I ‘duellanti’ alla sfida finale: Conte e Renzi muro contro muro in un ‘maledetto pomeriggio da cani’

I ‘duellanti’ alla sfida finale: Conte e Renzi muro contro muro in un ‘maledetto pomeriggio da cani’

31 Dicembre 2020 0 Di Ettore Maria Colombo

Sommario

I ‘duellanti’ alla sfida finale: Conte e Renzi muro contro muro in un ‘maledetto giorno da cani’. La crisi di governo è un fatto

quel pomeriggio di un giorno da cani

Al Pacino nel film Quel pomeriggio di un giorno da cani

NB: questo articolo, scritto in esclusiva per questo blog, è il frutto di sintesi di due diversi articoli scritti uno per il giornale Quotidiano Nazionale e uno per il sito Tiscali.it ed usciti entrambi il 31 dicembre 2020. Con questo articolo, il blog ‘L’Uovo di Colombo’ si prende qualche giorno di vacanza. Buon anno a tutti/e!

 

I ‘duellanti’ Renzi e Conte sono così distanti che la sfida investe pure Aldo Moro

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Ranzi contro Conte e viceversa

Renzi contro Conte. Conte contro Renzi. L’apoteosi dello scontro arriva a colpi di citazioni dell’incolpevole statista dc Aldo Moro, quanto di più lontano si possa pensare – per temperamento, stile, sobrietà, carattere, mitezza innata – da entrambi. “La verità illumina e dà coraggio” dice Matteo, citando Moro in Senato. “Gli ultimatum non sono ammissibili in politica” gli replica Giuseppi in diretta tv. Insomma, siamo ai duellanti che stanno per sfidarsi all’alba, dietro il convento dei Carmelitani (sciabola o pistola poi si vedrà). Lo sanno tutti i protagonisti, compresi Zingaretti e Di Maio, ieri silenti e raggelati, e lo sa bene anche il Colle.

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War Games Defcon 1

La situazione, per usare un’altra metafora, meno aulica, è definibile – direbbero in War Games – da ‘Defcon uno’. Dopo c’è solo Defcon zero, “guerra termonucleare globale” e cioè la crisi di governo che, formalmente, si aprirà a gennaio. Presumibilmente dopo il giorno dell’Epifania, giusto per far finire il lockdown in santa pace agli italiani, e farli ripiombare, con la riapertura del Paese (bar, ristoranti, negozi, parchi, palestre, piscine, forse persino piste da sci), anche con un evergreen: la crisi di governo d’inizio anno. Morale, in un ‘maledetto pomeriggio da cani‘, come da titolo di un vecchio e bellissimo film con Al Pacino, mentre a Roma infuria la grandine, la pioggia e un freddo polare, la conferenza stampa che tiene il premier e l’aula del Senato della Repubblica fanno bollire la temperatura: ‘riscaldano’ i duellanti, Conte e Renzi. 

Al Colle già lo sanno e già sospirano: sta per aprirsi “una crisi difficilissima”

Mattarella ha incontrato, settimane fa, Renzi

Mattarella ha incontrato, settimane fa, Renzi

Sul Colle più alto, dove Mattarella ha incontrato, settimane fa, Renzi (il quale gli ha annunciato che avrebbe aperto la crisi e ha tenuto fede, sic, alla parola data), come pure Conte (il quale ha contro ribattuto che avrebbe resistito), e da dove il Capo dello Stato, già che c’era, ha pensato che era anche il caso di fare una telefonata ‘esplorativa’ a Mario Draghi (“Mario tieniti pronto, potresti dovermi aiutare…”), già si parla apertamente di una crisi “dai contorni difficilissimi e dalla soluzione ancora più complicata, sia che si voglia formare un nuovo governo che andare al voto” anche se, ovviamente, stasera il Capo dello Stato parlerà agli italiani di “coesione e unità nazionale”, lotta al Covid, obbligo di vaccinazione, senso di responsabilità e sobrietà (se c’è un epigono di Moro, oggi, in politica, è solo lui…). Ma il boccino, prima che finisca nelle mani di Mattarella, il quale – come si sa, per Costituzione, prassi e tradizione – è e sarà l’unico arbiter elegantiorium della crisi di governo, nel senso che come finirà (Conte ter? Conte bis con un pugno di volenterosi che sostituiscono i soldatini di Renzi? Governissimo o governo di salute pubblica? Urne anticipate a marzo oppure a maggio?), lo decide solo e soltanto lui, per ora è ancora nelle mani dei due sfidanti o ‘duellanti’. E allora vediamoli, ascoltiamoli, in rapida sequenza entrambi.

Conte dismette i panni dell’agnello e fa la faccia feroce:

se Iv mi sfiducia, sono pronto alla sfida in Parlamento…

Conte e Carlo Verna

Conte e Carlo Verna

Gli anni bellissimi, ormai, sono nel libro dei ricordi e anche “l’andrà tutto bene” augurato agli italiani a inizio pandemia, detto a primavera scorsa, assume il sapore di una beffa a conclusione di un anno faticoso, per il premier, questo 2020. Nella tradizionale conferenza di fine anno (dura come una Quaresima, due ore e mezza, il presidente dell’Ordine, Carlo Verna, gestisce di male in peggio domande/risposte), Conte ammette che in effetti “non va tutto bene”, che il suo governo non può “galleggiare” e che, anzi, “dobbiamo accelerare”, sul Recovery plan innanzitutto, e che “sono qui per programmare il futuro e non una campagna elettorale” (alla quale, però, come vedremo, pensa sempre più spesso). Detta in politichese: “se verrà meno la fiducia da parte di una forza di maggioranza, ci sarà un passaggio parlamentare dove ognuno si assumerà le proprie responsabilità”. Il messaggio è chiaro: “Non voglio credere che in una scenario del genere si arrivi a una situazione del genere, alla crisi”, ma se ci si arriva sono pronto alla sfida.

I colonnelli ex dc hanno fondato per Conte ‘Italia 2023’

2023

Il nuovo partito di Conte Italia 2023

L’onore della prova – chi ha la maggioranza: Conte e l’asse Pd-M5s-LeU, magari con una pennellata di nuovi Responsabili che nascono, come il sole all’improvviso, in quel del Senato, o Iv è indispensabile a farla sopravvivere? – Conte la rigetta sulle spalle di Renzi, pronto a sfidarlo in Parlamento. Si chiama, in gergo tecnico, ‘parlamentarizzare la crisi’ ed è un rischio: ai governi Prodi I e Prodi II, come al IV governo Berlusconi, il tentativo riuscì molto male. Entrambi caddero – al Senato Prodi, alla Camera Berlusconi – e per entrambi le rispettive carriere politiche finirono. Renzi, che ormai da due anni ci vive, nel Senato, sa che sono partite le manovre per rendere i voti di Iv ininfluenti: sui suoi 18 senatori lui – dice – “è pronto a mettere la mano sul fuoco”, ma Conte (e il Pd) lavorano per staccarne qualcuno e aggregarlo al gruppo di Responsabili 4.0 che va nascendo. Si chiama ‘Italia 2023’ (il logo e il sito dell’associazione è stato lanciato dall’eletto all’estero, ex azzurro, Fantetti, ora passato al Misto, ma la volpe Rotondi già fa sapere che “quel marchio è mio, l’ho registrato…”): conterebbe già dieci senatori, raccattati nel gruppo Misto tra ex transfughi M5s e neo adepti folgorati sulla via dei vecchi marpioni diccì Tabacci (Vizzini e Ragusa, che hanno dato vita al mai defunto ‘Centro democratico’ tabaccino) e Rotondi più una piccola pattuglia di ex azzurri (i tre di ‘Cambiamo-Idea’: Quagliariello, Romani e Berruti) e di ex carneadi grillini oggi anime perse nel Misto (De Falco, Marilotti, Di Marzio), più qualche acquisto singolo (la Lonardo, moglie di Mastella, si agita molto, il marito pure). Tutti pronti a far durare, almeno quanto basta, il governo e la legislatura, e di farlo in spregio a Renzi, anzi rendendolo inoffensivo. Basteranno, se si arriverà allo show down finale, per salvare il governo Conte – bis o tris che sia? Ecco, questo è davvero un auspicio di difficile vaticinio…

 

Conte cita Moro, come a volerne raccogliere l’eredità…

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Il premier della Dc Aldo Moro

E a Matteo Renzi che, nell’aula del Senato, durante il voto di fiducia sulla manovra, cita Aldo Moro sottolineando che “la verità illumina e dà coraggio”, l’avvocato risponde con un altro – e noto – passaggio del leader Dc: “gli ultimatum non sono ammissibili in politica, perché hanno il significato di far precipitare le cose e impedire di raggiungere soluzioni positive” disse Moro al parlamentino della Dc che, riottoso, non voleva votare l’abbraccio con i comunisti. Poi ribadisce la volontà di cercare il dialogo e “tentare una sintesi superiore nell’interesse del Paese”. Nessuna sfida, assicura, piuttosto la volontà di agire “in modo trasparente”. E se le cose non funzioneranno, andare in Parlamento è la strada da seguire, ma “io non vado alla ricerca di un altra maggioranza, lavoro con quella che ho” (falso, come si è visto). Altra menzogna: “Io non lavoro a una mia lista, lavoro al meglio, con disciplina e onore”. Invece ci pensa, eccome se ci pensa, e i suoi ci lavorano già alacremente.

 

Riparte il balletto sulla nuova, possibile, legge elettorale

Un Balletto di Roberto Bolle

Riparte il balletto sulla nuova, possibile, legge elettorale
(In foto Roberto Bolle)

Non a caso, dall’aula del Senato, Renziche ha tanti difetti ma non è scemo – avverte: “La legislatura è come una bicicletta: se non si muove termina”. Poi, ecco l’avviso ai naviganti: “Se il governo gialloverde approva la legge elettorale in 48 ore, si va alla Corte costituzionale, come ha fatto il Pd. Se lo fa il governo giallorosso si sta zitti?”. Il passaggio sembra oscuro, e lo è, tipico da addetti ai lavori, ma va decrittato per bene. Conte ha spiegato, apertis verbis, che vuole ‘accelerare’ sulla legge elettorale nuova (il proporzionale alla tedesca) e, di fatto, fa capire (Goffredo Bettini, ideologo di Zingaretti, glielo avrebbe consigliato caldamente) di essere pronto alla sfida delle urne anticipate. Il fantomatico ‘tavolo sulle riforme’, seppellito per mesi, rispunta fuori come una ginestra sulla più alta montagna. Il messaggio della maggioranza è: facciamo il proporzionale, ammazziamo Renzi e ce la giochiamo con il centrodestra. Con uno schema a tre punte (lista Conte+M5s+Pd-LeU), infatti, Bettini (e Conte) sono convinti di poter diventare ‘concorrenziali’ contro il centrodestra in formato classico, togliendo voi al centro azzurro e, già che ci sono, ammazzando Iv grazie allo sbarramento alto, fisso al 5%. Renzi, d’altro canto, non solo vuole tenersi stretto il Rosatellum (dove invece lo sbarramento è al 3%), ma anche impedire governicchi guidati da Conte (Conte ter o Conte bis due…), fatti senza di lui ma con i Responsabili, che vivacchino qualche mese. Giusto il tempo di scrivere la nuova legge elettorale e di andare alle urne per ucciderlo.  

La finta fiducia del premier in un futuro che non c’è… Rimpasto e due vicepremier tra i desiderata dei partiti

renzi italia viva

Renzi Leader di Italia Viva

Formalmente, però, e nonostante tutti gli avvertimenti e i diktat di Italia Viva, il premier è fiducioso che si possa andare avanti. Dialogando, appunto, per trovare “soluzioni che rientrano nel perimetro dell’interesse nazionale”. E se tra le condizioni ci fosse il rimpasto, che aleggia ormai da mesi nei desiderata di molti partiti, non ultimi Pd e M5s? Conte, tifoso romanista, mette la fascia del capitano che “difende in tutti i modi la sua squadra”, ma stavolta non ce la fa proprio a dire ‘squadra che vince non si cambia’. Ma certo il problema, se posto dai suoi alleati, verrà affrontato. Anche se significasse essere affiancato da due vicepremier: “È una formula che abbiamo seguito nel precedente Governo, con scarso successo, ma questo non vuol dire”, nota, ma pure qui sa che Pd e M5s premono perché i loro due migliori ‘molossi’, Orlando e Di Maio, lì si piazzino.

Torna di nuovo ‘calda’ la questione della delega sui servizi, in mano al premier

AISI

Andare avanti, dunque, cercando di appianare tensioni e incomprensioni è il leit motiv del premier. Come quella che riguarda la delega ai Servizi e fa storcere il naso ai renziani: “Chi mi chiede che devo delegare deve spiegare – è la sfida di Conte – e rispondere a una domanda: perché si chiede a un presidente del Consiglio di liberarsi dei suoi poteri? Io non posso liberarmi. Io ne rispondo comunque. Che mi avvalga o meno di nominare una persona di fiducia”.

Peccato che, sul punto, un altro pesante e urticante siluro a Conte arriva da un fedelissimo di Renzi, Michele Anzaldi, che batte sempre sul dolente tema della delega sui servizi: “D’Alema la affidò al vicepresidente del Consiglio Mattarella, Monti a De Gennaro, Berlusconi a Letta, Renzi a Minniti: hanno sbagliato tutti i premier o sbaglia Conte che non delega nessuno? Ha qualcosa da nascondere?”. Le ‘voci’ e i ‘misteri’, sul punto, si infittiscono, e pure assai. Fabrizio Cicchitto ha già sollevato molti dubbi, sul punto.

Conte difende il suo Recovery Plan, Iv lo boccia secco

recovery fund

I prossimi mesi sarebbero segnati dalla partita – fondamentale – del Recovery fund. Ed è per questo che è urgente la sintesi politica, ribadisce il premier, che annuncia un Cdm nei primi giorni di gennaio, poi il confronto con le parti sociali e un passaggio in Parlamento per avere il progetto definitivo a metà febbraio. Tempi troppo lunghi per una crisi di governo che, invece, si infiammerà all’Epifania. Una cosa è certa: per Conte, che su questo non cede non solo a Iv, ma neppure al Pd, che l’ha criticata e pure parecchio, la struttura di governance ci sarà perché la chiede la Ue, “sarà una struttura di monitoraggio per declinare i contorni, la fisionomia e i percorsi preferenziali per opere e investimenti”. Il come è ancora tutto da capire. Ma nei prossimi mesi c’è anche la sfida del lavoro, con il blocco dei licenziamenti che scade a marzo: le criticità sono evidenti, l’obiettivo dichiarato è provare a tamponare con la riforma e il riordino degli ammortizzatori sociali rendendo più incisive le politiche attive del lavoro, tema caro ai dem. Nel frattempo, fa da cuscinetto anche il reddito di cittadinanza, una misura di cui “sono molto soddisfatto”, contentino giusto giusto per rendere onore ai Cinque Stelle. Conte torna ‘avvocato del Popolo’ e assicura che lui vuole “tenere la barra dritta per trovare una sintesi politica nell’interesse dei cittadini” e non vuole che gli si dica: “… ‘tu stai qui nel tuo interesse personale’, perché non è così”. Un’altra critica, seppur velata, alla forma mentis di Renzi.

Il guaio è che la giornata, vista invece con gli occhi di Iv, finisce peggio di come era cominciata, cioè con le accuse di Renzi in piena aula del Senato. La delegazione dei renziani vede Gualtieri – come hanno fatto l’altro ieri quelle di Pd e M5s e ieri quella di LeU – e all’uscita emette una nota, a dir gelata, che suona come una campana a morto sul Recovery Plan versione Conte-Gualtieri-Amendola: “Sui contenuti non ci siamo, ci separa un abisso: abbiamo mandato 30 pagine, loro una bozza di Recovery plan modificata dopo la conferenza stampa di Renzi e arrivata ieri notte” il requiem dei renziani mentre dl Mef dicono che “è andato tutto bene, nell’incontro”. Manco su cosa dire ci si trova d’accordo…

Ma se Conte sfida Renzi, anche Renzi sfida Conte…

renzi conte

Si attende il confronto diretto tra Conte e Renzi

Ma se l’obiettivo del premier è di chiudere in tempi strettissimi la crisi ‘strisciante’, in un modo o nell’altro, assicurando che il governo ha “una prospettiva di fine legislatura”, ma ribadisce che l’obiettivo non è “galleggiare” in un clima di “azione sospesa”, e rifiuta “gli ultimatum” (di Renzi), è Renzi che deve decidere presto se Italia viva ritirerà il suo appoggio all’esecutivo e si aprirà la crisi. Insomma, se Renzi vuole la crisi, è la sintesi del Conte pensiero, se ne deve assumere in pieno la responsabilità. A tarda sera dal senatore fiorentino non arrivano repliche, ma una risposta si trova già nel documento sul Recovery plan che il partito ha presentato al ministro Roberto Gualtieri con parole che rafforzano, invece che smorzare, la tensione.

 

I toni di Renzi sono già quelli del senatore d’opposizione: la difesa ‘antifascista’ delle prerogative del Parlamento

Maria Elisabetta Alberti Casellati

Elisabetta Alberti Casellati

Matteo Renzi – conscio che, nella conferenza stampa di fine anno, con tutti i riflettori puntati addosso al premier (e non su di lui…), Conte lo avrebbe sfidato a singolar tenzone e pure consapevole che, in politica come in guerra, “il tempo è tutto” – ha però pensato bene di aprirle lui, le ostilità. Prende la parola, nell’aula del Senato, di mattina presto, per lamentare l’insopportabile e inqualificabile schiacciamento delle prerogative della Camera Alta con toni che ricordano, più che quelli (flebili, a dirla tutta) delle opposizioni o della Casellati quelli dei parlamentari aventiani contro Mussolini. Usa parole pesanti, dure, affilate, da allarme democratico: “Dal rispetto delle forme democratiche, del bicameralismo, deriva una credibilità delle istituzioni che rischia di essere messa a dura prova. Non smetteremo di chiedere che ci sia il rispetto in tutte le forme istituzionali, dai Servizi segreti alle regole per approvare la Legge di bilancio. O il Senato rischierà di essere distrutto” è la voce del leader di Iv, che s’impunta e s’indigna più della Casellati: “Votiamo sì alla manovra, ma il governo decida cosa vuole fare da grande”.

La Legge di Bilancio, alla fine, viene dunque approvata con 154 voti favorevoli (pochini, il quorum per la fiducia è fisso a 161, senza i 18 senatori di Iv, la maggioranza, che sulla carta di voti ne avrebbe 168, collassa a quota 150 senatori) e 124 contrari (pochi anche quelli, se il centrodestra volesse provarci), ma Renzi parla come stesse già all’opposizione.

Renzi ributta la palla nel campo di Conte e lo sfida: “Vuoi la prova di forza? Io dei miei mi fido. E tu dei tuoi?”

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“Vuoi la prova di forza? Io dei miei mi fido. E tu dei tuoi?”

Per il senatore il premier Conte ha due strade davanti a sé. La prima è che sia lui a gestire la crisi, la seconda è quella – come spiega ai suoi – “di fare finta di niente“. Ma in quel caso è difficile che si arrivi ad un Conte ter, a quel punto partirebbe – se l’attuale maggioranza rosso-gialla non avesse più i numeri – la ricerca di un altro presidente del Consiglio che potrebbe avere magari il sostegno di Forza Italia. Il leader di Iv dice che “la palla è nel campo del presidente del Consiglio”, lo avverte che questa volta fa sul serio. Invitandolo a muoversi gli fa capire, spiega una fonte parlamentare renziana, che un Conte ter è ancora possibile. Ma se il premier, per ora, non intende fare alcuna mossa, secondo Renzi, nelle ultime settimane, il governo sta sbagliando tutto. A partire dal ‘Recovery plan’, si capisce. sottovoce, poi, ecco il guanto di sfida: Io dei miei mi fido, e tu dei tuoi?“. 

Intanto il centrodestra litiga su ogni scenario possibile…

giorgia meloni

Giorgia Meloni

Intanto Giorgia Meloni propone una mozione di sfiducia al presidente del Consiglio, ma è una mossa per ‘allontanare’ una possibile convergenza di Iv, non certo per attirarla a sé. La Lega, non a caso, si dice subito contraria: “In questo momento – è la tesi – l’unico che sarebbe beneficiato da una mozione di sfiducia è proprio Conte” replica secco Salvini. Berlusconi, poi, è furibondo, ma stavolta con la Meloni: vuole rientrare in gioco a tutti i costi, Salvini sembra, per una volta, d’accordo (merito, si dice, dell’opera persuasiva di Giancarlo Giorgetti, che da mesi lavora alla soluzione ‘governissimo’ e che, non a caso, sente spesso Draghi) e solo Giorgia rompe le uova nel paniere della possibilità che Forza Italia torni, finalmente, a sedere al tavolo di governo.

Come finirà? Conte bis, Conte ter, urne o governissimo?

come finira

Come finirà

Come finirà? “Conte vuole restare al Conte bis, Renzi vuole sostituire Conte con altri, il Pd sosterrebbe il Conte ter“. A sera, un dirigente di peso di Iv fa una sintesi delle posizioni in campo, nella pre-crisi di governo che ormai si è aperta e indica quella che reputa l’unica via per ricomporre la maggioranza: la nascita di un nuovo governo Conte, con una maggiore presenza dei partiti, magari con due vicepremier di Pd e M5s, e un’intesa su alcuni punti politici, dal Recovery Plan alla legge elettorale. Il Pd, in realtà, è fermo a quello che ha detto Zingaretti: serve un “rilancio” del governo, non “avventure politiche”. La via per un dialogo – dicono sia dirigenti Pd che qualche renziano – c’è: “Conte sul Recovery invia molti segnali di apertura e Renzi non si spingerà mai fino al punto da finire all’opposizione”.

Ma “il Conte bis è già finito”, vanno ripetendo i renziani. Diverso sarebbe un Conte ter, con il premier che cede la delega ai Servizi a un uomo di sua fiducia, come il capo del Dis Vecchione, e l’ingresso dei due vicepremier di Pd e M5s o comunque il cambio di ministri di peso. Non passa inosservata l’apertura al rimpasto, così come l’indicazione di un passo diverso sul Recovery plan, nelle parole di Conte.

Dem e pentastellati si illudono che “finirà tutto bene”…

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I dem attendono di vedere come le dichiarazioni del premier, anche quella sulla legge elettorale fortemente chiesta dal Pd, si tradurranno al tavolo di governo. I governisti del M5s fanno argine al premier, ma anche tra i pentastellati ci sarebbe una spinta per un rimpasto e qualche timore per un’eventuale ‘lista Conte’ in grado di togliere voti al Movimento. Non a caso, nei pentastellati, dove ancora non è chiaro da chi e quando sarà composto il nuovo Direttorio, si pensa anche a un Conte che diventa loro leader. I più, però, sono comunque convinti che lo scontro con Renzi si sia spinto troppo oltre. E impazzano ipotesi – smentite – di appoggio esterno dei renziani al governo o di una spaccatura dei gruppi di Iv che porti alcuni renziani a uscire da Iv e confluire con senatori centristi, del Maie ed ex Fi, nei Responsabili. Certo, ammette qualche renziano, il senatore di Rignano dovrebbe assumersi la responsabilità di una rottura in piena pandemia e anche il rischio di finire all’opposizione o andare a elezioni. Ma da Iv sono convinti che Renzi sarebbe pronto a rispondere a tono al premier in Aula (“Non come Salvini”), rinfacciandogli una gestione non impeccabile dell’emergenza e un ritardo sui vaccini. Insomma, stiamo per rivivere lo scontro al fulmicotone della calda, indimenticabile, estate del 2019, quando Salvini provò a buttare giù Conte e questi, ‘grazie’ all’aiuto inaspettato di Renzi, ribaltò la situazione e lo sconfisse. Con una piccola differenza: fa un freddo cane, siamo già quasi all’inizio del 2021 e una terribile, pestilenziale, pandemia da Covid 19 infetta l’Italia, l’Europa, il Mondo. Una crisi di governo adesso? Rob’e’ matt’, come si dice a Milano.