E’ l’ora dei ‘Draghetti’. Benedetto dal Colle, oggi Enrico Letta scioglie la riserva: sarà il nuovo segretario del Pd

E’ l’ora dei ‘Draghetti’. Benedetto dal Colle, oggi Enrico Letta scioglie la riserva: sarà il nuovo segretario del Pd

12 Marzo 2021 1 Di Ettore Maria Colombo

E’ l’ora dei ‘Draghetti’. Con la benedizione del Colle, oggi Enrico Letta scioglie la riserva e si candida ufficialmente a segretario del Pd. Sarà incoronato leader dei democrat domenica dall’Assemblea nazionale con la benedizione di tutti i big e di tutte le correnti. La sua sarà una leadership autonoma e autorevole, senza vincoli politici o temporali

Letta

E’ l’ora dei ‘Draghetti’. Benedetto dal Colle, oggi Enrico Letta scioglie la riserva: sarà il nuovo segretario del Pd

NB: Questo articolo è stato pubblicato , in forma più succinta, il 12 marzo 2021 sul sito di notizie Tiscali.it

“Tutti pazzi per Enrico”. Il sì unanime e fariseo del Pd a Letta

Enrico Letta

“Tutti pazzi per Enrico”. Il sì unanime del Pd a Letta

Come nel famoso film hollywoodiano “Tutti pazzi per Mery“, dove tutti gli uomini impazzivano per l’attrice Cameron Diaz, nei panni della protagonista – bellissima quanto imbranata – Mary, da giorni, dentro il Pd, si dicono tutti pazzi per Enrico Letta. Da quelli che sono all’estremo opposto della sua visione del mondo (la gauche extreme dei vari Provenzano, Boccia, per non dire di Andrea Orlando) fino a quelli che, l’altro ieri lettiani, poi renziani, poi zingarettiani, lo hanno tradito cento e una volte ma che, oggi, vorrebbero tutti ‘tornare a casa’ (la Ascani, la De Micheli, sempre lui, Boccia) da Enrico, per non dire di quelli che, ier l’altro lo hanno accoltellato e defenestrato dal partito e dal governo (gli ex renziani, ma anche Delrio, Franceschini, la sinistra interna medesima) e che, oggi, ma solo oggi, riscoprono in ‘Enrico’ le virtù dello statista ‘di livello europeo’, del ‘leader di cui abbiamo bisogno’, etc 

Insomma, ieri, nel Pd, è stato il giorno della ‘fiera della vanità’ e, soprattutto, di un’asfissiante fiera dell’ipocrisia. Fino a pochi mesi fa, Letta era uno ‘sfigato’ che ‘è scappato’ a Parigi a fare lezione (ce ne fossero, dentro il Pd, tanti capaci di tenere lezioni non all’università ma alle scuole medie…), oggi è il ‘salvatore della patria’, il ‘Condottiero’ che ci guiderà nella foresta e sconfiggerà i Nemici, etc.  

Letta sa tutto, vede tutto e ricorda tutto. Ha una memoria da elefante e una signorilità innata che, nel suo ultimo libro, gli ha fatto persino ‘ringraziare’ Matteo Renzi che “da quando mi sono dimesso mi ha regalato il periodo più bello della mia vita, ricco della ricchezza di insegnare e vivere la vita”. Ma detto questo, tutto è tranne che uno sprovveduto. Sa cosa deve chiedere e a chi deve chiederlo. 

Le richieste di Letta: libertà d’azione e zero vincoli temporali

Enrico Letta

Le richieste di Letta: libertà d’azione e zero vincoli temporali

Agibilità politica e un orizzonte abbastanza lungo per cambiare davvero le cose. Ovvero: confronto interno anche duro ma basta con le logiche correntizie esasperate, e congresso (per la leadership) a tempo debito. Le quarantott’ore di riflessione che Enrico Letta si è preso per decidere se accettare la segreteria del Pd scadono venerdì mattina. Ma queste sono le due condizioni “strategiche” già veicolate al gruppo dirigente del Pd, in vista dell’assemblea di domenica. Dove si va verso un sì praticamente unitario: compresa Base Riformista, la corrente di Lorenzo Guerini e Luca Lotti, e probabilmente i Giovani Turchi di Matteo Orfini, oggi fuori da tutti gli organismi dirigenziali (entrambe le correnti terranno oggi le loro riunioni di area).

“Donne, dududù”… La Serracchiani rinuncia a correre

debora serracchiani

Debora Serracchiani

E dopo tutto il casino, montato ad arte, dalle donne dem, ecco che esce di scena l’ipotesi di una candidatura femminile con Debora Serracchiani che ringrazia le sue sponsor, ma promuove Letta nel nome dell’unità del partito” mentre la Conferenza delle Donne Democrat che si riunisce stasera chiederà che si prosegua nel solco della battaglia per la parità di genere nel partito, con però fiducia nella storia e nella personalità dell’ex premier. Titti Di Salvo spiega: “Saprà raccogliere i nostri temi”.

Titti Di Salvo

Titti Di Salvo

E così, al netto di alcuni punti ‘politici’ ancora da chiarire prende forma l’intesa complessiva che l’assemblea dei mille delegati domenica sarà chiamata a votare, da remoto e rapidamente, senza gran discussione in quanto eletta a “seggio elettorale per insediare il nuovo leader del partito.

Il tweet di Castagnetti che ha segnato l’eclissi di Zingaretti

castagnetti

Pierluigi Castagnetti

La realtà è che lo spartiacque è stato l’arrivo di Mario Draghi a Palazzo Chigi: con la sua “agenda” – europeista, atlantista, ambientalista – Letta è in piena sintonia. Argomento a cui sono sensibili tanto i componenti della squadra dei ministri dem di governo quanto il Quirinale, dove lo scioglimento della riserva in senso favorevole sarà accolto con sollievo. Al contrario, le dimissioni ex abrupto di Zingaretti avevano suscitato, invece, sconcerto, al Colle, ma non stupore. Anche perché proprio un tweet di Pierluigi Castagnetti – storico e normalmente silenzioso amico di Mattarella – che imputava a Zingaretti la ‘disastrosa’ gestione della crisi del governo Conte bis e i mal di pancia nell’accettare Draghi. Un tweet poco noto e ancor meno commentato, sui giornali, ma che aveva fatto capire al Nazareno quanto il Colle gli fosse ostile, e non da oggi, per come Zingaretti ha ‘gestito’ appunto la crisi di Conte e recalcitrato su Draghi, accelerandone la via delle dimissioni.

La lettera di Zingaretti e le richieste di Enrico Letta al Pd

Enrico Letta e Zingaretti

La lettera di Zingaretti e le richieste di Enrico Letta al Pd

Sullo sfondo, resta l’irritazione (e la preoccupazione) di quelli che vengono considerati “ex renziani”. L’auspicio è che l’ex premier nel suo intervento sigli la “tregua” su questo fronte, con maggior successo di quanto avesse fatto Nicola Zingaretti che al primo scrive una lettera aperta: “Pd centrale da due anni, ma sono tornati i soliti rumori di sottofondo… nessuna proposta politica alternativa, ma un lungo e strisciante lavorio distruttivo… rischiavamo di implodere. Non si poteva andare avanti così”. Ora, scrive il governatore del Lazio, serve un “congresso politico” e un’”assunzione di responsabilità”: “Enrico soluzione più forte e autorevole per prendere il testimone, la sua forza e autorevolezza sono le migliori garanzie per il rilancio di un Pd con profilo adeguato e competitivo” la sua conclusione.

Da parte sua, Letta conosce bene il terreno in cui accinge a muoversi né sottovaluta le difficoltà. Da un lato c’è “il Pd nel cuore” e i tanti messaggi di incoraggiamento. Dall’altro, “un’altro mestiere e un’altra vita”: in particolare, la guida della francese School of International Affairs di SciencesPo che con le sue cure è passata da tredicesima a seconda nel mondo, dopo Harvard, e anche la possibilità di altre cariche internazionali, oltre le controindicazioni del terremotare una quotidianità serena.

Non ha nascosto perplessità ai suoi: la sfida è difficilissima e ruota intorno alla sopravvivenza del Pd ma anche del Paese. Il partito perno del governo non può essere “in frantumi” o “balcanizzato” in rissa perpetua tra correnti. E qui si ritorna al tema dell’agibilità politica: bisogna fermare le faide, le vecchie ruggini tra ex. Se i big non sono disposti – è il succo del ragionamento di Letta con i suoi (pochissimi: la sua storica portavoce e un ex deputato) – scelgano un altro. Questi i ragionamenti che farà in Assemblea, dove non chiederà l’unanimità – consapevole che il problema di fondo del Pd è proprio l’assenza di discussione sui contenuti – ma scelte trasparenti, aperte, nette per una volta.

Letta, dunque, scioglierà la riserva oggi, e in senso positivo. Con un post, o un tweet – o forse anche con una forma di comunicazione molto più tradizionale, come spiegano i pochi ‘amici’ veri che Letta ha  – dirà che se la sente di accettare il gravoso peso che i big dem (tutti, o quasi) hanno chiesto di caricarsi sulle spalle: diventare il nuovo segretario del Pd, ma non un segretario ‘Cireneo’ (alla Zingaretti) o ‘spaccone’ (alla Renzi) o re del ‘ma anche’ (alla Veltroni) o della ‘Ditta’ (alla Bersani).

La sintonia con Mario Draghi è prassi antica e consolidata

Enrico Letta e Mario Draghi

Enrico Letta e Mario Draghi

No, Letta sarà un segretario ‘alla Letta’. Enrico, però, non Gianni, il Conte Zio, detto l’Eminenza Azzurrina, che da sempre sorveglia, assai compiaciuto, le mosse del Nipote. Al massimo, Letta sarà un segretario ‘draghista’, un ‘draghetto’. La sua sintonia con l’attuale premier, Mario Draghi è antica, viene da consolidate frequentazioni comuni (l’Aspen è uno di questi, ovviamente), incontra e incrocia luoghi (il Forum Ambrosetti, la Bce, BankItalia) che entrambi hanno diretto o dove si sentono ‘a casa’ e vede intrecciarsi lo stesso retroterra e background culturale. Insomma, l’attuale premier non potrebbe contare, nel Pd, su un alleato migliore di Letta (Enrico e pure Gianni, ovvio, in Forza Italia), quasi migliore del suo amico Giorgetti (Lega) e di certo superiore a quanto non lo sarà mai Di Maio (M5s) o, ancora peggio, Giuseppe Conte se guiderà il Movimento.

L’antico filo della sinistra giovanile Dc che lega Letta al Colle

Paolo Gentiloni (commissario Ue) e David Sassoli

Paolo Gentiloni (commissario Ue) e David Sassoli

Ma le vere fortune e ‘amicizie’ di Letta stanno al Quirinale. “Letta? – ridacchia un big dem – è più a destra di Renzi, sull’economia come su molto altro e al Nazareno, ormai in smobilitazione, non hanno capito che l’operazione Letta, proprio come l’operazione Draghi, è stata gestita ‘anche’ o forse soprattutto dal Quirinale. Altro che Franceschini!”. Fanfaronate, forse, ma se proprio si vuol trovare il fil rouge che lega l’operazione Draghi e l’operazione Letta nel Pd va cercato altrove. A Bruxelles, dove lavorano Paolo Gentiloni (commissario Ue) e David Sassoli, presidente del Parlamento Ue, che molto hanno cercato Letta e molto gli hanno chiesto di intervenire per risollevare le sorti dem.

Mattarella

Il presidente Mattarella

Come a Roma, al palazzo del Colle più alto della Capitale, dove lavora, come consigliere politico di Mattarella, Simone Guerrini. Pisano come Letta, giovane segretario, dopo Renzo Lusetti (poi passato all’Udc e Margherita) del Movimento giovanile della Dc, che alla fine degli anni Ottanta era egemonizzato dalla sinistra interna alla Balena Bianca, fu lui, Guerrini, a portarsi il suo coetaneo Enrico a Roma e a farne il suo braccio destro operativo. Una nidiata di giovani diccì, quella, che comprendeva anche l’attuale sottosegretario alla Presidenza del Consiglio con delega ai Servizi, ed ex capo della Polizia, Franco Gabrielli. Oltre che, ovviamente, Franceschini – che dirigeva la rivista della ‘giovanile’ democristiana, e molti altri giovani talentuosi. Come Piero Martino (storico portavoce, o meglio ‘portasilenzi’ di Franceschini), Francesco Saverio Garofani (al Colle come consigliere del Capo dello Stato), Alberto Losacco, parlamentare dem, Francesco Sanna (ex deputato del Pd, sardo, lettiano doc, che divenne segretario della giovanile Dc subito dopo Guerrini) In quella nidiata non c’era il pisano Stefano Ceccanti, costituzionalista, allora esponente della Fuci (gli universitari cattolici) e di Azione cattolica, oggi deputato Pd e presidente del Comitato per la legislazione della Camera dei Deputati. Ma il faro politico di tutti loro era e resta Sergio Mattarella.

Letta sta per diventare il nono segretario in 12 anni di vita Pd

Enrico Letta sarà il leader ‘numero nove’

Enrico Letta sarà il leader ‘numero nove’

In ordine temporale e numerico, Enrico Letta sarà dunque il leader ‘numero nove’, ma solo se si considerano, nel conto, oltre ai quattro segretari eletti con le primarie (Veltroni, Bersani, Renzi due volte e Zingaretti) anche i tre segretari ‘reggenti’ (Franceschini, Epifani, Martina) e un ‘pro tempore’ (Orfini) che si sono susseguiti in appena dodici anni di vita del Pd, con un frastagliato e faticoso contorno di diverse batoste elettorali, molti governi appoggiati e ben cinque scissioni.

Un compito, quello che sta per gravare sulle spalle di Letta, che appare davvero faticoso e gravoso. L’ex premier ieri è atterrato a Roma, con un volo da Parigi, ed ha partecipato a due webinar (uno era dell’Arel, il centro studi che presiede). Tra un seminario e l’altro si è sentito al telefono con i tre big principali delle maggiori aree (o correnti) del Pd.

I ‘pour parler’ telefonici di Letta con i big di tre correnti dem

Letta Orlando Guerini Franceschini

I pour parler telefonici di Letta con i big di tre correnti

Dario Franceschini (Area dem), il primo ad aver avuto l’idea e il merito di candidarlo. Andrea Orlando (Dems, la sinistra interna), che ha deciso di fare, in modo intelligente, buon viso a cattivo gioco, deponendo l’ascia di guerra che pure voleva dissotterrare, contro le minoranze interne, che voleva sfidare a un congresso anticipato in cui candidarsi. E, infine, Lorenzo Guerini (Base riformista, che terrà oggi la sua assemblea interna) che ha spiegato a Letta come la richiesta, avanzata da alcuni suoi colonnelli, del congresso anticipato, non era una mossa ‘antipatizzante’, ma una onesta e legittima richiesta partita dai suoi, ma che, ha convenuto, il congresso, prima del 2022 non si potrà fare. Un congresso anticipato che molti zingarettiani (da Bettini a Cuperlo) chiedono, e a gran voce, ma al quale proprio Letta potrebbe presentarsi come candidato – forte della conduzione di un anno e più alla guida del Pd – e pronto a sfidare, vincendo, qualsiasi candidato che vorrà sfidarlo.

“Non sarò un traghettatore né, tantomeno, un re Travicello”

Il re Travicello

Il re Travicello

Ma Letta ha anche chiarito ai big dem che non può essere, e non sarà, né un ‘re Travicello’, eletto in Assemblea come semplice traghettatore verso il congresso anticipato, né un segretario ‘cerniera’ tra le tante (troppe) correnti democrat.

Insomma, se è vero, come è vero, che i big dem offrono, e spergiurano di aver offerto, a Letta “piena agibilità politica” e “un mandato senza limiti temporali”, che non sia il 2023, Letta ha chiarito che alcuni snodi interni nevralgici interni (l’Organizzazione, oggi in mano a Vaccari, gli Enti locali, guidati da Ricci, e la Comunicazione) vuole avocarli a sé, pur costruendo, poi, una Segreteria politica rappresentativa delle aree interne, ma ricca di competenze.

E così, in un confronto e scambio di idee serrato e proficuo, Letta ha ‘rassicurato’ i tre big sulle politics e sulle policies (con Letta al governo del Pd bisognerà iniziare a masticare l’inglese, più che il francese, e studiare noiosi dossier, come già avviene da quando è in sella il governo Draghi…), oltre che su questioni più ‘terra terra’ come posti e poltrone. A tal proposito potrebbe essere Letta – e non certo Conte – il candidato del Pd alle prossime elezioni suppletive che si terranno a ottobre nel collegio di Siena diventato vacante dopo le dimissioni di Pier Carlo Padoan, andato a Unicredit.

Sulle idee, dice un big, “Letta è più a destra di Renzi…”

Guerini

Guerini è stato rassicurato da Letta sulle ‘politiche’ che il nuovo segretario intenderà perseguire

In particolare, Guerini è stato rassicurato da Letta sulle ‘politiche’ che il nuovo segretario intenderà perseguire. Politiche che non saranno certo da ‘pericolosi sovversivi’ di ‘estrema sinistra’, per capirci, sul fronte delle politiche attive del lavoro, sui fondi Ue, come sulla collocazione filo-europea e filo-atlantica dell’Italia. Terreni, questi ultimi, sui quali Guerini (ex renziano) e Letta (anti-renziano doc) hanno e avranno motivi di incontro, più che di scontro. Insomma, se gli anti-renziani e filo-grillini che hanno governato il Pd fino a oggi credevano e credono ancora che sia arrivato “l’angelo sterminatore” di tutti gli ex renziani ancora presenti nel Pd forse dovranno presto ricredersi.