Uppercut al mento. Letta colpisce i capigruppo dem di Camera e Senato che ‘alzano la guardia’

Uppercut al mento. Letta colpisce i capigruppo dem di Camera e Senato che ‘alzano la guardia’

23 Marzo 2021 0 Di Ettore Maria Colombo

Uppercut al mento. Letta vuole imporre due donne ai vertici dei due gruppi parlamentari dem (e ci riesce…)

guantoni da boxe

L’incrocio di guantoni è appena iniziato

Marcucci (di più) e Delrio (di meno) fanno le barricate. Il primo round si gioca oggi, ma l’incrocio di guantoni è appena iniziato. Chi finirà al tappeto? Per ora è Delrio.

simona malpezzi

Simona Malpezzi

Sì a una donna a capo del gruppo parlamentare del Pd, almeno alla Camera. Questa volta il Pd non litiga e trova l’intesa durante l’assemblea tra il gruppo dei deputati e il nuovo segretario dem, Letta. Graziano Delrio, attuale capogruppo dem a Montecitorio, in nome della richiesta di parità di genere avanzata da Letta si è detto pronto a farsi di parte, disponibile a rinunciare al suo incarico per venire incontro alla richiesta del segretario, Enrico Letta, che ‘esigeva’ la nomina di due capigruppo donne che dovrebbero, o potrebbero, essere Simona Malpezzi, attuale sottosegretaria ai Rapporti con il Parlamento nel governo Draghi (lo era già, allo stesso incarico, nel governo Conte bis) al Senato (anche perché la Malpezzi è della stessa corrente di Marcucci, Base Riformista) e Deborah Serracchiani, attuale presidente della commissione Lavoro alla Camera (della stessa corrente di Delrio), nonché vicepresidente dell’Assemblea nazionale del Pd. Una scelta, dunque, ‘in linea’ con gli attuali assetti. 

“Towanda!”. Al gruppo dem della Camera ‘vince’ una donna, anche se ancora non si sa quale (in pole c’è la Serracchiani)…

Towanda

Ma la votazione non avverrà oggi, bensì nei prossimi giorni: l’assemblea di stamattina è stata aggiornata a giovedì per consentire a tutti gli iscritti a parlare di intervenire. In ogni caso, però, sarà scelta una donna. Letta ha premesso di rispettare l’autonomia del gruppo, ma nei fatti ha invitato a una consultazione interna per scegliere alcuni profili su cui poi eventualmente votare.

Graziano Delrio

Graziano Delrio

La divisione non è un pericolo. Le votazioni possono essere una ricchezza” è stato il ragionamento dell’ex premier che ha ringraziato “Graziano (Delrio, ndr.) per come sta gestendo questo passaggio. Dimostra che siamo un grande partito. Siamo qui perché abbiamo una responsabilità, verso il partito e il Paese. Voglio parlare il linguaggio della verità. Troverete in me un interlocutore aperto a tutti ma chiedo solo trasparenza e correttezza nei comportamenti – ha spiegato il segretario dem – Datemi la possibilità di dimostrarlo. C’è un popolo, non siamo o siamo stati parlamentari per diritto divino, ma perché abbiamo un popolo dietro che ci chiede di andar avanti seri, determinati, di esser all’altezza”.

Enrico Letta e Graziano Delrio

Enrico Letta e Graziano Delrio

Già prima dell’assemblea Letta aveva avuto un colloquio proprio con Delrio che ha rivendicato il lavoro fatto in questi anni, anche nel passaggio dal Conte I al Conte II. Il gruppo del Pd alla Camera ha sempre rispettato le scelte del segretario Zingaretti che ha rispettato l’autonomia del gruppo, ha osservato Delrio.

Letta ha ribadito la necessità di “fare del Pd il partito guida di una nuova idea di progresso in Europa. Se condividiamo questa ambizione di giocare una simile partita in Europa non possiamo accettare di avere tutti uomini ai nostri vertici. In Europa la questione di genere è cruciale, la diversità rende più credibili, moderne, innovative le classi dirigenti”.

E così, Delrio, a sorpresa, si dice “pronto a farsi da parte”

E così, Delrio, a sorpresa, si dice “pronto a farsi da parte”

E così, Delrio, a sorpresa, si dice “pronto a farsi da parte”

Per l’ex premier, quindi, il Pd deve mettersi a capo di un’idea nuova di progresso in Europa e in quanto tale deve farsi interprete di un modo nuovo di vivere la parità di genere. Il segretario dem, intervenendo all’assemblea del gruppo parlamentare dem della Camera dei Deputati, è tornato a chiedere che le donne siano messe in grado di svolgere una funzione di guida. Nei giorni scorsi, infatti, era arrivata la sua richiesta di eleggere due donne come capigruppo alla Camera e Senato.

Marcucci Pd

Il capogruppo del Pd al Senato Andrea Marcucci in aula al Senato

Un ‘cambio’ in corsa che ha colto molti di sorpresa, in primis gli attuali presidenti Andrea Marcucci a palazzo Madama e Graziano Delrio a Montecitorio, che ora però si dice pronto al passo indietro.

Dunque, dopo l’assemblea di oggi, il passaggio di consegne tra il presidente di gruppo uscente alla Camera e la futura nuova capogruppo, da scegliere al termine di una consultazione interna, avviene con la “massima disponibilità” dello stesso Delrio. “Il mio ringraziamento a Graziano non è formale, ma sostanziale. Un dirigente politico si comporta così nel bene della comunità. Siamo qui – ha ricordato il segretario – perché abbiamo una responsabilità, verso il partito e il paese. Da Graziano viene un esempio di dignità e di attaccamento alla nostra comunità”.

Ma per votare le due donne bisognerà aspettare ancora qualche giorno. Non troppo, però, come ha chiesto Letta a Delrioper farsi carico di questo lavoro di ascolto e di individuazione delle soluzioni per poi arrivare a votare nell’arco di pochi giorni”. “Sono disponibilissimo ad accompagnare questo lavoro di istruttoria e di aiuto alla soluzione, per una competizione sana”, è la risposta di Delrio.

La (polemica e puntuta) lettera di Marcucci a Letta

La (polemica e puntuta) lettera di Marcucci a Letta

La (polemica e puntuta) lettera di Marcucci a Letta

Intanto, Andrea Marcucci, attuale capogruppo Pd al Senato, ha inviato una lettera al segretario: “Si dice che chi ha il compito di prendere delle decisioni si senta spesso solo. Io devo essere un uomo particolarmente fortunato, perché in questi tre anni ne ho prese tante ma non mi sono mai sentito solo, non l’ho mai fatto da solo. E anche questa scelta, che tu ci chiedi, la faremo come le altre, tutti insieme, rivendicando la nostra autonomia, rispettando le regole ed accogliendo tutti i consigli ma rigettando anche le imposizioni strumentali. Voglio dire, caro segretario, che in questo gruppo parlamentare crediamo che la questione dell’alternanza di genere sia fondamentale per il nostro partito – si legge nella lettera di Marcucci Crediamo anche che oltre gli atti simbolici, che pur a volte sono necessari, serva allargare il campo alle prossime elezioni amministrative, si vota in otto importanti città, ai tanti luoghi dove un Pd declinato troppo al maschile, esercita funzioni di governo, e non ultimo nella cariche apicali del partito, dove per troppi anni le donne non sono state protagoniste. Credo che sia giusto scriverti queste poche righe prima che tu partecipi all’Assemblea del nostro Gruppo perché certe cose rischiano poi di perdersi o di rimanere soffocate nel vociare del dibattito sui giornali, sui social. Certe cose che magari sono piccole, dettagli, cronaca, ma che noi, per le persone che ti troverai davanti tra qualche ora, sono importanti, sono la storia vissuta di questi tre anni. Tre anni che ne valgono molti di più, credimi“, continua la lettera che Marcucci ha scritto a Enrico Letta alla vigilia dell’assemblea dei senatori del Pd che si terrà nel pomeriggio.

A spuntarla, anche qui, dovrebbe essere una donna: in pole position c’è Simona Malpezzi, oggi sottosegretaria – che si dovrebbe dimettere però dal suo incarico nel governo Draghi, ma che sarebbe comunque sostituita da un esponente del Pd – il cui merito è di appartenere alla stessa corrente di Marcucci, Base riformista, e di essere molto gradita ai big della sua area (Guerini e Lotti). In alternativa, c’è Valeria Fedeli, ex ministra, a sua volta di Base riformista, o Caterina Bini (idem, stessa corrente). 

Il presidente dei senatori del Pd ha ripercorso anche gli ultimi anni (“la storia inizia nel marzo 2018, all’indomani della sconfitta elettorale”) e tutto il lavoro svolto dal gruppo dem del Senato. Poi, “dopo la crisi del Governo giallo-verde c’erano da mettere le prime faticose pietre sulla strada dell’alleanza del Governo Conte II“, continua Marcucci sottolineando: “Non ti sfuggirà il risultato più importante che abbiamo ottenuto, la svolta europeista di quel governo”. “Altra conseguenza di quel governo è stato il varo di un sistema di alleanze nuovo che ora ci porta a scommettere su un centrosinistra ampio e dialogante”. Poi Marcucci ricorda la pandemia, il governo Draghi, le scissioni e il cambio di segretario: “In tutti questi passaggi, nel gruppo abbiamo discusso, forse anche litigato, senz’altro ci siamo appassionati alla vita del nostro Partito e lo abbiamo fatto sempre – sempre! – con la certezza che ciascuno di noi stesse combattendo una battaglia a viso aperto, leale, e per questo bella, vera. Ed è il motivo per cui siamo oggi qui, ancora in piedi nonostante tutto, stanchi ma orgogliosi del lavoro fatto”, conclude Marcucci.

Le parole di Letta all’assemblea del gruppo alla Camera

Enrico Letta

Enrico Letta

L’arrivo di Draghi dentro il Consiglio europeo, con tutta la stima che abbiamo per Giuseppe Conte che vedrò domani, è un segnale di un’Italia che può giocare lì un ruolo chiave, mentre la Germania è sotto elezioni a settembre e la Francia a maggio 2022” ha detto il segretario del Pd parlando davanti ai deputati dem. Proprio in riferimento all’elezione del nuovo capogruppo a Montecitorio, Letta ha spiegato: “L’unità con cui siamo usciti dall’Assemblea ha creato un’attesa. L’unità non è unanimità. Qualunque scelta farà sulla donna da eleggere sarà per me la migliore, il rispetto dell’autonomia del gruppo è per me fondamentale”.

Durante il suo discorso, il segretario dem ha riservato un passaggio anche all’elezione del nuovo capo dello Stato:Avremo di fronte passaggi delicatissimi, l’elezione del presidente della Repubblica è un momento cerniera per il Paese, abbiamo bisogno anche per questo di gruppi ben coordinati, non possiamo sbagliare”, ha detto. E poi:“Se l’Italia oggi è in piedi è perché in passato non abbiamo mai sbagliato sull’elezione del presidente della Repubblica“.

‘Letta continua’. Giovedì la nuova assemblea Pd alla Camera

'Letta continua'. Giovedì la nuova assemblea Pd alla Camera

‘Letta continua’. Giovedì la nuova assemblea Pd alla Camera

Giovedì ci sarà il seguito dell’Assemblea, ma non si tratta ancora di una convocazione del gruppo come seggio elettorale: oggi hanno parlato solo quattro dei 22 iscritti al dibattito. Sarà presente ancora Letta. L’obiettivo è quello di non andare oltre la prossima settimana per trovare “una soluzione ampia, unitaria e rapida”, si sottolinea al gruppo dem. Letta, nel suo intervento, ha parlato sia dell’opzione di un nome “condiviso” che dell’ipotesi di candidature contrapposte.

Formalmente, per le candidature serve un numero di firme dei deputati. La questione, però, resta legata con quella del nuovo capogruppo del Senato.

I nomi in corsa a Montecitorio restano sempre gli stessi (Serracchiani, Rotta, De Micheli, Madia). Già ieri, però, era stato posto il problema di chi guida una commissione che dovrebbe dimettersi dall’incarico con il rischio che il Pd perda una posizione importante (è il caso della Serracchiani).

Ma sarà fondamentale capire chi guiderà il gruppo di palazzo Madama: se resterà a una esponente di Base riformista (Malpezzi o Fedeli o Bini), a Montecitorio potrebbe non essere così. A poche ore dalla riunione del Senato, nessuno fa previsioni. Bisogna attendere quindi ancora pochi giorni, dunque, per “trovare una soluzione”: al Senato e alla Camera ci saranno due donne capigruppo?

 

La doppia riunione dei gruppi di oggi ‘non conclude’…

showdown

Showdown tra Letta e i gruppi parlamentari

Se è vero che è stamani che si terrà lo showdown (o presunto tale) tra Letta e i gruppi parlamentari (alle 9 si riunirà il gruppo del Senato e nel primo pomeriggio quello della Camera) è anche vero che la doppia riunione di oggi ‘non conclude’ come direbbe un personaggio di Luigi Pirandello. Infatti, stasera, sia Andrea Marcucci, che guida il gruppo Pd a palazzo Madama (35 senatori), che Graziano Delrio, che lo guida alla Camera (95 deputati) stasera saranno ancora… al loro posto.

Marcucci Delrio

Andrea Marcucci, guida il gruppo Pd a palazzo Madama (35 senatori), Graziano Delrio, guida alla Camera (95 deputati)

Il guaio è che, nel Pd, a dieci giorni esatti dall’insediamento di Enrico Letta, riparte ‘la bambola’ dello scontro interno: si parla di “congresso vero” e “chiarimenti non rinviabili”. Un malcontento che monta, diventa largo e che va di pari passo con la consapevolezza che sarà Enrico Letta a fare le liste alle elezioni politiche del 2023.

Enrico Letta il lupo travestito da agnello

Enrico Letta il lupo travestito da agnello

Come dice un deputato di lungo corso, il lupo travestito da agnello”, cioè Enrico Letta, “è un lupo che consumerà la sua vendetta a freddo”. Insomma, in un Pd dilaniato, lacerato, senza pace, si sente di nuovo la parola “irriformabile”. Più in generale, lascia perplessi pure la sicurezza con cui Letta, il segretario, apre ai 5 Stelle (“Occorre lavorare ad un discorso comune con i 5 Stelle”), sicurezza, o sicumera, di stampo zingarettiano.

Matteo Renzi

Matteo Renzi, che a sua volta dice: “Mai con i populisti, di destra e di sinistra”

Il tutto nel giorno in cui, a proposito di porte aperte e dell’assenza di veti, Letta chiude le porte in faccia a Matteo Renzi, che a sua volta dice: “Mai con i populisti, di destra e di sinistra”. Insomma, Enrico ‘c’è’, ha intenzione di restarci e per riuscirci sa di dover fare il prima possibile un partito a proprio immagine e somiglianza. Per dirla meglio, “di dover fare in due mesi quello che Zingaretti non è riuscito a fare in due anni in un Pd che lo ha logorato fino alle dimissioni…”.

Solo che – da uno come Letta – non ci si aspettava il “decisionismo rottamatore”. Dice una fonte parlamentare donna: “Sta dando la caccia ai cattivi, cioè gli ex renziani, sul corpo delle donne. Non mi aspettavo da lui tanto cinismo da Renzi”.

“Cherchez la femme!”. La ‘finta’ richiesta di nominare ‘solo donne’

Cherchez la femme

“Cherchez la femme!”

Cherchez la femme!”, dunque. La partita, dentro il Pd, tanto per cambiare, si gioca sul ruolo delle donne. Quando, nella composizione della squadra ministeriale dem che entrava nel governo Draghi, la ‘rosa’ comunicata dal Nazareno al Colle prevedeva tre maschietti (Franceschini, Guerini e Orlando) e nessuna donna, ne discesa l’ira di Dio che, di fatto, travolse il segretario Zingaretti. 

“Towanda!”. Il putiferio nato dalla ribellione o ‘rivolta’ delle donne

towanda

 

Le donne fecero un tale putiferio che Zingaretti, dopo dimessosi dall’incarico, stava per mollare – prima ancora che per la guerra tra correnti che lo stava logorando e minando le basi da molti mesi – il suo incarico a causa della rivolta delle donne. Rivolta che fu, come si ricorda, dura e trasversale (una sorta di ‘Towanda!’ stile suffragette primo Novecento, manco ci fosse un vero diritto di voto da ottenere e strappare a una società maschilista) con tanto di interviste, comunicati, riunioni e proteste, politiche e social, che travolsero ‘Zinga’ e il suo governo del partito, già da ‘re Travicello’.

enrico letta pd parigi

Seguirono – non solo per questo motivo, ovvio – le dimissioni di Zingaretti, la ricerca affannosa del nuovo ‘papa’ e il richiamo in terra natia di un papa diventato ‘straniero’, Enrico I da Parigi… Con l’avvento dell’era Letta il problema non solo si ripresenta, ma diventa una norma sempre più stringente e nodale nelle policy del neo-segretario.   

Come si sa, almeno finora, la parità di genere è stata rispettata in maniera certosina, oculata e millimetrica dalla nuova gestione che ‘casa Letta’ sta facendo nel Pd da quando l’ha preso in carico. Come pure, però, l’equilibrismo tra le correnti che Letta un po’ rispetta e un po’ usa a suo fine e vantaggio, scegliendo i nomi più affini e sintonici dentro le tante anime e correnti dem, in una sorta di ‘fior da fiore’ che racconta la accorta furbizia di Letta.

Irene Tinagli

Irene Tinagli – Vice Segretaria PD

Dei due vicesegretari nominati da Letta, in ogni caso, uno è maschio (Provenzano, area Orlando) e una è femmina: Irene Tinagli, area liberal, già vicina a Letta dai tempi del think thank Vedrò, montezemoliana e poi montiana, ora eurodeputata del Pd, ma eletta come indipendente, a Bruxelles. Anche nella nuova segreteria – le cui nomine hanno fatto tanto discutere – la parità di genere è rispettata in modo scrupoloso: otto uomini e otto donne.

monica nardi

Monica Nardi, storica portavoce di Letta

Il coordinatore è maschio, è vero (il lettiano storico e fidatissimo del segretario, Marco Meloni) ma  la portavoce storica di Letta, Monica Nardi, è femmina e sarà lei la nuova ‘capa’ dello settore strategico della comunicazione, settore che, fino a ieri, aveva una seggiola in segreteria, ora non più.

Tiziana Ragni

Tiziana Ragni – Giornalista

Settore, quello della comunicazione, che la Nardi, insieme alla nuova capo ufficio stampa del Pd, Tiziana Ragni (in arte Meri Pop, un vero asso, sui social) sta per rivoluzionare e trasformare da capo a piedi, sfruttando le competenze dei suoi ben 20 dipendenti.

Letta brandisce come un’arma il ‘gender gap’ scoppiato nel Pd

Gender gap

Gender gap

Ma,nella richiesta di Letta – avanzata in due intervista simmetriche concesse a due quotidiani locali la scorsa domenica (il Tirreno, giornale toscano, per parlare ‘in casa Marcucci’ e la Gazzetta di Reggio per sfruculiare ‘casa Delrio’) – di volere “due capigruppo donne” ai vertici dei due gruppi parlamentari, al posto di due uomini (Marcucci e Delrio, appunto) ecco che diventa di palmare evidenza come il gender gap venga brandito più come arma contundente che come ‘questione femminile’ vera da un neo-segretario, molto furbo e anche spericolato nel volgere i ‘talloni d’Achille’ dem a suo vantaggio.

Brando Benifei

Brando Benifei – Capogruppo Pd al Parlamento UE

Infatti, dove ha potuto (e voluto) lasciare le cose come stavano, Letta lo ha fatto e a sua discrezione, come nel gruppo del Pd a Bruxelles. Il gruppo si è riunito venerdì, con Letta collegato via Zoom, ha respinto le dimissioni (formali, ma finte) del capogruppo, Brando Benifei (Orlando), subito riconfermato in modo unanime dai suoi 18 colleghi (di cui tre indipendenti: Tinagli, Bartolo, Pisapia), al di là dell’appartenenza correntizia” come ci tiene a sottolineare l’europarlamentare milanese Pierfrancesco Majorino (zingarettiano più a sinistra, per storia personale, di Orlando e Zingaretti).

“Mi risulta che Brando (Benifei, ndr.) sia un maschietto…”

Salvatore Margiotta

Salvatore Margiotta Senatore Base Riformista

Peccato che, come ha fatto notare, ironico e arguto, il senatore, di minoranza Base riformista, Salvatore Margiotta, “Mi risulta che Benifei sia maschio”. Come a dire: caro Letta, quando vuoi te ne freghi di questione femminile, gender gap e identità di genere. Allora, fai così che fai prima: dì che vuoi abbattere una corrente sola, la nostra, e non le altre, quelle della ex maggioranza di Zingaretti.

Il ragionamento, brutale, corrisponde però al vero e cioè ai veri intendimenti e primi passi di Letta: ‘sterminare’, come un angelo vendicatore, Renzi (e fin qua, ci sta…) e la piccola pattuglia parlamentare (quella di Iv) che ancora lo segue ma anche gli ex renziani, oggi raccolti sotto le insegne di Base riformista, la corrente capeggiata da Guerini e Luca Lotti.

Il rischio e la sfida della conta dentro i gruppi parlamentari dem

Valeria Fedeli e Roberta Pinotti

Valeria Fedeli e Roberta Pinotti, due ex ministre, al Senato

Ora il punto è che secondo una narrazione spinta e in modo intelligente e intellegibile assai pompata dal Nazareno, sembrava che già oggi Marcucci e Delrio dovessero fare la valigia in quattro e quattr’otto e andar via. Era già pronta la rosa di nomi da cui far uscire i due capigruppo: Valeria Fedeli o Roberta Pinotti, due ex ministre, al Senato, Alessia Rotta o Marianna Madia alla Camera. Poi, però, ecco che spuntano la Malpezzi al Senato e la Serracchiani alla Camera, oggi in pole

Alessia Rotta e Marianna Madia

Alessia Rotta e Marianna Madia

Letta parla di “partito unitario”, senza correnti e di essere stato votato da tutti, “nè maggioranza né opposizione”, quindi quei nomi nella sua testa ‘non’ rispondono ad appartenenze correntizie. Invece, ovviamente, lo sono eccome.

Graziano Delrio e Andrea Marcucci

Graziano Delrio e Andrea Marcucci

Man altrettanto certo che oggi Marcucci e Delrio non faranno le valigie anche se per motivi diversi. Una cosa è e resta indisponibile, nel Pd, infatti: l’autonomia dei gruppi parlamentari. Difficile che Letta possa portare a casa entrambe le teste dei due capigruppo “nell’arco di un paio di giorni o, al massimo. Di una settimana perché la partita degli organismi dirigenti va chiusa in fretta” (così dice sempre la narrazione del nuovo Nazareno). Oggi, dunque, si terranno le assemblee dei due gruppi sia alla Camera che al Senato. Non è una regola scritta ma è fair play che, quando cambia il segretario, i capigruppo mettano a disposizione il proprio incarico. Quando Zingaretti divenne segretario entrambi (Marcucci e Delrio) lo fecero. Solo che, in assenza di motivi particolari ed eccezionali, come un cambio netto di linea, vengono di solito sempre confermati, nella legislatura.

Letta al massimo strapperà un pareggio tra Camera e Senato

Letta, oggi, al massimo strapperà un pareggio

Letta, oggi, al massimo strapperà un pareggio

Se gli va bene, il segretario dovrà dirsi contento se riesce a cambiare un capogruppo su due. Nel caso sarebbe, peraltro, il nome di Graziano Delrio a cadere, pur nella consapevolezza – che Letta certamente ha – che in un momento politico come questo, tra pandemia, governo di larghe intese e grandi movimenti politici, il capogruppo deve aver doti di riconoscibilità, leadership, personalità perché è faccia e voce del partito in Parlamento. Sicuramente ci sono altre deputate e senatrici all’altezza del ruolo, ma questo non può essere un cambio che viene fatto solo per motivi di genere.

Il sindaco di Pesaro Matteo Ricci Pd

Il sindaco di Pesaro, Matteo Ricci (Pd)

La partita è ancora tutta da giocare, ma Letta anche ieri ha insistito sulla necessità di avere due capogruppo donne. Eppure, proprio nelle ultime 36 ore il segretario ha avuto l’opportunità di sostituire due dirigenti maschi e non lo ha fatto: il capogruppo della delegazione Pd alla Ue, Brando Benifei, e il responsabile all’interno della segreteria del rapporto coi sindaci, Matteo Ricci.

I sacchetti di sabbia: la ‘trincea’ di Palazzo Madama resiste

I sacchetti di sabbia: trincea Palazzo Madama

I sacchetti di sabbia: trincea Palazzo Madama

Lo scoglio più duro è il Senato dove – su 35 senatori (presto 36 con l’arrivo di Comincini) – Marcucci ha una maggioranza schiacciante: a sua difesa, modello falange romana a testuggine, stanno in 23: 18, tra cui Marcucci, sono di Base Riformista, la componente ex renziana guidata da Luca Lotti e Lorenzo Guerini, tre dei Giovani turchi, un indipendente (Nannicini) e una new entry (Comincini).

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La corrente di Lotti e Guerini nel Pd si chiama Base Riformista

Ieri mattina in una infuocata riunione, con le senatrici presenti, la tensione è salita e di molto, ma non tra uomini e donne, bensì rispetto all’accelerazione impressa da Letta alla questione. “Altro che unità, questo ci vuole fare fuori. Dopo sette anni la vendetta è ancora più feroce” ha detto un big.

Eugenio Comincini

Eugenio Comincini – Senatore

Si fa fatica ad abbinare uno come Enrico Letta al concetto di ferocia, però, resta il principio: “diventare lupi per agnelli”. Comunque, il gruppo ieri mattina ha vissuto quella del segretario come “un’ingerenza rispetto all’autonomia del gruppo” e ha confermato la fiducia a Marcucci che non ha intenzione di rimettere il mandato alla volontà della totalità del gruppo. In un primo momento, sembrava che l’assemblea di stamani non dovesse prevedere il voto, ma il clima è tale per cui si vuole subito blindare Marcucci ed evitare che, col passare dei giorni, qualche senatore possa cambiare idea richiamato dalla sirene del fatto che “le liste, al prossimo giro, le farà Enrico, mica i capigruppo…”. Una riunione è in programma stamani ed è possibile che palazzo Madama chiuda già oggi con un voto il nodo dei capogruppo. Sarebbe un messaggio molto chiaro per il neo segretario.

La partita del gruppo alla Camera è invece molto più complessa

Andrea Orlando Nicola Zingaretti

Andrea Orlando Nicola Zingaretti

Anche il gruppo dem della Camera ieri si è incontrato e ha discusso sul da farsi. Qui i numeri sono diversi e gli ex renziani più i Giovani turchi non hanno la maggioranza del gruppo (95 deputati): sono una trentina (Br) più sette Giovani Turchi. La ex maggioranza zingarettiana e orlandiana nel partito è, invece, minoranza dentro il gruppo (15 circa i deputati di Orlando e Zingaretti cui vanno sommati i cinque di Area dem di Franceschini), ma conta 20 deputati mentre al Senato sono meno (circa dieci senatori su un totale di 35 membri). Graziano Delrio non avrebbe mai fatto una prova di forza, per indole e carattere, ma è disponibile a rimettersi alla volontà del gruppo. “C’è la mia disponibilità ad affidare alla autonoma valutazione delle deputate e dei deputati come andare avanti nel nostro lavoro avendo di mira esclusivamente il modo migliore per svolgere il nostro ruolo nel Parlamento” ha scritto in una nota. Ma oggi il gruppo Camera non voterà: ha invece deciso di prendere tempo.

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Il capogruppo alla Camera del Pd, Graziano Delrio

Delrio, infatti, non è certo uomo di strappi. Ha sempre svolto il suo ruolo lavorando per l’unità del Pd e sempre nel totale rispetto dell’autonomia dei gruppi, facendosi sentire quando è stato necessario farlo. Rispetto al governo Conte e alla coabitazione con i 5 Stelle Delrio ha fatto un gran lavoro di inclusione e, a volte, di guida nel lungo e periglioso viaggio tra schizofrenie e politica.

La difficile mediazione in corso tra il Nazareno e i gruppi dem

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Largo del Nazareno, ove ha sede il PD

Al Nazareno non vogliono dare l’immagine di un partito che si divide sulle nomine e sulle cariche mentre il Paese lotta contro la pandemia, cerca i vaccini e prova a restare in piedi. I temi dell’agenda Italia hanno un’attenzione prioritaria, ma il segretario deve poter fare entrambe le cose: prendere in mano i dossier più importanti a livello nazionale e ricostruire il partito sui territori. Ecco perché, per quanto Letta dice di essere sicuro che “saranno scelte donne di qualità”, nel Pd si lavora sua una mediazione per evitare lo show-down. Certo è che quando Letta incontrerà i gruppi parlamentari, i capigruppo gli diranno che in modus est rebus, dato che sono stati ‘licenziati’ via doppia intervista.

“Orizzonte Letta”: un partito a ‘sua immagine e somiglianza’

enrico letta

Enrico Letta

Quello che deputati e senatori hanno capito bene, però, è che Letta vuole costruire un partito a sua immagine e somiglianza. Non lo ha detto, questi errori non si fanno più, ma lo sta facendo giorno dopo giorno. Anche lo stop a Roberto Gualtieri auto-candidato sindaco a Roma, una fuga in avanti per blindare il posto all’ex ministro nella gara romana, è stato un segnale esplicito in questo senso. Significa cioè che l’orizzonte temporale del nuovo segretario è almeno il 2023.

Camera - elezione Presidente della Repubblica Italiana

Camera – elezione Presidente della Repubblica Italiana

E che, dopo aver gestito elezioni amministrative importanti e l’elezione del Capo dello Stato, sarà Letta l’uomo delle liste 2023. Il timore per molti è di non essere ricandidati solo perché portano le stimmate degli ex renziani. Da qui i veloci riposizionamenti cui si sta assistendo in queste ore, specie in Base riformista, dove ora in molti si riscoprono ‘amici’ di ‘lunga data’ di Letta… Ma se le amministrative di ottobre dovessero andare male, per Letta, allora comincia di nuovo un altro film. 

NB: Una parte di questo articolo è stata pubblicata il 23 marzo 2021 sul sito WatcherPost.it