‘Stallo alla messicana’ per la crisi di governo. Conte e Renzi pronti al duello finale, il Pd minaccia le urne

‘Stallo alla messicana’ per la crisi di governo. Conte e Renzi pronti al duello finale, il Pd minaccia le urne

6 Gennaio 2021 1 Di Ettore Maria Colombo

Lo ‘stallo alla messicana’ della crisi di governo non prelude a niente di buono. Renzi e Conte restano fermi. Solo che ora il Pd minaccia il voto e Iv la sfiducia. Eccetto l’M5s, che non sa cosa dire, tutti si muovono. E anche il Colle si prepara ad entrare in campo. In appendice, le possibili soluzioni della crisi

Stallo alla messicana

Tutti abbaiano nessuno morde con lo stallo alla messicana

Il ‘Giudizio Universale’ incombe sulla Politica italiana

Il Giudizio universale de sica sordi

Il film di De Sica, Il Giudizio Universale

Se non fosse per la pioggia, che batte incessante sui tetti di Roma. Se non fosse per quel cielo plumbeo, da Grande Nord, che fa sembrare la Città Eterna triste e brutta come una Bruxelles qualsiasi. Se non fosse per quell’atmosfera da ‘piena’ del Tevere che, in questi giorni, sembra il Nilo, o il Rio delle Amazzoni, s’ingrossa e muggisce e minaccia di rompere gli argini e di tracimare ed esondare fuori dal letto (ma poi non lo fa). Ecco, se non fosse per quest’aria mefitica e asfittica, da pre Giudizio Universale (così terribilmente simile a quello del film, ormai dimenticato ma bellissimo, diretto da Vittorio De Sica con attori del calibro di Sordi, Gassman, Manfredi, Stoppa, Rascel, etc.) che inzuppa e avviluppa l’intera classe politica italiana in un giudizio – quello dei posteri, si capisce – che sarà terribile, ci sarebbe quasi da buttarla sul ridere. Si potrebbe paragonare la crisi di governo alle – caotiche, patetiche e confuse – ‘cartine’ colorate con cui un governo in disfacimento e liquefazione vorrebbe, in men di una notte, ridipingere l’Italia: oggi due giorni di ‘rosso’ per tutti (rischio urne?), poi un bel week-end ‘giallo’ per il Paese (Conte ter?), infine la possibilità di un altro week ‘arancione’ (semplice rimpasto?). insomma, un vero caos.
Come quello della scuola: quando si riapre? Il 7, ovvio! (va tutto bene, il governo regge). Macché, il 14/15, se va bene (si va al Conte ter, e via col valzer dei ministri!). Ma non se ne parla proprio prima di fine mese! (Elezioni! Elezioni!). Ecco, proprio come delle decisioni di un governo che, di fatto, non c’è più, non sta più insieme e litiga su tutto (piano vaccini, riapertura di scuole, nuovo decreto Covid), così, della crisi di governo, ormai non ci si capisce più niente, o quasi. Occorre, dunque, mettere un po’ ordine.

 

Il giro di poker è arrivata alla mano finale: chi bluffa?

Il giro di poker è arrivata alla mano finale: chi bluffa?

Il giro di poker è arrivata alla mano finale: chi bluffa?

La sensazione, a guardare la giornata di ieri, è che stavolta tutti brancolano nel buio: cronisti smaliziati, big di partito, ministri di peso, parlamentari di lungo corso, addetti ai lavori di ogni risma. “E’ una partita di poker dove bisogna solo capire chi ha il punto in mano e chi sta bluffa” dice uno. “E’ come le schedine del vecchio Totocalcio quelle domeniche in cui tutte le grandi sembravano deboli. Una situazione da 1-X-2” dice un altro.”

il grande bluff

Chi sta ‘bluffando’? Renzi, Conte, il Pd, Di Maio o, forse, meglio, tutti i diversi protagonisti insieme?

Insomma, chi sta ‘bluffando’? Renzi, Conte, il Pd, Di Maio o, forse, meglio, tutti i diversi protagonisti insieme? Tutti, sì, tranne uno, il Colle, dove il Giocatore è persona assai seria, che non ama né il poker né le improvvisate né le sceneggiate, pronto a far pagare un caro e salato prezzo a tutti i ‘giocatori’ che, in questi giorni, hanno ‘giocato’ il loro gioco infischiandosene del contesto: l’Europa che, Paese dopo Paese, si chiude in lockdown sempre più serrati; il Recovery Plan e la commissione Ue, sempre più irritati e nervosi, nei confronti dell’Italia;  i mercati internazionali, pronti a rialzare la testa e colpirci con la speculazione dura. Ma mentre il Colle fa ‘sfogare’, ancora per pochi giorni, gli ‘apprendisti stregoni’ che giocano con la crisi di governo, poi chiamerà la fine della ricreazione e dirà, secco, la sua, i protagonisti della crisi, parlano, più o meno in chiaro, tutti.

mattarella sergio

Il Presidente Mattarella

E, dunque, chi bluffa? Renzi, sicuro – come ripete ai suoi – che “tanto a votare non si va. Conte si è ringalluzzito? E’ di nuovo tentato di sfidarmi in Parlamento? Lo faccia, così ci divertiamo. Si troverà di fianco lady Mastella e poco più. Dovranno accettare le mie condizioni, e cioè il Conte ter, con un ampio valzer di poltrone, oppure si fa il governone, quello di tutti che, fino a oggi, tutti dicono di non volere”.

Chi bluffa? Conte, che ‘non si fida’ di Renzi e teme che, una volta che finisce nelle forche caudine del passaggio di una crisi formale (dimissioni-reincarico-nuovo governo) Renzi, ma anche altri, gli facciano lo ‘scherzetto’ di non indicare, al Colle, il suo nome, dunque di esser fatto fuori, e che quindi torna a essere tentato dalla prova di forza che, specie al Senato, rischia di finire davvero male per lui?

Oppure bluffa il Pd che, ancora a ieri sera con Orlando, ora fa la voce grossa e, dopo aver ‘scaricato’, di fatto, Conte, per giorni interi, voltandosi dall’altra parte, ora fa sapere, a pié fermo, stile pelide Achille (sic) che “dopo il Conte bis non ci sono altri governi, solo le elezioni anticipate”? Al di là del fatto che lo scioglimento delle Camere non è nella disponibilità del Pd, ma nelle – solide e sicure – mani del Colle, quando si andrebbe a votare, di grazia? A febbraio? A marzo? Ad aprile? In piena pandemia e/o terza ondata? Col Rosatellum? Ma se non si riesce a trovare una data neppure per indire le elezioni regionali in Calabria, che vengono spostate di mese in mese! (forse si vota ad aprile). E nel frattempo, chi governo? Un governicchio elettorale? E chi lo nomina, Mattarella? Per far contento il Pd e basta?

Goldrake

I futuri governi, Goldrake et all

Oppure bluffa Di Maio e il M5s che continuano a dire che, loro, di un Conte ter e/o di un rimpastone neppure vogliono sentir parlare perché al massimo sono disposti a concedere pochi ‘ritocchini’ all’attuale squadra di governo, il famoso ‘rimpastino’? E i 5Stelle la reggono davvero la via delle urne anticipate che va predicando l’alleato di governo oppure non finirebbero per votare anche il governo ‘Mazinga’ o ‘Jeeg Robot’ o ‘Goldrake’ pur di non andare al voto e di finire falcidiati, nella prossima tornata elettorale?

Una giornata nervosa e passata in un (apparente) stallo

una giornata nervosa

Una giornata nervosa e passata in un (apparente) stallo

Niente, nessun contatto”. A sera da Italia Viva confermano – anche un po’ sconfortati e parecchio preoccupati – che la giornata non ha portato novità nel confronto con il premier. Uno stallo, insomma, di quelli ‘alla messicana’, però, dove prima o poi qualcuno spara e tutti gli altri finiscono uccisi. Certo, uno stallo che potrebbe sbloccarsi nelle prossime ore o forse nei prossimi giorni quando dovrebbe essere convocato il tanto famoso quanto molto temuto cdm sulla bozza del Recovery Plan, quello che, per Renzi, se non sarà cambiato nulla, rappresenta il D-Day o il redde rationem: dimissioni delle ministre di Iv e apertura formale della crisi. Insomma, il patatatrac. Per evitarlo si lavora, un po’ tutti, ma alcuni con maggiore e altri con minore convinzione. Sarebbe in dirittura di arrivo, dicono fonti della maggioranza, una nuova – l’ennesima – bozza e il tavolo con i partiti gestito da Roberto Gualtieri e Enzo Amendola (i due ministri che, da settimane e mesi lo hanno scritto, poi limato, poi cambiato, poi stravolto, poi riscritto, etc.) avrebbe portato a diversi aggiustamenti nel senso delle richieste avanzate dai renziani e non solo loro, pure dal Pd.

Ma non è la bozza del Recovery la pietra dello scandalo

La pietra dello scandalo

La pietra dello scandalo presente nella Loggia del Mercato Nuovo, a Firenze (popolarmente è conosciuta come la Loggia del Porcellino)

Ma non sarà la sola bozza del Recovery lo snodo della crisi che si trascina da giorni, anzi da settimane, dentro la maggioranza. E da Iv la spiegano così: “Noi abbiamo consegnato a Conte un documento politico prima di Natale. Ci ha detto che per la parte sul Recovery l’avrebbe gestita Gualtieri e sul resto ci saremmo visti ai primi di gennaio. Ora non sappiamo quanto duri ‘l’inizio di gennaio’ per il premier, noi aspettiamo risposte. Forse il presidente del Consiglio è impegnato a fare telefonate ai senatori…”, è la postilla che allude ai famosi ‘Responsabili’ che il premier prima ha cercato, poi non ha trovato e sembrava si fosse arreso a non cercare più e che, ora, invece, ri-cerca ancora. Insomma, il premier – che, come si sa, di Renzi non si fida – è tentato di cadere nella ‘sindrome di Prodi’ che, per ben due volte, nel 1998 come nel 2008, decise di sfidare la sorte e andare a ‘cercar la bella morte’ in Parlamento, alla caccia di voti che, palesemente, non aveva. In realtà, all’epoca, lo sapeva bene Prodi e lo sapeva pure il suo colonnello che gli teneva i conti, Arturo Parisi, ma quelli – ulivisti tutti di un pezzo, uomini di altra tempra e di altri tempi – volevano ‘cadere’ in Parlamento perché convinti ‘parlamentaristi’, estranei e avulsi da ogni logica di Palazzo (alla D’Alema, alla Mastella, alla Bertinotti e chi più ne ha ne metta…). Ora, invece, il premier attuale crede davvero a falsi miraggi e cioè di poter sostituire Iv con un pugno di ‘straccioni’.

Morale, quel Conte che nei giorni scorsi aveva aperto ad un rimpasto, era disposto al confronto, ora è di nuovo tentato dal ‘piano B’, ovvero quello di andare al Senato per capire se ci sono i numeri di una maggioranza ‘diversa’ e senza Iv.

I macigni sulla strada della nuova ‘tentazione’ di Conte, quella di fare il duro con i Responsabili: il Colle e il Pd

strada sbarrata

Una strada sbarrata, non percorribile

Ma la strada della ‘sostituzione’ di Iv con i Responsabili è una strada che è stata già sbarrata, oltre che dai numeri (che non ci sono proprio, specie al Senato, per Conte), da due macigni decisivi: il Colle, che non vuole un governicchio, e il Pd. Per ambienti parlamentari dem, è un’opzione che non solo non è percorribile, come si ribadisce, ma che ormai viene giudicata nei fatti “inesistente”. Invece, i renziani non escludono che Conte continui a essere tentato dalla prova di forza in Parlamento e, sardonici, lo sfidano a provarci: “Trovi un’altra maggioranza e noi andiamo all’opposizione. Se invece non vuole fare a meno di Italia Viva, ci si confronti”. I contatti diretti tra Renzi e Conte sarebbero (e sono) a zero gradi centigradi, tanto che Renzi già dalla mattinata di ieri, con la sua Enews, aveva avvertito: “Non vogliamo poltrone di ministro, siamo pronti a lasciarle”.

Anche dalle parti di Iv confermano che sarebbero stati sondati anche un paio di senatori renziani e che i due parlamentari avrebbero girato il messaggio a Matteo Renzi. La reazione? “Auguri e tanti, tanti Responsabili!” avrebbe detto il leader di Iv. E una fonte qualificata di Iv commenta: “Se così stanno le cose vuol dire che Conte vuole lo showdown, la conta in Parlamento. Lo aspettiamo lì…”.

 Il cdm del redde rationem slitta verso il 7/8 gennaio…

pistola nella fondina

“Se qualcuno ha una pistola nella fondina, poi vuole usarla”

Ma dato che è lo ‘stallo’ il vero rischio, e cioè che si finisca come in un classico film di Sergio Leone (“Se qualcuno ha una pistola nella fondina, poi vuole usarla”), la riunione del Cdm sul Recovery Plan non dovrebbe tenersi domani, il 6 gennaio, come era previsto, ma è stata posticipata almeno a due giorni dopo, tra il 7 e l’8 gennaio. E non si esclude che possa essere preceduta da un confronto tra il premier e la sua maggioranza (con i leader di partito? Non si sa ancora) sul piano da presentare alla Ue, anche se al momento non ci sarebbe ancora un appuntamento fissato. Certo è che quello sarà il giorno in cui tutto sarà già chiaro e sarà tutto deciso.

Il vero tema è uno solo: ‘rimpastino’ o ‘rimpastone’?

rimpasto

Il vero tema è uno solo: ‘rimpastino’ o ‘rimpastone’?

Sullo sfondo resta, ovviamente, il tema rimpasto, -ino o -one che sia. E qui le cose sembrano essere più complicate che la possibile mediazione sul Recovery Plan da trovare. Al di là delle ipotesi e delle voci il dossier sarebbe ancora tutto da scrivere. A partire dallo schema: entrano i leader? Entra Renzi? Ci sarà un vicepremier o due? Quali ministri restano e quali se ne vanno? E il Quirinale cosa ne pensa?

Toccare l’assetto della squadra di governo implica tensioni tra i partiti, ma anche all’interno degli stessi partiti. E poi l’eventuale nuovo assetto passerebbe per le dimissioni formali di Conte e un suo formale re-incarico oppure no? Secondo Iv si tratterebbe di un passaggio obbligato non solo dal punto di vista politico, ma anche ‘tecnico’. “Far dimettere buona parte dei ministri non sarebbe facile… Conte non si fida? E allora perché dovremmo fidarci noi?”. In ballo, per di più, e per assurdo, non ci sono più i nomi della Catalfo (Lavoro), della De Micheli (Infrastrutture) e della Azzolina (Istruzione), cioè delle ministre che hanno fatto e disfatto peggio di tutte, in questo governo (Conte 2), ma dell’incolpevole Lamorgese, un tecnico voluto dal Colle dopo la ‘fase Salvini’ del Conte 1, che ha ben figurato, ma il cui scranno serve agli appetiti dei partiti per un giro di valzer da far girare la testa: Guerini al Viminale, Rosato (o la Boschi…) alla Difesa, due vicepremier a Pd e M5s, etc.

I tweet di Di Maio e Orlando, la Enews di Renzi…

twitter

Comunicati a suon di Twitt

La verità è che nessuno sa come uscirne…”, chiosa un senatore dem di lunga esperienza. E così ecco che, bel bello, fa la sua ricomparsa il ministro degli Esteri e figura forte del M5s Luigi Di Maio che invita alla responsabilità: “C’è una forza di governo (cioè Iv, ndr.) che sta mettendo in discussione il governo così com’è. Io mi auguro che prevalga la responsabilità”. E via Twitter interviene anche il vicesegretario del Pd, Andrea Orlando: “Non invidio affatto chi dovrà argomentare la tempestività di una crisi di governo prodotta in questo preciso momento storico”, scrive di mattina presto. E, in serata rincara la dose.

Il Pd e la logica del ‘meno siamo, meglio stiamo’…

andrea orlando

Andrea Orlando

Orlando avverte, dalle colonne del quotidiano on-line Fan Page che “L’alternativa proposta da Renzi non si capisce qual è. Non abbiamo detto che vogliamo il voto perché ci piace andare a votare in piena pandemia né, oggettivamente, perché la Costituzione dice che si deve votare per forza. Temiamo che le elezioni siano l’unica soluzione possibile per una ragione molto semplice: tutte le altre ipotesi alternative ad una soluzione costruita sulla base dell’attuale equilibrio, pur con i necessari ritocchi, non sono una soluzione perseguibile”. Insomma, un vero warning che risponde alla ‘piena’ che si sta ingrossando, al Nazareno, in queste ore, la cui vulgata è questa: meglio andare a elezioni, e perderle, con il centrodestra, ma poter stilare liste di deputati fedelissimi, grazie al Rosatellum, che andare avanti con questo stillicidio quotidiano. Sottotesto: ‘echisenefrega’ se il prossimo capo dello Stato lo eleggerà la destra. Come direbbe Renzo Arbore, un ‘meno siamo, meglio stiamo’.

renzo arbore

Come direbbe Renzo Arbore, un ‘meno siamo, meglio stiamo’.

Del resto, il Pd – stufo delle fughe in avanti di Renzi – è deluso anche dal premier: si aspettava un passo avanti del presidente del Consiglio per una mediazione, ma non arriva. Sotto traccia i pontieri (Franceschini, Delrio, etc.) stanno lavorando al percorso di una crisi pilotata ma – come spiega un ministro – “nessuno si dimette al buio”. Ovvero prima di un accordo blindato e garanzie ben precise che al momento Italia viva non avrebbe fornito a Conte e al Pd.

La tentazione del ‘governissimo’ fa breccia a destra

Draghi Mario

Mario Draghi

Più che altro, nel magico e magmatico ‘catino bollente’ del Senato, ci si prepara a ben altre eventualità e cioè a quel ‘governo di tutti’ o ‘governissimo’ o ‘governo di salute pubblica’ o ‘governo di responsabilità nazionale’ che, guidato da una personalità forte, fortissima, come Draghi, inizia ad affascinare non solo i transfughi di ogni (ex) partito ma anche il centrodestra. Ieri, ne ha parlato esplicitamente il governatore ligure Giovanni Toti, che eterodirige la piccola componente (tre senatori) di ‘Cambiamo-Idea’ al Senato. La proposta trova consensi nel campo della Lega e di FI, anche se la posizione ufficiale del centrodestra resta quella di un governo della sola coalizione o per il voto anticipato. Ma anche Iv da tempo strizza l’occhio alla ‘soluzione Draghi‘: attende la risposta di Conte e qualora non arrivasse comincerà a ragionare su altre strade. La prima porterebbe ad un governo con la stessa maggioranza ma con un altro premier, nella convinzione che l’M5s non voglia le urne. La seconda è proprio quella di un governo di salute pubblica che possa portare in porto il piano sui vaccini e il Recovery plan, ma prima si devono consumare tanti passaggi formali. Intanto, Pd e M5s continuano a pensare che Renzi non si spingerà fino al punto di causare una caduta di un governo in un momento del genere, con l’emergenza sanitaria in atto e in aumento.

Al settimo giorno di ‘pre-crisi’ non è successo niente…

giuseppe conte

Il premier Conte

E dunque, cosa succederà? Per ora non è successo nulla. Il che non è un bene, anzi: è inquietante. “L’unica novità è che sono passate 24 ore” dice sconsolato un membro del Pd. Siamo entrati, infatti, nel settimo giorno di pre-crisi, ma lo stallo totale del governo acquista improvvisa solidità come un corpo liquido che si trasforma d’incanto in corpo solido. Il Recovery Plan non è ancora pronto. Il ‘rimpastino’ sembra già appartenere al passato, ma il ‘rimpastone’ non prende quota. E sulle dimissioni di Giuseppe Conte, vero obiettivo di Iv, con conseguente crisi pilotata ed eventuale Conte-ter, da Palazzo Chigi filtra a dir poco scetticismo. “Al momento l’opzione non c’è” spiega una fonte che ha dimestichezza con il premier. “Conte non si fida”, appunto.

Il Colle vigila, ma tra un po’ si stufa e deciderà lui

mattarella

Il Capo dello Stato Mattarella

Lo stallo, dopo gli spiragli di trattative dei giorni scorsi, arriva fino al Colle, dove il presidente Sergio Mattarella vigila con crescente preoccupazione. Ma proprio dal Quirinale si ribadisce un assunto: da un lato c’è l’apertura – pur considerandola rischiosa – a un rimpasto e anche al Conte-ter; dall’altro c’è l’indisponibilità a ‘governicchi’ con maggioranze abborracciate o emergenziali o elettorali, etc. La via maestra in caso di crisi, quindi, non è neppure un governo istituzionale (circola, nei Palazzi romani, sempre il nome di Marta Cartabia) ma quella del ritorno alle urne. Anche perché non bisogna dimenticare che è entrata a regime la riforma costituzionale sulla riduzione del numero dei parlamentari e che la leggina per ridisegnare i collegi ed adattarla alla legge attuale, il Rosatellum, è già stata fatta. Insomma, nulla osta al voto, è la fiches (o è anche questo un bluff?) che è pronto a calare sul tavolo il Quirinale…

Il Pd, in scia del Colle, minaccia il voto anticipato

Roma palazzo del bufalo 03 largo del nazareno

Largo del Nazareno, ove ha sede il PD

Ed è una linea con cui il Pd, ovviamente, ci va a nozze, come dimostrano le parole del vicesegretario Orlando che ribadisce che prima di tutto serve “un patto di legislatura”, poi che il ‘no’ a un governo con la destra sovranista resta e che la ferma contrarietà ad una crisi al buio, ma anche la ‘minaccia’ del voto anticipato, sono la stella polare del Pd. Ma mentre al Nazareno si susseguono riunioni, dall’incontro di Zingaretti con il comitato politico a quella di Orlando con i segretari regionali, riunioni in cui i dem chiedono di partire dai contenuti per poi verificare se ci sono le condizioni per una soluzione ‘pilotata’ che faccia nascere un Conte ter, il punto resta quello: al momento, un accordo tra gli alleati su come fare il rimpasto, non c’è. Anche perché, se non si passasse per le dimissioni del premier toccherebbe ai singoli partiti convincere i ministri ‘selezionati’ a lasciare l’incarico. Una sorta di ‘Apprentice’ da caro vecchio Trump (o di Briatore: ‘mi stai diludendo’) dagli esiti imprevedibili. I ministri, infatti, potrebbero rifiutarsi di dimettersi.

Stefano Ceccanti con mascherina

Stefano Ceccanti con mascherina

Come ricorda sempre il deputato dem e costituzionalista Stefano Ceccanti, “sono figure di fatto inamovibili se non per scelta singola e sulle quali si può esercitare solo una moral suasion o una mozione di sfiducia individuale, ma non è questo il caso, altrimenti, senza un nuovo governo, potrebbero dire ‘io resto qua’. E nessuno potrebbe riuscire a convincerli ad andarsene…”.

Conte non si fida di Renzi che non si fida di Conte…

conte renzi

Conte non si fida di Renzi che non si fida di Conte…

Ed è da questo stallo che nasce lo scetticismo del premier per il Conte-ter con un’intesa blindata, una crisi-lampo con dimissioni consegnate al Quirinale e immediato voto di fiducia alle Camere. Un percorso irto di ostacoli che lascia perplesso Conte che temo lo ‘sgambetto’ improvviso. Anche perché ogni volta che Matteo Renzi va in tv e ‘bombarda’ il governo, a Palazzo Chigi si convincono un po’ di più della sua inaffidabilità. Anche ieri il leader di Iv ha parlato di “problema politico” e non “personale” con il premier, elencando tutti i nodi su cui difficilmente cederà: il Mes, il Recovery, la delega ai Servizi, perfino il reddito di cittadinanza. “Se le nostre idee non vi servono, tenetevi le poltrone” è stato l’affondo mattutino. E da Iv fanno sapere che non ci sono stati ancora contatti con Palazzo Chigi. Dunque, i renziani reputano ancora ogni scenario aperto.

Lo ‘stallo alla messicana’ in qualche modo però finirà

fine

Lo ‘stallo alla messicana’ in qualche modo però finirà

Lo showdown, ormai, è sul piatto. A meno che, nelle prossime ore, un vertice tra i leader della maggioranza e Conte che in tanti attendono non sblocchi l’impasse, lo stallo alla messicana finisce sempre allo stesso modo: se qualcuno ha una pistola nella fondina, poi finisce che la usa ma – come insegna sempre Sergio Leone – “quando un uomo con la pistola incontra l’uomo con il fucile, l’uomo con la pistola è un uomo morto”. Resta da capire chi, in questo caso, ha in mano il ‘fucile’. Renzi oppure Conte?

NB: Questo articolo è stato pubblicato, in forma più succinta, il 6 gennaio 2021 su Tiscali.it 


APPENDICE/ARCHIVIO: LE VARIE IPOTESI PER USCIRE DALL’ATTUALE CRISI DI GOVERNO (sintesi di lavoro personale e scheda tecnica dell’Agi)

crisi di governo

Varie ipotesi per risolvere la crisi di governo

 

Governo/1: tutte strade sul tavolo, dal Conte III al voto

In attesa della convocazione del vertice di maggioranza, nelle prossime ore, giungeranno al pettine i nodi che ingarbugliano i rapporti nella maggioranza e nel governo. Diverse, dal punto di vista politico e istituzionale, le strade che si possono percorrere, diversi gli approdi: dal rimpasto al Conte ter, dal governo di unità nazionale alle elezioni.

La premessa è che di crisi di governo si può parlare solo nel momento in cui il presidente del Consiglio viene sfiduciato o si dimette. E che prima di allora il presidente della Repubblica non ha nessun ruolo ufficiale. Il Quirinale può sentire i protagonisti, e lo ha già fatto nelle scorse settimane avendo colloqui con tutti i leader politici oltre che con il presidente del Consiglio; può consigliare, suggerire, mettere in guardia, rammentare i precedenti. Ma non può compiere scelte operative, e tra l’altro l’attuale inquilino del Colle non ha mai amato intervenire se non quando è stato strettamente necessario.

Dopo le critiche di Renzi, ma anche del Pd, del M5s e di Leu, Giuseppe Conte potrebbe accogliere tutte le loro richieste e le fibrillazioni potrebbero rientrare. Per capire se questa strada sarà percorribile bisognerà attendere il vertice di maggioranza, annunciato da Conte per i primi di gennaio, e non ancora convocato. In questo caso il presidente della Repubblica non entrerebbe mai in scena. Conte potrebbe accogliere molte delle richieste dei partiti e tra queste anche un rafforzamento della squadra. Si andrebbe a un rimpasto, cioè all’ingresso di nuovi ministri al posto di altri, e magari anche all’affiancamento a Conte di due vicepremier

 

Governo/2: tutte strade sul tavolo, dal Conte III al voto

In caso di un rimpasto cospicuo, cioè con pedine di peso (dicasteri pesanti) che vengono sostituiti, il Capo dello Stato potrebbe consigliare un nuovo passaggio parlamentare per ottenere una nuova fiducia senza dover però passare da una crisi formale. Nascerebbe così un governo ‘Conte II bis’ e non – si badi bene – un Conte ter.

Se invece Renzi ritirasse la delegazione di Iv dal governo, la crisi sarebbe nei fatti e sarebbe difficile per Conte evitare una crisi formale. Il premier ha detto che vorrebbe andare in Parlamento senza dimettersi per cercare voti con i quali ‘sostituire’ quelli di Iv, ma al netto dell’attuale indisponibilità di molti dei presunti ‘Responsabili’, sarebbe difficile far nascere un nuovo governo senza l’apertura di una crisi formale, sostituendo una forza con un’altra senza passare da una cesura netta dal punto di vista istituzionale.

Conte dovrebbe quindi molto probabilmente salire al Quirinale per rassegnare le dimissioni, potrebbe avviare consultazioni proprie per verificare se la crisi può rientrare. Italia viva potrebbe sostenere il Conte Ter dopo un corposo ricambio dei ministri o dell’intera delegazione di Iv, ma continuare a sostenere il governo con un appoggio esterno (cosa che perà Renzi ha escluso) o ancora decidere di far mancare la sua fiducia. In quest’ultimo caso la crisi sarebbe conclamata e si dovrebbero aprire le consultazioni del presidente della Repubblica. La crisi potrebbe risolversi positivamente se si desse vita a un nuovo governo.

Sul tavolo le possibilità sono la nascita di un Conte III se al posto di Iv entrasse una nuova forza di maggioranza o se i ministri cambiassero in modo così radicale da costringere Conte a passare per dimissioni-reincarico-nuova fiducia. O anche un governo con la maggioranza attuale e un premier diverso, dem o 5 stelle, magari Franceschini o Guerini.

Oppure la nascita di un governo di larghe intese guidato da un’altra personalità (alcuni fanno il nome di Mario Draghi, anche se il diretto interessato non ha ancora fatto sapere nulla ufficialmente sulla sua eventuale disponibilità, altri di Marta Cartabia nel caso di un governo soltanto elettorale).

Difficilmente ci sarà un governo del presidente perché Mattarella ha più volte fatto sapere di non amare questo tipo di esecutivo. La responsabilità di governare deve avere sede a palazzo Chigi con il sostegno del Parlamento. Se le trattative per far nascere un nuovo governo si trascinassero per troppo tempo, infine, sarebbe anche difficile contrastare l’obiezione che l’attuale Parlamento non è legittimato a proseguire la legislatura e lo scivolamento verso elezioni anticipate potrebbe prendere corpo. Il voto in primavera – con l’attuale sistema elettorale e il taglio dei parlamentari a regime – resta dunque una possibilità sul tavolo, nonostante la situazione non la consigli tra le scelte da preferire.