#Enricostavoltastasereno: Letta pronto a rientrare da Parigi per ‘salvare’ il Pd con l’accordo di (quasi) tutti i big

#Enricostavoltastasereno: Letta pronto a rientrare da Parigi per ‘salvare’ il Pd con l’accordo di (quasi) tutti i big

10 Marzo 2021 0 Di Ettore Maria Colombo

Ove mai il segretario fosse lui, però, altro che primarie aperte e ‘reggenza’ in attesa del congresso. Avrebbe “pieni poteri” e traghetterebbe i democrat all’elezione del Capo dello Stato e a fine legislatura in stretta sintonia con Draghi e con il Colle. Ma non è ancora fatta, la sua nomina. Enrico IV, per ora, resta dov’è, cioè a Parigi, che, come si sa, “val bene una messa”… Le maggiori aree interne al Pd passano ore febbrili e nervose alla ricerca di un accordo che non si trova. I nomi sono stati bruciati, in meno di una settimana, tutti/e, uno dopo l’altro… Intanto, dalle Sardine a Rocco Casalino a Concita de Gregorio lo sport preferito altrui resta deridere ed irridere il povero Pd

 

Nb: L’articolo è pubblicato, in forma molto più succinta, sulle pagine del Quotidiano nazionale del 10 marzo 2021

Enrico Letta è “preoccupato” per le sorti del Pd (e del Paese) 

Letta Mattarella Draghi

Enrico Letta, Mario draghi ed il presidente Mattarella

Di sicuro, come spiega chi ieri, nel Pd, lo ha sondato, “Enrico è preoccupato” per la situazione in cui versa il Pd, partito che ritiene “un partito architrave” del governo Draghi – premier con cui ha un rapporto di stima antico e molto solido e governo che ha saluto con immediato e caloroso favore – come per la drammatica situazione pandemica, sociale ed economica che morde ai calcagni il nostro Paese. Ma non chiede “pieni poteri”, come dice l voce che  girava ieri, anche se è impensabile possa essere un “re Travicello”. Se Enrico Letta mai diventerà segretario del Pd, grazie all’accordo tra tutte (o quasi) le correnti sul suo nome, è chiaro che la sua sarebbe una segreteria perfettamente ‘piena’ e pienamente ‘operativa’. Una guida politica e organizzata salda e sicura – molto probabilmente affiancato da un vicesegretario donna che non si limiterebbe a vedergli svolgere il compito del ‘reggente’ o del ‘passacarte’ che deve solo limitarsi a ‘scaldare la sedia’ e accompagnare il partito e al congresso (via lavacro delle primarie nei gazebo), ma molto più oltre.

Affidare la segreteria dei dem a Enrico Letta vuol dire traguardare il Pd alle elezioni amministrative che si terranno in autunno, ma anche alle elezioni per il nuovo Capo dello Stato (febbraio 2022), a eventuali elezioni anticipate e, di fatto, alla fine della legislatura e al mandato naturale dell’incarico da segretario. Due date che, prefissate a marzo 2023, forse non casualmente da tempo coincidono.

Il “metodo Draghi” di Letta, se diventasse segretario del Pd

Luigi Enaudi

Luigi Einaudi

Insomma, dato che Letta – come ha dimostrato quando era a capo di un governo di ‘larghe intese’ il metodo Draghi (“conoscere per deliberare” direbbe un vecchio liberale come Luigi Einaudi: del resto, si può anche dire che, tra Draghi e Letta, quello più a ‘destra’ sia Letta e non Draghi…) lo conosce e lo ha sempre applicato, nei suoi studi come al governo – i due, premier ed ex premier, viaggerebbero sulla stessa lunghezza d’onda.

Ceccanti Stefano

Stefano Ceccanti

La segreteria Letta sarebbe, cioè, perfettamente ‘allineata’ con la linea del governo Draghi di unità nazionale e con tutte le ultime scelte del Colle dove, come sa bene chi ne conosce ogni piega dell’animo, come il professor Stefano Ceccanti, sarebbero perfettamente favorevoli all’operazione al grido di “immettiamo il metodo Draghi anche nel Pd, in corpore vili, e vediamo l’effetto che fa...”. 

Gianni e Maddalena Letta

Gianni e Maddalena Letta

Ma Enrico Letta -discreto e riservato quanto lo zio Gianni – spiega – a chi lo conosce bene e con lui parla, cioè non più di tre persone, se e quando si occupa di cose italiche – che non è esatto descriverlo “lusingato” che si faccia il suo nome come segretario ‘unificatore’ di un Pd di cui è stato tra i padri fondatori, ma solo di essere molto “preoccupato”, come si diceva, delle condizioni in cui il Pd versa.

I molteplici impegni internazionali di Enrico lo ‘studioso’ 

enricostaisereno

Matteo Renzi, ed Enrico Letta con il famoso hastag #Enricostaisereno

Letta fa anche notare, però, di “avercelo già un lavoro” e di vivere – peraltro da molti anni – in una “dimensione molto gratificante”. Insomma, l’ex premier ci tiene far sapere che è pieno di impegni. Impegni professionali e dottorali multipli, peraltro. Ieri, per dire, ha passato la sua giornata a Parigi, come al solito, tra lezioni alla Grande Ecole Sciences Po di Parigi, dove insegna dal 2015, e video-conferenze su Zoom in merito alle nuove proposte sulla didattica ai ragazzi del presidente Macron.

Insomma, da quando fu defenestrato, e in modo brutale, da Matteo Renzi, con il famoso hastag #Enricostaisereno, dal governo (febbraio 2014) che guidava, l’ultimo governo di larghe intese’ che abbia preceduto quello Draghi, e governo voluto da Napolitano, che contribuì con Renzi a disarcionare l’ex enfant prodige della Dc-PPI-Margherita-Pd, ultimamente su posizioni ‘di sinistra’, 

beniamino andreatta

E così ecco che si scopre che Letta ha assommato diversi incarichi, tutti prestigiosi, ma sempre fuori dai ‘confini’ italiani come dai ‘confini’ del Nazareno. Letta è, da tempo immemore, presidente dell’Arel, il centro studi tutto italiano fondato dal suo mentore, Beniamino Andreatta (ex Dc, ministro alle Finanze nei governi di pentapartito), ha lanciato una scuola politica sui temi europei, l’Academie Notre Europe, fa parte del Comité Action Publique 2022, una Commissione pubblica per la riforma dello Stato e della Pa che è stata voluta da Macron, fa parte di strutture multilaterali e internazionali – come la Trilateral e l’Aspen, di cui è vicepresidente – ritenute alla stregua del ‘Carbon Demonio’ dai complottisti di mezzo Mondo…

Una tessera del Pd prima stracciata e poi ripresa, a Testaccio

letta fregonara

Enrico Letta e la moglie Gianna Fregonara

Certo, è tanto tempo che Letta, tranne qualche intervista e qualche presa di posizione sui grandi temi (disse sì, per dire, nel referendum promosso dal governo Renzi sul referendum costituzionale), non fa più politica attiva interna ai dem. Non è più parlamentare, non ha alcun incarico di rilievo. La tessera del Pd, non appena Matteo Renzi ne divenne segretario, Letta l’aveva persino stracciata, e annunciandolo, ma, quando l’attuale segretario dimissionario, Zingaretti, lanciò la sua corsa, con l’iniziativa Piazza Grande, a fine 018, l’aveva ripresa e, al congresso, Letta votò per lui, per Zinga. Da allora in poi i ‘compagni’ della sezione romana di Testaccio, dove Letta abita insieme alla moglie, Gianna Fregonara, cronista politica del Corriere della Sera, e i loro due figli sanno che prende parte, quando può, alla vita interna del partito. Come Zingaretti ‘sa’ bene quanto Enrico gli è stato vicino.

E i ‘lettiani’? Praticamente non esistono più…

Marco Meloni

Marco Meloni

Invece, gli amici ‘romani’ di Enrico Letta sono pochissimi i lettiani, che già erano una corrente piccola, non esistono più, e da tempo. Alcuni, come Marco Meloni e Francesco Sanna, entrambi sardi, non sono più stati ricandidati da Renzi, nel 2018, e ovviamente non più difesi da nessuno.

anna ascani

Anna Ascani

I lettiani un po’ glamour e di qualche seguito per lo più hanno ‘tradito’ Letta. Andarsene con Renzi, e poi persino con Zingaretti è stato il loro motto. Come l’attuale vicepresidente del partito, Anna Ascani, e Paola De Micheli, che è diventata persino ministro perché passata con Zingaretti, oppure hanno preferito mettersi in proprio sviluppando la sindrome di Napoleone come Francesco Boccia. 

Paola De Micheli

Paola De Micheli

Ieri, chi ci ha parlato voleva descrivere “una giornata normale”, per Letta. Ma il già fondatore del Pd, già candidato alla sua segreteria nel 2007, già big del PPI e, poi, della Margherita, già vicesegretario Pd della segreteria Bersani (2009-2014), ieri, non ha passato certamente una giornata ‘normale’.

La bomba scoppia nel Transatlantico di Montecitorio…

Montecitorio_aula

Un particolare del Transatlantico di Montecitorio

Il piccolo particolare che l’ha sconvolta, anche se ‘da remoto’, la sua giornata, scoppia, ieri pomeriggio, nel bel mezzo del Transatlantico di Montecitorio, come una bomba deflagrante. L’ipotesi che inizia a circolare in quelle che si usano chiamare ‘fonti’ parlamentari (colonnelli e sergenti di vari partiti ansiosi di spifferare ai giornalisti…) e che l’agenzia Ansa raccoglie e rilancia con le stimmate dell’autorevolezza dicono che proprio Letta può diventare il nuovo segretario che il Pd eleggerà, domenica prossima, in seno alla sua Assemblea nazionale chiamata a tale compito.

Assemblea che durerà un giorno solo, e non due, come previsto, e che sarà svolta sotto forma di webinar, cioè da remoto. Ci vorrà del buono e del bello per far votare, senza polemiche e con trasparenza, oltre mille delegati aventi diritto di voto, regolare gli accessi (via piattaforma Zoom) degli oltre trecento invitati (gruppi parlamentari, big, ex, etc.) che spesso solo in queste occasioni si ripresentano, per non dire delle centinaia di giornalisti, fotografi, cameramen che, come sempre, si accreditano per eventi come questo. Un totale, dunque, di 1500 persone stimabili, almeno, che rischia di diventare presto ingestibile e di procurare panico e caos, ad esempio con un attacco hacker di disturbatori professionisti che, al Nazareno, già temono e tremano molto, al pensiero.

La caotica Assemblea nazionale di domenica 14 marzo. Gli attacchi scomposti e volgari al Pd di tanti soggetti ‘esterni’

assemblea nazionale pd

Assemblea nazionale del 13 e 14 marzo 2021

Di sicuro, però, se non si trovasse l’intesa delle maggiori correnti sul nome di Letta, l’assemblea potrebbe persino slittare, almeno fino alla settimana successiva, prolungando l’agonia di un partito in crollo verticale nei sondaggi come, soprattutto, nella sua credibilità, ogni giorno più villipesa.

movimento delle Sardine

Partecipanti del movimento delle Sardine

Infatti, che siano le Sardine che si ‘accampano’ sotto la sede del Pd e la occupano in barba a tutte le più elementari regole di distanziamento sociale e divieti di spostamento, come è successo una settimana fa, eppure suscitando il genuino ‘entusiasmo’ della dirigenza dem zingarettiana che ne esalta il ruolo purificatore e salvifico per rigenerare il Pd anche se, le Sardine, sono mesi che lo insultano e deridono.

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Rocco Casalino

Che sia Rocco Casalino, ex portavoce dell’ex premier Conte che, bontà sua, definisce Zingaretti e Franceschini “persone leali e buone” (almeno per quanto riguarda ‘Giu-Dario’ definirlo ‘buono’ e soprattutto ‘leale’ è una litote). Che si tratti di ‘intellettuali’ a la page e/o radical chic come Concita De Gregorio, ‘firma’ di Repubblica, che da giorni passa di salotto in salotto (televisivo) per insultare il Pd, sostenendo, in pratica, di farne parte (il che, invero, non è) con frasi come “Ingrao e Macaluso avevano un pensiero, un’idea del Mondo, ci insegnavano a ‘volere la Luna’! Quale idea del Mondo hanno Guerini e Orlando, quale?!” .

concita de gregorio

Concita De Gregorio

In verità. vi dico, che un’idea del mondo, sia Guerini e Orlando ce l’hanno, e posso testimoniarlo, solo che la ‘Conchita’ è troppo impegnata in cocktail e premiere o in comparsate tv per accorgersene e riuscire a capirla). Insomma, chiunque parli e ovunque si giri, il Pd prende ‘schiaffi’. Sonori schiaffoni, e sberleffi, e fanno assai male.

Zingaretti Nicola

Nicola Zingaretti

Non che il Pd non ci metta del suo a farsi dir male da altrui. Prendi, appunto, il ‘caso’ di fattispecie, il nuovo segretario. Da due settimane, da quando si è dimesso il buon Zingaretti (troppo buono, e troppo modesto, per fare il segretario, si spera che Zinga, dopo alcuni mesi passati nell’agro pontino a fare il Cincinnato, si dimostri abbastanza immodesto da ambire a fare il sindaco di Roma, mestiere per cui è, invece, assai tagliato, come dimostra il suo buongoverno in Lazio), i maggiorenti delle correnti dem non riescono ad accordarsi su un nome univoco e unitario. Ogni giorno sfogliano un petalo e ogni giorno quel petalo sparisce.

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Anna Finocchiaro

Finocchiaro, Pinotti, Serracchiani, Fedeli vengono bruciati sul fronte ‘mettiamo una donna, così ci facciamo pure bella figura’. Veltroni, Prodi, Fassino vengono consumati al grido ‘chiamiamo uno dei Fondatori come salvatore della Patria’. ‘Troviamo un nome di mediazione in accordo con le correnti’ è il tentativo, politicista e torcibudella, per cercare di uscire dall’impasse’ è il grido di dolore che prorompe da tutte le correnti ma l’accordo non si trova anche quando sembrava davvero a un passo come sul nome della franceschiniana doc Pinotti. Motivo? Garantisce ‘troppo’ le minoranze (Guerini), agli occhi della maggioranza (Zingaretti), quindi non va bene… (sic). 

pinotti

Roberta Pinotti

Insomma, dato che le (tante, troppe) correnti del Pd, come sempre, non riescono a mettersi d’accordo su un nome ‘comune’ che poi, nel caso di Letta, tanto ‘comune’ non è, ecco che arriva la proposta – o meglio il coniglio tirato fuori dal cilindro – che naturalmente è di Dario Franceschini (Area dem) che si accorda con Andrea Orlando (Dems), cioè il ‘centro’ e la ‘sinistra’ interna al Pd. Non sarebbe ostile l’area Zingaretti, che però puntava su altre soluzioni (Anna Finocchiaro o Beppe Provenzano), mentre, al momento, la ‘soluzione Letta’, vede scettici o ‘freddi’ le minoranze interne.

lotti guerini

Lotti Guerini Area Riformista

Cioè, rispettivamente, Base riformista (capitanata da Guerini e Lotti), Giovani Turchi (Orfini) e ‘Faccia a Faccia’ (area Delrio). I quali tre big e loro colonnelli, interpellati, si limitano a dire – all’unisono – che “aspettiamo che la maggioranza ci faccia una proposta. Per ora quelle su Letta, che stimiamo, restano solo delle voci”. Voci che, però, da ieri acquistano sempre più consistenza.

bonaccini stefano

Stefano Bonaccini

Stefano Bonaccini, il governatore emiliano più volte indicato come interessato a una corsa per la segreteria in quota minoranza riformista, alla voce su Letta dà un colpo al cerchio e uno alla botte: “E’ un nome autorevole, ma serve un congresso al più presto. Io candidato? Vedremo”. La verità è che, se Letta diventasse segretario, Bonaccini resterebbe fermo ai box per il semplice motivo che il congresso anticipato e le primarie aperte che si portano dietro non ci sarebbero affatto fino al 2023. 


APPENDICE.

Sondaggio Swg per Tg La 7: il Pd, un partito in caduta libera

Pd boh

Il dramma nel Pd

Sono due i fattori scatenanti che hanno provocato la crescita del M5S e il crollo del Pd nei sondaggi: l’ufficialità della leadership di Giuseppe Conte nel Movimento e l’annuncio delle dimissioni di Nicola Zingaretti da segretario nel Pd.

giuseppe conte

Giuseppe Conte

Dal sondaggio settimanale dell’istituto Swg per il TgLa7, pubblicato ieri sera durante il consueto tg condotto da Enrico Mentana, lo scenario politico sta cambiando velocemente: in una settimana i grillini sono tornati al secondo posto (al primo c’è sempre la Lega) mettendo la freccia e ri-superando anche Fratelli d’Italia, mentre il Partito democratico crolla di quasi due punti (-1,9%), posizionandosi sotto il partito di Giorgia Meloni.

Meloni

Giorgia Meloni

Lega al primo posto, M5S al secondo. Crollo del Pd

Salvini Matteo

Matteo Salvini

Per la Lega non cambia molto, resta poco sopra al 23%. La sorpresa arriva dal M5S che, con un balzo di circa un punto e mezzo (+1,4) torna sopra al 17%, assestandosi al secondo posto e ri-sorpassando Fratelli d’Italia (16,8, -0,2% nell’ultima settimana). Il Movimentoruba punti al Pd che si ferma al 16,6%, perdendo circa 2 punti (-1,9%) nella settimana delle dimissioni di Nicola Zingaretti.

I partiti piccoli: Renzi finisce sotto Calenda e Fratoianni…

renzi consultazioni quirinale crisi di governo

Renzi Matteo

Dopo Lega, M5S, Fdi e Pd, seguono i più piccoli. Stabile Forza Italiaal 7% e Azione di Carlo Calenda che resta vicina al 4%. Sale di poco invece Sinistra Italiana di Nicola Fratoianni al 3% (+0,3%), segue Articolo 1 di Pierluigi Bersani e Roberto Speranza intorno al 2% (+0,2). Continua a perdere punti e quindi consenso Italia Viva di Matteo Renzi che scende al 2,5% (-0,3), mentre migliorano +Europa(2,3%, +0,3) di Bonino e i Verdi (2,1%, +0,2). Per Italia Viva un risultato davvero disastroso.