioni amministrative e il referendum rinviati, governo e governatori regionali che decidono tutto da soli, fanno – se messi tutti in fila – una gran brutta impressione. “Sembra il Cile di Pinochet” azzarda qualcuno per strada.

esercito in città

L’esercito in città

Non siamo a questo, ovviamente, dice chi allora – ai tempi bui degli anni Settanta in Cile e in Italia –  c’era davvero, ma il sapore della ‘sospensione’ dei diritti garantiti dalla legge e, soprattutto, dalla Costituzione (riunione, circolazione, voto, etc.), ha il brutto e amaro sapore di una caramella scaduta ed entra in circolo, nelle menti più liberali e teoricamente più ‘democratiche’, come un virus.

Lasciamo ad altri le disquisizioni sui diritti e i doveri dei cittadini in tempo di pace come in tempo di guerra, sempre che combattere un’epidemia lo sia davvero, una ‘guerra’, anche perché non siamo costituzionalisti né filosofi né liberi pensatori, ma solo onesti cronisti, e preferiamo concentrarci sulle ricadute  sulla scena politica come abbiamo cercato di raccontare e come seguiteremo a fare.

Una cosa, però, è certa. Il Paese pagherà caro tutto questo. In termini economici (la recessione, ormai conclamata), ma anche in termini morali, politici e filosofici, cioè nel sentirsi deprivata di qualcosa di cui potrebbe anche scoprire che, ‘forse’ se ne può anche fare a meno: la libertà, i diritti, il voto. l guaio è che se inizi a ‘scoprire’ che ne puoi fare a meno, di tali ‘beni’ impalpabili ma reali e concreti, ne fai a meno, questo è il guaio, sempre di più, domani più di oggi.

Quanto tutto questo peserà sul nostro Paese e sull’Europa, se diventeremo una Cina o un’Iran solo più ‘movimentati’, lo scopriremo solo vivendo. E potrebbe essere brutto viverlo e, soprattutto, scoprire che non sono i Paese non ‘liberali’ a dover diventare come noi, ma noi come loro…

 


NB: Questo articolo è stato pubblicato in forma originale per questo blog il 10 marzo 2020