Un Parlamento ‘in maschera’ e di ‘accattoni’. Montecitorio riapre i battenti. Guanti e mascherine per (quasi) tutti

Un Parlamento ‘in maschera’ e di ‘accattoni’. Montecitorio riapre i battenti. Guanti e mascherine per (quasi) tutti

26 Marzo 2020 0 Di Ettore Maria Colombo

Sommario

Un Parlamento ‘in maschera’ e di ‘accattoni’. Palazzo Montecitorio riapre (tristemente) i battenti.
Guanti e mascherine per (quasi) tutti e poca voglia di scherzare. Il ‘voto a distanza’ torna a farsi largo

Antefatto. Deputati “accattoni” ‘a caccia di generi alimentari’…

generi alimentari

Deputati ‘a caccia di generi alimentari’

Tanto per far capire che l’emergenza sanitaria, sociale, economica e anche politica che sta vivendo il Paese è proprio come la pandemia da coronavirus, cioè globale, riportiamo – a inizio articolo – un dialogo surreale, e anche a tratti ironico (se non ci fosse da piangere, oggi, in Italia, ci sarebbe da ridere…), che abbiamo colto con le nostre orecchie nel bel mezzo del cortile di Montecitorio e che riguarda un particolare non di poco conto, per i nostri ‘poveri’ deputati: dato che l’intera città è una ‘zona rossa’ e molti di loro vengono da fuori Roma, oltre al problema di ‘come votare’ e del rischio del Covid19 dietro l’angolo, c’è pure un eterno problema della gens italica: come mangiare. Ecco, di seguito, il resoconto fedele del colloquio tra tre deputati nel cortile d’onore della Camera, colloquio di cui ometto i nomi e i cognomi per evitare che i ‘poveri’ vengano messi alla berlina

pa station

Pastation.eu

 

Deputato 1:Ma stasera dove andiamo a mangiare?!”. Deputato 2: “Boh. La Buvette è chiusa, il ristorante è chiuso, tutti i nostri ristoranti della zona sono chiusi. A te a casa è rimasto qualcosa, ci facciamo ‘du’ spaghi’?!”. Deputato 1: “Seee, figurati! Per quelle poche volte che vengo a Roma, ti pare che riempio il frigo o la dispensa?! Sono entrambi vuoti. Siamo ridotti all’accattonaggio…”. Deputato 3: “Ho visto uno di Deliveroo ieri, mi sono fatto dare il numero, dice che ci portano a casa dei cibi precotti”. Deputato 2: “Aspettate! Mi giunge ora la notizia che la presidenza della Camera ha pensato a noi. Ci arriveranno dei panini. Come a scuola o in colonia…. Ci danno la ‘schiscietta’ (termine di dialetto milanese che indica il panino, ndr.). Deputato 3: “Fermi tutti, ragazzi! Ho parlato con Verdini!”. Deputato 1: “E mo’ che c. c’entra Verdini?!”. Deputato 3: “Ma come, non lo sai? Il figlio di Verdini, Tommaso, ha un ristorante qui dietro, il ‘Pa’ Station’! Il padre mi ha detto che consegna cibi caldi e a domicilio! E’ fatta!  Stasera se magna’. E meno male che c’è Verdini e famiglia…”.

 

I severi e occhiuti controlli agli ingressi di Montecitorio per tutti

 

enrico borghi

Enrico Borghi

Facezie a parte, è davvero l’immagine di un “parlamentare accattone” – la definizione è figlia di una battuta del deputato dem e segretario d’Aula Enrico Borghi che parla anche, con eloquio più raffinato, di ‘cadornismo’ (“Fare gli eroi sulla pelle degli altri” la traduzione) per i vertici delle Camere – molto depresso e molto disperato, oltre che molto nervoso, quella che ci si para davanti a Palazzo.

Del resto, quando si arriva a palazzo Montecitorio, la scena è degna di una zona rossa o ristretta:  Guanti e mascherine per (quasi) tutti. Bottigliette d’acqua e confezioni di Amuchina come se piovessero, a ogni angolo, ingresso e corridoio. Controllo della temperatura da parte degli infermieri preposti a ogni ingresso (i pochi ingressi aperti, peraltro, cioè il Portone principale e l’ingresso ‘8’). Lunghe file di deputati che fanno fatica persino loro, a entrare, a causa degli occhiuti controlli, e se ne lamentano.

 

“L’odio profondo” del deputato peone per i funzionari ‘papaveri’

commessi camera

Commessi della Camera

Inoltre, anche i commessi – vestiti in uniforme d’ordinanza – sono presenti in numero limitato, mentre i funzionari – alcuni dagli stipendi faraonici (“Quelli guadagnano dieci volte quello che prendo io – sbotta un deputato dem – ma alla berlina finisco io, come Casta che non vuole lavorare, mai loro…” ed ha davvero ragione) – sono quasi tutti assenti come pure i dipendenti dei gruppi parlamentari: insieme a deputati e giornalisti, le categorie di persone che di solito animano il Transatlantico di Montecitorio. Ed ecco il concetto che esprime, con notevole accidia e stizza, il parlamentare peone: “Perché loro (i funzionari, ndr.9 possono stare nelle loro comode case e io devo venire qui a prendermi qualche malattia e non posso votare da casa in modalità smartworking come fanno tutti i lavoratori?!” sbotta un deputato dem di lungo corso.

 

Persino i giornalisti latitano (e per fortuna che c’è l’Asp…)

 

asp

Associazione stampa parlamentare

Infatti, persino i giornalisti sono presenti in pochissimi: innanzitutto, entrano solo i soci Asp, cioè i membri dell’Associazione stampa parlamentare (i cui presidente, Marco Di Fonzo, e segretario, Adalberto Signore, vanno sempre eternamente ringraziati perché mettono in condizione ogni giorno noi tutti giornalisti di Palazzo di lavorare al meglio), ma sono pochi quelli che, pur autorizzati, sono ‘fisicamente’ presenti: su circa 300 membri Asp, ne abbiamo visti due o tre tra cui gli impavidi Alfonso Raimo della Dire e Francesco Bongarrà dell’Ansa, Claudia Fusani (Tiscali) e Andrea Fabozzi (il manifesto), più pochi altri di altre agenzie e giornali. Tutti gli altri hanno, però, sicuramente seguito i lavori dell’Aula ‘da casa’, in smartworking anche perché così pretendono le loro aziende.

Certo, c’è un discreto nugolo di fotografi, video e cineoperatori che però vengono spediti tutti in Tribuna, a seguire i lavori dall’alto, da quella che si chiama, qui, in gergo, ‘piccionaia’, dove i deputati non li puoi incontrare ma solo guardate, e senza poter entrare di sotto, nei locali abituali adibiti per le conferenze stampa e le dichiarazioni. Fuori dagli ingressi della Camera ne stazionano alcuni, ma pochi e dimessi, privi del consueto atteggiamento spavaldo e menefreghista, specie quando si accalcano tutti ansiogeni intorno al politico di turno.

I commessi, invece, sono presenti in buon numero nella abituale livrea, tutti con mascherina e guanti: non perché l’occasione sia speciale, come di solito lo è se indossano i guanti bianchi, ma perché sono gli obblighi, ai tempi del coronavirus: il problema è che, agli ingressi, fanno storie un po’ a tutti – deputati e giornalisti – e risultano più che occhiuti e severissimi nei controlli “perché -dicono loro imperturbabili – queste sono le disposizioni dei Questori”.

 

Il collegio dei Questori e il ‘terrorismo psicologico’ agli ingressi

closed

Il collegio dei Questori della Camera dei Deputati (composto da tre deputati controlla l’attività interna della Camera e il suo nome viene da quello dei ‘questori’ dell’antica Roma…), infatti, ha predisposto norme rigide e invalicabili per chiunque entri dentro la Camera: guanti, mascherina, distanza di 1,80 in Aula e fuori dall’Aula. Inoltre, dentro l’Aula, ingressi scaglionati e che devono rispettare un sesto della composizione di ogni gruppo, con tanto di cartelli ultimativi subito fuori.

Un vero deserto, il Palazzo, di questi tempi. Buvette chiusa, ristorante chiuso, servizi utili chiusi, Barberia e guardaroba, Emeroteca (la sala lettura) e ‘Corea’ (il luogo dove i parlamentari incontrano gli ospiti esterni: si chiama così perché si trova al riparo da occhi indiscreti) tutti ‘closed’.

 

Buvette, ristorante, emeroteca, Corea: tutto chiuso…

buvette Montecitorio

La Buvette di Montecitorio

A Montecitorio per i deputati ci sono bottigliette d’acqua e bicchieri monouso posti lungo su enormi due tavoli. A Palazzo Madama, invece, la sacralità del Transatlantico è rotta da due distributori automatici di bevande calde e (sic) merendine. A Montecitorio, unico palazzo della Camera rimasto aperto in questa fase di emergenza, la Posta e la Banca interna fanno orario ridotto, con tanto di protezioni in plexiglass agli sportelli postali. Spente tutte le postazioni informatiche dei deputati nel corridoio della ‘Corea’ come pure quelle dentro l’Emeroteca. In pratica, il deserto dei Tartari.

 

Closed: la Camera ricorda il ‘Deserto dei Tartari’ di Dino Buzzati

deserto tartari

Il deserto dei tartari, romanzo di Dino Buzzati

Insomma, proprio come nel famoso libro di Dino Buzzati, si respira aria di ansia, pena, angoscia. Oltre all’Aula e al giardino interno – il solo posto dove si può fumare perché anche il corridoio fumatori di Montecitorio è chiuso, le porte sono spalancate e forse mai verrà riaperto – giusto i bagni della Camera sono ancora aperti – e per fortuna, dato che nel pieno centro di Roma, tranne che alla Camera, è impossibile fare i propri ‘bisogni’, se serve o se si è in condizioni di urgenza… – come pure funzionano i servizi di vigilanza interna (nessun membro di forze di polizia può entrare nelle Camere) ed esterna (assicurata da Carabinieri, Polizia, Esercito, Marina, Aviazione, etc.).

 

In compenso, tra aula e cortile fa un freddo cane…

paolo russo

Paolo Russo, medico e deputato di Forza Italia

E sarà anche “la prima misura di igiene che mi hanno insegnato all’Università”, come spiega Paolo Russo, medico e deputato di Forza Italia, ma la verità è che si gela e solo pochi temerari hanno il coraggio di uscire in cortile d’onore per fumarsi la sigaretta (o il sigaro, a volte) ‘del carcerato’…

Infatti, anche a Roma, come nel resto d’Italia, fa un freddo cane, anche in Transatlantico fa più che ‘fresco’: le finestre sul Cortile d’onore restano tutte rigorosamente aperte per far circolare l’aria.

 

Ieri il quorum non serviva, ma quando invece servirà che si fa?

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La non soluzione di Fico e Casellati: andare avanti così

Risultato, appena un centinaio i deputati – di ogni partito – presenti su un plenum che, in teoria, ne vorrebbe ben 630. Certo, il Parlamento torna in campo, ma a ranghi ridotti, troppo ridotti. Certo, non ci sono votazioni e dunque non serve il plenum (630 deputati e, al Senato, 320 senatori) e neppure il quorum (316 deputati e 161 senatori, la metà esatta dei componenti l’assemblea, altrimenti ogni voto e decisione presa non vale perché manca il ‘numero legale’). Ma quando – cioè molto presto, dato che le Camere dovranno convertire i decreti legge come pure i dpcm che il governo sforna a getto continuo – il quorum servirà, cosa e come si voterà? Lo vedremo più avanti, scorrendo le varie soluzioni in campo, ma certo è che i presidenti delle Camere, Fico e Casellati, ‘confortati’ dai pareri degli alti funzionari interni, vogliono andare avanti a lavorare come se non stia accadendo nulla.

 

La convocazione normale della Camera, ieri, è stata un fallimento

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La Camera dei Deputati, vista dell’Aula vuota

E questo anche se, ieri, la prima convocazione ‘normale’ della Camera, sulla base delle nuove regole di restrizione imposte dall’emergenza da Covid19, è stata un vero fallimento. Non a caso, come vedremo, si torna a parlare di ‘voto a distanza’ e altre modalità – alcune davvero originali ed estemporanee – per poter condurre i lavori parlamentari ‘in sicurezza’. Se ne è parlato, sempre ieri, anche al Senato, durante la conferenza dei capigruppo convocata dalla Presidente Casellati.

 

Il diverbio nella capigruppo del Senato: votiamo su come votare…

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Roberto Calderoli

Ma la conferenza dei capigruppo del Senato ieri si è conclusa con l’indisponibilità della Lega a rivedere la sua posizione sul calendario dei lavori per esaminare il dl Cura Italia: la Lega chiedeva che Conte riferisca ‘anche’ sul Mes, con voto sulle risoluzioni relative, proposta bocciata dalla maggioranza di governo, con Conte che riferirà domani, in Aula, solo sul Covid19 e non sul Mef.

Quindi oggi l’Aula di palazzo Madama si riunirà in assemblea plenaria per la votazione sul calendario come sempre avviene quando ‘non’ si è d’accordo, tra capigruppo, sul calendario: insomma, siamo a un classico dei tempi della sinistra extraparlamentare (“Votiamo su come votare!“). Già, ma come farli votare, i senatori, dato che serve il numero legale per rendere valida ogni decisione e che i ranghi dei presenti, come alla Camera, sono sempre ridotti? L’idea, escogitata dal solito genio del Male, il leghista Roberto Calderoli, e che alla fine viene accolta dalla conferenza dei capigruppo prevede che i senatori siano distribuiti in Aula distanziati, anche nella parte delle tribune riservate al pubblico, per mantenere le distanze previste dalla legge.

 

“Voto in tribuna!”. Passa l’idea del genio del Male Calderoli

 

Insomma, per la prima volta nella loro storia, i senatori voteranno ‘dalla tribuna’ (“Voto in tribuna!” sarà lo slogan per parafrasare quello calcistico della “palla in tribuna!”). La cosa è ridicola, se non ne andasse di mezzo la dignità del Parlamento in un frangente così drammatico per il Paese.

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Il senatore di Forza Italia Andrea Cangini

Ma c’è chi applaude alla decisione come Andrea Cangini (FI), il quale sostiene che “Far lavorare a pieno ritmo il Parlamento era una priorità non solo per ragioni simboliche, ma per rispetto di prerogative costituzionali non comprimibili. Qualcuno aveva ipotizzato una sorta di smart working, idea discutibile. Il senatore Quagliariello e il sottoscritto hanno proposto di spostare temporaneamente le Camere in locali consoni a prevenire il rischio di contagio (Cangini aveva proposto la Nuvola di Fuksas o la Fiera di Roma come nuovo ‘catino’ per le due assemblee…, ndr.). La conferenza dei capigruppo del Senato ha deciso di preservare la funzione di palazzo Madama dislocando i senatori anche nelle tribune. Va bene. l’importante è difendere la nostra funzione ed essere messi nelle condizioni di esercitare con ‘disciplina e onore’ il mandato ricevuto dai cittadini” spiega Cangini, ma è chiaro che, in quanto a soluzioni innovative, ormai siamo al limite del lecito.

 

La proposta del ‘voto a distanza’ di Ceccanti fa breccia dentro i 5Stelle: Brescia e Baldino (M5S) l’appoggiano

Giuseppe Brescia

Giuseppe Brescia

L’idea del ‘voto a distanza’, invece, battaglia personale che il deputato e costituzionalista dem Stefano Ceccanti, insieme ad altri deputati del Pd (Fiano, Raciti, Borghi), sta portando avanti da settimane – con il parere favorevole di illustri costituzionalisti (Cassese, Clementi) e quello contrario di altri (Pertici) – è quella di ‘lavorare da casa’ come fanno, ogni giorno, tanti italiani.

L’idea, ora, ha preso piede anche dentro i 5Stelle, storici fan della democrazia diretta e del voto on-line su Rousseau. Ieri ne ha parlato in Aula il presidente della I commissione, Affari costituzionali, Giuseppe Brescia, chiedendo così di “poter permettere a tutti i deputati di partecipare ai lavori”.

 

Baldino: “Il Parlamento Ue e le Cortes spagnole usano il voto a distanza. In Estonia persino i cittadini votano da casa!”

vittoria baldino

Vittoria Baldino

Vittoria Baldino, pugnace deputata pentastellata e relatrice dello scorso dl MilleProroghe, la mette così, con Tiscali.it: “Capisco le resistenze di Fico e della struttura interna, ma già in manovra abbiamo stanziato un milione di euro persino per il ‘voto a distanza’ dei cittadini e, come I commissione Affari costitizionali, siamo andati fino in Estonia a studiarlo perché là già si fa così.

Il Parlamento europeo oggi, per la prima volta, si riunirà e voterà ‘a distanza’. Le Cortes spagnole usano il voto a distanza da tempio come fanno anche molti altri Stati. Non capisco perché solo da noi non lo si possa consentire. Segnalo anche che molti atti ufficiali, in qualità di parlamentari, li svolgiamo a distanza: poteri ispettivi, attività di ricerca, consultazione di documenti, posta, etc. Facciamo già molto oggi, da casa e con gli strumenti elettronici consueti. La presenza fisica al voto, prevista dalla Costituzione, che in ogni caso non poteva prevedere, nel 1947, l’arrivo di Internet, è aggirabile e le moderna tecnologie permettono il voto in sicurezza. Per noi dei 5Stelle è una battaglia identitaria e la porteremo avanti in commissione, con Brescia e con tutti gli altri gruppi”.

Presidente Mattarella

Il Presidente Mattarella

Purtroppo, sul voto a distanza, oltre a Fico e Casellati, e a molti gruppi che lo osteggiano (Iv, Forza Italia, FdI, Lega) lo stesso Capo dello Stato, Sergio Mattarella, ha fatto trapelare la sua contrarietà, sui giornali, intonando a esso il de profundis. Ceccanti e la Baldino dovranno, quindi, ‘adeguarsi’…

L’altra idea – sostenuta con forza dal segretario d’Aula Enrico Borghi (Pd) – ma anche questa già scartata, dalla presidenza, era il voto di tutti i provvedimenti in esame in commissione (speciale o unica) nella sua cosiddetta sede ‘redigente’, cioè bypassando il voto in Aula su emendamenti e articoli, tranne che per il voto finale sul testo del provvedimento, ma pure a questa è stato detto no. Ergo, si andrà avanti in modo ‘normale’, ma nessuno ancora ha capito come: forse con la  ‘chiama’ per appello nominale e con i deputati distanziati di vari minuti l’uno dall’altro durante il voto.

 

I gravosi compiti che attendono una Camera semi-vuota

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L’aula vuota di palazzo Montecitorio

Ma torniamo alla ‘vita’ della Camera dei Deputati, cioè a palazzo Montecitorio, che è tornato ad animarsi dopo due settimane di sostanziale inattività. Infatti, l’ultima ‘vera’ (si fa per dire) seduta è stata quella di due settimane fa, quando un Parlamento a ranghi ridotti (per accordo interno tra Fico e capigruppo erano presenti solo la metà dei deputati) ha votato, come è accaduto pure al Senato, lo scostamento dal pareggio di bilancio come è previsto dalla Costituzione.

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Il presidente della Camera dei Deputati, Roberto Fico

Una settimana fa, invece, il presidente della Camera, Roberto Fico, ha aperto e chiuso la seduta in un amen (meno di un quarto d’ora). Stessa scena al Senato, nelle ultime due settimane trascorse. Camere, di fatto, ferme, chiuse, assenti. Anche il Senato è tornato a riunirsi tra ieri e oggi con la conferenza dei capigruppo per decidere sul calendario dei lavori e le modalità di accesso ed è lì che si giocherà una partita importante perché lì partirà l’iter del dl ‘Cura Italia’ (la manovra economica bis da 25 miliardi varata a marzo) mentre la Camera ha in scadenza e da votare altri decreti.

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Il Ministro Gualtieri

Sempre alla Camera, ieri si è tenuta, come pure al Senato, l’audizione del ministro all’Economia Roberto Gualtieri, sempre in merito al dl ‘Cura Italia’. Per il resto, niente. Camere ferme, chiuse, sprangate, e ormai da due settimane. Tutti hanno paura di venirci, a Roma, dentro il Palazzo, per timore di finire contagiati da qualche collega o di finire in quarantena, sia deputati che giornalisti, sia funzionari che commessi, sia dipendenti dei gruppi che addetti alle pulizie.

 

Question time e informativa di Conte: i ‘segnali di vita’

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Il premier Conte riferisce in parlamento

Ieri, finalmente, ecco arrivare un ‘segnale di vita’ di quel Parlamento che molti, specie tra le fila dell’opposizione, dalla Lega a FdI, vorrebbero tenere “aperto notte e giorno” (ma non si capisce davvero come…) perché, come dice Wanda Ferro (FdI)noi dobbiamo prestare un servizio essenziale, siamo come i medici e gli infermieri”. E così con calma, nel pomeriggio, nell’aula della Camera si svolgono interrogazioni a vari ministri (il cd. ‘question time’), tra cui Bonafede e la Catalfo, e poi c’è da seguire la presenza in Aula, poi per la ‘informativa urgente’ del presidente del Consiglio, Giuseppe Conte. Le prime si sono svolte dalle 15 in poi, la seconda dalle 18 fino alle 20.

 

Il gentlemen agreement: un sesto di deputati ogni gruppo

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Il gentlemen agreement: un sesto di deputati ogni gruppo

Ad ascoltare Conte, che per la prima volta, da quando è scoppiata l’emergenza Coronavirus parla alla Camera (e lo farà ugualmente in Senato) c’è dunque un Aula semi-piena – dicono gli ottimisti – o semi-vuota, per i pessimisti. I gruppi parlamentari si sono accordati tra loro, con un gentlemen’s agreement: presenti, nell’emiciclo – e dunque anche in Transatlantico e dintorni – solo un sesto dei propri deputati in modo da garantire le distanze e ridurre al massimo la possibilità di contagio.

Per il question time – nonostante gli argomenti in teoria e normalmente incendiari (la situazione nelle carceri per Bonafede, la situazione nelle scuole per la Catlafo) – in aula sono in pochissimi, quasi nessuno, per lo più sciamano tra il Transatlantico, il cortile (dove si può fumare) e i corridoi.

 

Vietati baci e strette di mano: nei capannelli saluti ‘a distanza’

In Aula, invece, saranno in tutto in un centinaio (non di più) i deputati ad ascoltare Conte che parla dai banchi del governo, ma ben distanziato dai sette ministri presenti: nessuno di loro indossa mascherina e guanti che invece usano parecchi (quasi tutti) deputati e (tutti) i commessi.

Per chi c’è, pur se con addosso guanti e mascherina distribuiti all’ingresso dell’Aula da un infermiere, si tratta, dinunque, un ritrovarsi dopo un bel po’, quindi la ‘voglia’ di comunicare è tanta e il piacere di rincontrarsi dopo settimane anche.

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Zingaretti annuncia in diretta facebook di essere positivo al coronavirus

Tutti vogliono sapere della salute di tutti, anche di come stanno quelli dei partiti, in teoria, avversi: “come sta Zingaretti?” chiede premuroso un leghista. “Meglio, grazie”, risponde laconico un democrat. Insomma, l’umanità e la solidarietà tra colleghi straripa. Ma niente abbracci, baci, strette di mano e ‘toccatine’: tutti si salutano e si parlano mantenendo la ‘giusta distanza’.

Nei capannelli senza distinzioni di partito che si formano a debita distanza, sia in Transatlantico che in cortile, ci si racconta soprattutto di come sia stato complicato arrivare a Roma: di treni ed aerei ne viaggiano pochissimi e, per chi non ha casa in affitto nella Capitale – qualcuno si lamenta – è difficile, se non impossibile, trovare una stanza d’albergo. Insomma, la vita del deputato ‘accattone’. 

 

Conte parla un’ora e incassa un solo applauso unanime

 

Conte, dentro l’Aula, parla per quasi un’ora per spiegare le nuove misure, i vari dl e dpcm: incassa un solo applauso unanime dai deputati seduti tutti a distanza di sicurezza tra loro: quando ricorda le vittime del virus. Alla fine, solo la sua maggioranza – formata da Pd-M5S-LeU-Iv (sempre scontenti e sempre sul chi vive, i renziani, specie sul fronte carceri e giustizia) gli batte le mani.

Guido Guidesi

L’indomito deputato leghista, Guido Guidesi

L’opposizione scuote la testa, protesta vivacemente ed ascolta la lunga filippica di Guido Guidesi, il leghista di Codogno che è rimasto confinato per un mese, che racconta “l’inferno” della prima ‘zona rossa’ e conclude così: “Non ho ancora sentito un appello alla collaborazione della opposizione a cui non si può solo chiedere di non fare polemiche”.

Raffaele Volpi

Raffaele Volpi

Un altro leghista, Raffaello Volpi, presidente del Copasir, che pure è rimasto confinato settimane a casa sua, la prende con più filosofia: “Non so quando ne usciremo, ma ne usciremo tutti con le ossa rotte. Sono preoccupato, soprattutto per la nostra economia, a rischio di collasso, ma anche per i rapporti personali e familiari nelle nostre case”. Eh sì, perché – come geme un deputato democrat parlando con un suo collega pentastellato – qua mica aumentano le nascite, alla fine, ma aumentano i divorzi. Specie il mio”. E qui ci sentiamo di dare ragione all’ignoto deputato: i divorzi aumenteranno, non le nascite…

 


NB: Questo articolo è stato pubblicato sul sito di Tiscalinotizie.it il 26 marzo 2020