ll Parlamento lumaca e il dl ‘Cura Italia’ tra ostruzionismo delle opposizioni e ‘numero legale’

ll Parlamento lumaca e il dl ‘Cura Italia’ tra ostruzionismo delle opposizioni e ‘numero legale’

23 Aprile 2020 0 Di Ettore Maria Colombo

Sommario

Il Parlamento lumaca. La dura vita del parlamentare ai tempi del coronavirus tra ostruzionismo, mancanza di ‘numero legale’, sogni di nuovi governi.
Il guaio è che Camere non stanno al passo con i tempi

camera dei deputati

Camera dei deputati

Il dl ‘Cura Italia’ stenta a vedere la luce, alla Camera…
Una giornata inutile passata tra assenze e ostruzionismo

decreto salvaitalia

Il decreto cura-Italia

Il primo decreto legge varato ai tempi del coronavirus e che, entro domani, verrà finalmente convertito in legge, il dl ‘Cura Italia’ (35 miliardi di interventi assai urgenti) sta avendo una gestazione e avrà un parto che più faticoso, travagliato e preoccupante non si poteva immaginare. Dopo il voto, già assai stentato e abborracciato del Senato, e alla faccia del ‘dialogo’ tra maggioranza e opposizione, la seconda, e definitiva, ‘lettura’ della Camera sta diventando una vera via crucis che la dice lunga su quanto il sistema parlamentare italiano sia ‘indietro’ di suo, rispetto a quanto dovrebbe ‘correre’, in un Paese democratico, figurarsi ora che c’è di mezzo il coronavirus.

Il guaio è che, ieri, alla Camera, è volata via una giornata intera (nove ore filate di discussione generale, dalle 11 del mattino alle 21 della sera, più un ora di question time) nel nulla più assoluto. Tempo sprecato per un provvedimento tanto atteso, dai cittadini, come il Cura Italia, che slitterà di almeno due giorni per l’approvazione: prevista ieri, non arriverà prima di venerdì.

Infatti, in mancanza di un accordo minimamente decente fra maggioranza e opposizione, ma anche dentro la stessa maggioranza di governo – accordo che pure era stato cercato da entrambi i fronti – e ovviamente con la scusa di ‘velocizzare’ i tempi, il governo ieri ha posto la questione di fiducia anche alla Camera dopo averlo fatto al Senato in prima lettura. Il provvedimento si avvia così al voto finale: fiducia oggi, 23 aprile (appello nominale dalle ore 20.15) e poi voto finale sul provvedimento venerdì, 24 aprile.

In alternativa, cioè in base a un accordo, il testo sarebbe tornato in commissione Bilancio, e votato nella versione post-accordo, ma questo avrebbe significato, subito dopo, un ritorno del testo al Senato per un’eventuale terza lettura.

 

I due fattori scatenanti: l’ostruzionismo (duro) di FdI e la (grave) mancanza di numero legale nella maggioranza

logo fdl

Fratelli d’Italia

Il pastrocchio di un allungamento a dismisura dei tempi di discussione e di approvazione di un dl così importante è figlio di due fattori e concause scatenanti in egual misura.

Il primo è stato l’ostruzionismo parlamentare (duro) di Fratelli d’Italia che ha rallentato i lavori dell’Aula in modo esasperante (“Stì fasci so’ bravi, tosti”, sbotta un deputato dem). Il secondo fattore – ben più grave – era che, banalmente, non c’erano abbastanza deputati della maggioranza giallorossa in Aula, tenuta a ‘far numero’ ogni qual volta vuole che passi un suo provvedimento. 

E anche se è vero che il ‘contingentamento’ obbligatorio delle presenze voluto dal presidente Fico (un sesto di onorevoli per ogni gruppo in proporzione a essi stessi) è stato rispettato da Pd e M5S, ma non dalle opposizioni,  la conseguenza è che, mancava quel numero legale che, prima di tutto, è la maggioranza di governo che deve garantire. E se, sulla carta, i deputati di maggioranza sono oltre 350, ieri al massimo, tra M5S (pochissimi, forse postavano su Fb), dem (altrettanto pochi), LeU (pochi) e Iv (idem), il risultato è che la maggioranza di governo ieri faceva acqua da tutte le parti.   

manca numero legale

Mancanza del numero legale (esempio)

Ma senza numero legale (numero dato dalla metà più uno dei componenti l’Assemblea, cioè 316 deputati su 630, ma che viene calcolato ogni volta al netto delle ‘missioni’, cioè delle assenze giustificate di quel giorno di seduta: ieri il numero legale era fermo, sul pallottoliere, a 253) non era possibile mettere fine alla discussione generale sul provvedimento. Unico modo, questo, per determinare, via emendamento, l’apposizione della questione di fiducia da parte del governo per ‘tagliare’ i tempi della discussione. Insomma, un cane che si morde la coda: senza numero legale il governo non poteva mettere la fiducia, senza la fiducia la discussione generale andava avanti, con la discussione generale andava avanti l’ostruzionismo e via così in un loop infinito di un giorno che non finiva più.

 

D’Incà pone la fiducia a tarda sera, quasi notte. La capigruppo cambia l’ordine dei lavori di oggi e domani

dinca federico ministro

Il ministro per i Rapporti con il Parlamento, Federico D’Incà (M5S)

Solo alle 20.15, dopo una giornata estenuante e inutile, il ministro per i Rapporti con il Parlamento, Federico D’Incà (M5S), si presenta finalmente in Aula che è buio e annuncia che pone la questione di fiducia, tra le risate, gli applausi e lo scherno delle opposizioni. A ruota si riunisce la conferenza dei capigruppo, convocata dal presidente Fico, e stabilisce il nuovo calendario dei lavori dell’Assemblea: oggi dichiarazioni di voto, dalle 18.15, ‘chiama’ per appello nominale sulla fiducia dalle 20.15, voto finale a tarda notte. Venerdì si replica per il voto finale sul provvedimento, più il ‘cascame’ degli ordini del giorno. Per venerdì sera, finalmente, il dl ‘Cura Italia’ sarà dunque legge dello Stato.

 

I meloniani diventano i ‘padroni’ di Montecitorio

Pannella Marco

I meloniani usano la tattica inaugurata dai Radicali di Marco Pannella negli anni ’70

E così, ecco che – in una Camera sottoposta a una pioggia plumblea e sfinente, a un freddo umido e pungente, i deputati meloniani parlavano a turno, uno dietro l’altro, secondo l’antica, ed estenuante quanto coriacea, tattica inaugurata dai Radicali di Marco Pannella negli anni ’70: in tutto sono 35, erano presenti in una ventina e si sono iscritti a parlare in 11 su 25 interventi. Sembravano i ‘padroni’ di Montecitorio: in pratica, c’erano solo loro, ché anche i leghisti – che a loro volta hanno provato a fare ostruzionismo, ma molto timidamente – erano sottorganico.

Francesco Lollobrigida

Francesco Lollobrigida

Guidati dal tosto capogruppo, Francesco Lollobrigida – che giustifica la scelta dell’ostruzionismo dicendo che “discutere e fare proposte è voglia di lavorare mentre da parte del governo non è vi è alcun ascolto delle minoranze e lo dimostrano i voti di fiducia imposti al Parlamento, seppure in presenza di un esiguo numero di emendamenti qualificati”, FdI lamenta – come sempre, di norma, chi sta all’opposizione – il “confronto esiguo e di poche ore in Commissione e la contrazione dei tempi di discussione”.

La protesta delle opposizioni e la contro-replica di Fiano: “Noi rispettiamo il Parlamento”. Intanto, la tensione sale

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Emanuele Fiano, detto Lele, deputato del Pd

Tutte le forze di centrodestra, in ogni caso, dopo che il governo ha posto la fiducia sul decreto Cura Italia, sono intervenute in Aula per protestare contro la chiusura da parte dell’esecutivo a qualsiasi forma di dialogo e collaborazione. Hanno preso la parola Paolo Zangrillo (FI), Edoardo Ziello (Lega) e Francesco Lollobrigida (FdI). Si sono anche registrati momenti di tensione. A chiudere gli interventi il dem Emanuele Fiano, che garantisce “Non avverrà mai in questo Parlamento, per lo meno con noi presenti, che vengano calpestate le forme della democrazia parlamentare. Io comprendo il vostro ragionamento, ma tenderei a separare il numero delle fiducie richieste dal numero di emendamenti approvati o meno. C’è una evidente difficoltà a svolgere il nostro lavoro e io ritengo sia giunto il tempo tornare a lavorare normalmente il più presto possibile. Non è vero che non si è cercato di venire incontro alle istanze dei vari gruppi e io mi auguro possa esserci collaborazione sui prossimi decreti”.

 

“Palla in tribuna!”. La Camera e il Senato se ne inventano di ogni, per votare. Il deputato, da ora, si farà largo in tribuna

palla in tribuna

Le parole di Fiano sollevano, ancora una volta, il tema di ‘come’ il Parlamento può e deve lavorare durante un’emergenza come quella dettata dal coronavirus. Causa l’obbligo di guanti e mascherina, che oggi sarà ‘tassativo’ (in effetti, alcuni deputati non le indossano proprio…) e causa la necessità del distanziamento sociale, finora si è votato entrando in Aula a scaglioni o gruppi alternati – garantiti dai rispettivi capigruppo – o anche, soprattutto, sempre previo accordo tra i capigruppo, facendo stare in Aula solo la metà più uno degli aventi diritto (316 su 630 di tutti i gruppi, egualmente ripartiti) proprio per garantire il numero legale, essenziale per rendere valida la votazione. Ma, ormai, il giocattolo s’è rotto insieme all’unità nazionale e, con l’ostruzionismo di FdI, è chiaro che ognuno torna a giocare il suo ruolo e nessun gentlemen agreement è più possibile: à la guerre comme à la guerre varrà per tutti.

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Il presidente della Camera dei Deputati, Roberto Fico (M5S)

Dunque, che fare? La conferenza dei capigruppo, presieduta da Fico, sta valutando l’ipotesi di utilizzare per i deputati anche le postazioni delle tribune, normalmente riservate al pubblico e ai giornalisti e operatori, così da consentire al numero più ampio di parlamentari di partecipare ai lavori dell’Aula. Lo si è già fatto in Senato.

portatile

I deputati potrebbero votare attraverso dei portatili

Nelle prossime settimane si potrebbero quindi utilizzare le tribune per i deputati: potrebbero votare attraverso dei computer portatili appositamente predisposti e in via di installazione. Una opzione che consentirebbe – tanto più in vista di voti delicati come sul Def e sullo scostamento di bilancio, in programma il 28-29 aprile, e su cui è richiesta la maggioranza assoluta, che potrebbe non permettere il voto per appello nominale – di garantire il plenum dell’Aula e insieme il rispetto delle distanze di sicurezza.

 

Un gruppo di deputati trasversali torna sul voto a distanza:
Lo adottano a Westminster, perché solo da noi no?”

 

camera dei comuni di westminster

La camera dei comuni di Westminster

Tutto bene, si capisce, ma sembra che la Camera – e il Senato – si stia arrampicando sugli specchi: la soluzione c’è e si chiama ‘voto a distanza’. Lo adotta il Parlamento Ue, nelle ultime due sessioni, si fa – a partire da questo mese – persino nel più antico Parlamento del mondo, quello di Westminster, non si capisce perché non si possa farlo anche in Italia. Lo propugnano un gruppo di deputati ‘trasversali’ come Ceccanti (Pd), Magi (+Eu), Baldino (M5S), Brescia (M5S). Quest’ultimo, che è anche presidente della I commissione Affari costituzionali della Camera, ricorda che “Alla Camera dei Comuni c’è stato il primo question time in videoconferenza con il supplente del premier Dominic Raab e altri ministri. Si tratta di una svolta storica per il Parlamento britannico. Se lo ha fatto uno dei Parlamenti più antichi del mondo tutti possono farlo. Anche i più scettici hanno ceduto”. Perché noi no?

Il costituzionalista Andrea Pertici

Il costituzionalista Andrea Pertici

Molti costituzionalisti come Andrea Pertici e cronisti parlamentari esperti come Francesco Bongarrà (Ansa) rispondono che “compresenza e contestualità, nel voto, sono fondamentali e obbligatori, non se ne può prescindere né fare a meno”, Inoltre, c’è il tema della segretezza del voto che un voto ‘a casa’ potrebbe ‘non’ garantire perché sottoposto alle pressioni di lobby o altri interessi specifici. Ma almeno commissioni, question time e dibattiti senza voti di fiducia o voti segreti potrebbero dunque essere adottati!

 

La verità è in maggioranza sono in disaccordo su tutto. Il tira e molla diventa estenuante, il giorno diventa notte…

M5S PD

Pd e M5S

In ogni caso, tornando al tema politico del giorno, la verità – rispetto al problema del Parlamento ‘lumaca’ – è che l’allungamento dei tempi della discussione, unita alle croniche assenze nei banchi della maggioranza, ha creato il patatrac definitivo di una giornata assai inutile, ma che ha fatto molto comodo a governo e maggioranza perché sono loro, specie Pd e M5S, a essere in disaccordo su quasi tutto.

Infatti, se maggioranza giallorossa e opposizione verde-nera, che proprio non sono nate per intendersi, non si trovano d’accordo su come gestire ‘l’ordine dei lavori’ di un decreto legge delicato e importantissimo che attende la sua definitiva conversione in legge, come il Cura Italia, è la maggioranza di governo che non è d’accordo su nulla, al proprio interno. Ecco perché tiene un intero Parlamento sospeso nel nulla, senza notizie fresche o vere, in un dibattito ‘lungo un giorno’ che inizia al mattino e alla sera vede i (pochi) deputati presenti inchiodati ai loro scranni.

Non a caso, nel palazzo di fianco, palazzo Chigi, i ministri del governo Conte si scannano su ‘e questo lo voglio io’ e ‘no, questo l’ho chiesto prima io’, e via andare così, ma non sul decreto oggi all’esame del Parlamento, il ‘Cura Italia’, ma sul decreto prossimo venturo, il ‘decreto aprile’ (“chiamatelo decreto maggio che aprile ormai è finito!” li sfottono dalle opposizioni, e non hanno tutti i torti…).

montecitorio ai tempi del coronavirus

Montecitorio semi-deserta

Un ‘tira e molla’ estenuante – con relativi scontri, liti e litigi, specie quelli tra Pd e M5S, con Iv a fare da terzo incomodo e guastafeste mentre la povera LeU abbozza – che si riverbera, inevitabilmente, anche sui lavori d’aula di una Montecitorio semi-deserta (meno di un centinaio i deputati presenti sul teorico plenum di 630 membri…)

 

La spossante navetta parlamentare e i decreti legge reiterati

decreti legge

I decreti legge reiterati

Inoltre, come si sa, in Italia vige il bicameralismo perfetto: le leggi devono, cioè, essere approvate in forma identica, anche nelle virgole, tra le due Camere e, finché questo non succede, si va avanti con la ‘navetta’ parlamentare, cioè con la spola tra una Camera e l’altra (anche all’infinito…). Bisognerebbe, in teoria, ‘fare presto’: il decreto legge ‘Cura Italia’ è il primo strumento con cui, a metà marzo, il governo ha stanziato 25 miliardi per il contrasto all’emergenza coronavirus (potenziamento del Sistema sanitario, sostegno all’occupazione e ai lavoratori, supporto al credito per famiglie e Pmi, sospensione degli obblighi fiscali) roba grossa che gli italiani attendevano.

Molte delle misure, adottate per coprire la falla provocata dall’emergenza sanitaria, sono state riprese e modificate nei successivi decreti legge emanati dal governo e, ancor di più, verranno modificate, integrate e potenziate in quell’ormai famoso ‘decreto aprile’ che, però, non vedrà la luce che a maggio e che comporterà 50-70 mld di spesa. Altri decreti che si affastellano e renderanno, specie in tempi di ‘distanziamento sociale’ dovuti al coronavirus, faticosa, se non improba, la vita quotidiana delle Camere.

Inoltre, un decreto legge lascia l’impressione – erronea – che si tratti ‘già’ di una legge dello Stato valida e operante. Lo è, ma ove il decreto legge non sia convertito in legge nei canonici 60 giorni di tempo che intercorrono tra il suo varo (la presentazione alle Camere, dopo la firma del cdm e la validazione del Capo dello Stato), e la sua scadenza (di, appunto, 60 giorni), quel decreto legge, come si usa dire, ‘decade’, perdendo perciò tutti i suoi effetti di legge, a meno che, ovviamente, non ve ne sia la sua reiterazione, la quale, però, a sua volta, ha dei precisi termini temporali (240 giorni: 60 x 4 volte). In parole povere, in una repubblica parlamentare, il decreto legge è ‘realmente’ legge solo dopo la conversione, il ‘sì’ di entrambe le Camere, altrimenti perde i suoi effetti che diventano nulli.

 

La presunta unità nazionale tra maggioranza e opposizione è bella che morta prima ancora di nascere, ma anche tra Pd e M5S cresce la fronda ‘anti-Conte’

 

Infine, dal punto di vista politico, il percorso parlamentare del Cura Italia ha messo in piazza la rottura della fragile ‘unità nazionale’ che ha caratterizzato le prime ore dell’emergenza. Salvini e Meloni, a Conte, gliene dicono di ogni, Berlusconi offre il suo aiuto, ma a che prezzo? Conte ter via rimpasto semplice o crisi di governo? governo Di Maio o governo Gualtieri al posto di Conte?

movimento5stelle

M5S

I Cinque Stelle litigano al loro interno, spaccati come una mela, tra ‘atlantisti’ (l’ala governativa) e ‘sovranisti’ (l’ala che fa capo a Di Battista), senza contare i ‘movimentisti’ guidati dal Presidente della Camera Fico. E anche dentro il Pd si levano sempre più voci critiche, nel gruppo come tra i big: ieri, per dire, anche il tesoriere dem, ex capogruppo al Senato, Luigi Zanda, ha attaccato a muso duro, e in chiaro, il premier, mentre – dentro i gruppi parlamentari dem le stilettate e le critiche che hanno per bersaglio il premier hanno, ormai, preso il sopravvento, soprattutto nell’area di ‘Base Riformista’, ma anche dentro le aree che fa capo al ministro Franceschini e a Martina, solo gli zingarettiani(pochi, in Parlamento) e la sinistra interna che fa capo a Orlando sono fedeli al patto coi 5S.

 

In cortile Draghi è come le ‘Vaghe stelle dell’Orsa’, ma non si considera la variabile del fattore ‘M’ (Mattarella)

Vaghe stelle dellOrsa

In cortile Draghi è come le ‘Vaghe stelle dell’Orsa’

Insomma, il Conte bis non gode affatto di buona salute e, alla Camera, in particolare nei suoi ‘giardinetti’, cioè nel cortile d’onore del Transatlantico, sotto a gazebo solidi e robusti che riparano perfettamente dalla pioggia battente, insistente e incessante, ma dove il riscaldamento è stato spento e fa un freddo cane, scatta il tempo delle Vaghe stelle dell’Orsa’, direbbe il Poeta.

Mario Draghi

Mario Draghi

Si coltiva, cioè, la speranza – o, forse, l’illusione che arrivi ‘Super-Mario’ Draghia salvare il Paese e a salvare tutti noi dalla furia popolare che sta per sommergerci e travolgerci” sospira un deputato azzurro che conta i giorni che lo separano dall’arrivo del ‘governissimo’ e del ritorno di FI nella ‘stanza dei bottoni’. Infatti, l’alternativa a un ‘governissimo’ a guida Draghi – governo che, per una serie complicata di motivi non può né potrà arrivare prima di settembre/ottobre di quest’anno – è, appunto, un Conte ter che ‘allarghi’ la maggioranza a FI e a Berlusconi. Molti segnali lanciati dai berluscones – sempre più distinti e distanti dai ‘fascio-leghisti’, come chiamano con disprezzo i meloniani e i salviviani ancora oggi, in teoria, alleati – lasciano intendere che questa potrebbe essere la strada per uscire dall’impasse.

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Il capo dello Stato Sergio Mattarella

Ma si elide troppo spesso il ‘fattore M’ inteso come Mattarella: ha fatto sapere in tutte le salse e a tutti i suo interlocutori che un terzo governo di ‘colore’ diverso, dopo quello gialloverde e quello giallorosso, non lo ha avrebbe aiutato a nascere. Ergo, o un ‘governissimo’, cioè un governo ‘di tutti’, ergo di ‘unità nazionale’, o nulla, si resta e si va avanti con Conte. Il quale, non a caso, proprio ieri sera è salito al Colle per spiegare al Capo dello Stato la posizione dell’Italia sul prossimo e delicato Consiglio Ue.

mattarella conte

Mattarella e Conte

Un Consiglio dal quale molto si attende l’Italia ma di cui anche il premier ha un disperato bisogno sia un successo. Infatti, il 29 aprile, sulle sue comunicazioni sui ‘risultati’ del Consiglio Ue, è previsto un voto delle due Camere, voto da cui non potrà scappare e in cui rischia molto, a partire dalla possibilità che i voti degli azzurri diventino sostitutivi e non integrativi della sua maggioranza di governo. il che vorrebbe dire che, appunto, è ‘cambiata’ la maggioranza: fuori un pezzo di 5Stelle dissenzienti e dentro gli azzurri. Solo che un fatto politico del genere vorrebbe dire che Conte salga al Quirinale e si apra una bella crisi di governo. E la crisi di governo ‘in mascherina’ (e guanti) la vogliamo proprio vedere perché ce ne sarà di parecchio, da divertirsi.

 


 

NB: l’articolo, in forma ridotta, è stato pubblicato sul sito di notizie Tiscali.it il 23 aprile 2020

 


 

APPENDICE

Cosa c’è nel dl ‘Cura Italia’ al rush finale

La ‘manovrina’ da 25 mld contro il Coronavirus

 

Le misure: dallo stop ai mutui ai 600 euro agli autonomi – Questi alcuni degli interventi principali previsti nel dl (fonte Ansa)

 

Sanità 

SANITÀ: il decreto ha individuato le coperture per 20 mila assunzioni nel Sistema sanitario nazionale, ha stanziato risorse per gli straordinari, ha finanziato l’aumento dei posti letto in terapia intensiva e ha fatto sì che per combattere l’emergenza fossero messi a disposizione anche personale, locali e apparecchiature delle strutture private.

mutui

MUTUI: possono chiedere la sospensione del mutuo per la prima casa i lavoratori dipendenti, autonomi e i professionisti che abbiano subito forti ripercussioni di stipendi e entrate.

baby sitter

BONUS BABY SITTER: per i genitori è previsto l’incremento di 15 giorni del congedo parentale retribuito al 50%. In alternativa, è previsto un bonus per i servizi di baby-sitting, nel limite di 600 euro.

Bonus partite iva

BONUS AUTONOMI: indennizzo di 600 euro per i lavoratori autonomi e le partite Iva.

reddito ultima istanza

REDDITO ULTIMA ISTANZA: è stato istituito un fondo per il reddito di ultima istanza per tutti gli esclusi dall’indennizzo di 600 euro.

CASSA INTEGRAZIONE PER EMERGENZA COVID 19

CASSA INTEGRAZIONE: con uno stanziamento di 4 miliardi di euro, la Cassa integrazione in deroga è stata estesa all’intero territorio nazionale (inizialmente era per le sole zone rosse), per tutti i dipendenti, di tutti i settori produttivi. Anche le aziende con meno di 5 dipendenti possono ricorrere alla cassa integrazione guadagni in deroga.

PMI

PMI: Potenziato di 1,5 miliardi il Fondo Centrale di Garanzia per le Pmi. L’obiettivo è fornire garanzie per oltre 100 miliardi di finanziamento alle imprese. La garanzia è dell’80% per i prestiti fino a 1,5 milioni. Al di sopra di quell’importo, la percentuale viene modulata.

FISCO IN STANDBY

FISCO IN STANDBY: è stabilito il differimento delle scadenze e la sospensione dei versamenti fiscali e contributivi per tutte le imprese di piccola dimensione, per i professionisti e per gli autonomi. –

riconversione

RICONVERSIONE: stanziati 50 milioni di euro per sostenere le aziende che vogliono ampliare o riconvertire la propria attività per produrre ventilatori, mascherine, occhiali, camici e tute di sicurezza.

scuola digitale

SCUOLA DIGITALE: incrementate le risorse per il 2020 del Fondo per l’innovazione digitale e la didattica, per l’acquisto di piattaforme e strumenti digitali da parte delle scuole e per mettere a disposizione degli studenti i dispositivi digitali.

forze ordine coronavirus

STRAORDINARI FORZE DELL’ORDINE: stanziati oltre 100 milioni di euro per il pagamento degli straordinari per polizia, Forze armate, polizia penitenziaria, Vigili del Fuoco.

 

(fonte: ANSA – GRS 22-APR-20 20:18 NNN)