“C’è vita, a sinistra del Pd?”. Sì, il problema è che è sempre la stessa. Bersani&D’Alema&co.

“C’è vita, a sinistra del Pd?”. Sì, il problema è che è sempre la stessa. Bersani&D’Alema&co.

15 Maggio 2021 1 Di Ettore Maria Colombo

“C’è vita, a sinistra del Pd?”. Sì, il problema è che è sempre la stessa. Bersani&D’Alema&co. ‘ri-rifondano’ Articolo Uno: alleati stretti di Pd (ma senza voglia di rientrarvi) e dei 5Stelle

“C’è vita, a sinistra del Pd?”

“C’è vita, a sinistra del Pd?”

 

NB: questo articolo è stato pubblicato sul sito di notizie Tiscalinews.it il 15 maggio 2021

La sinistra a sinistra del Pd, quella di ‘Articolo Uno’

Meloni e Salvini

“Dobbiamo impedire che Meloni vada a palazzo Chigi e Salvini al Viminale”. Parola di Bersani

Dobbiamo impedire che Meloni vada a palazzo Chigi e Salvini al Viminale”. Parola di Pier Luigi Bersani nella relazione introduttiva tenuta ieri all’assemblea nazionale del movimento Articolo Uno. Oggi si chiama così, in onore all’articolo 1 della Costituzione, quello che si chiamava Mdp (Movimento democratico-progressista), quando Bersani&D’Alema&altri uscirono dal Pd, all’epoca guidato da Matteo Renzi. Correva l’anno 2015, e sembrano, oramai, secoli fa, e il motivo ‘tecnico’ fu una ‘bagatella’ istituzionale come la riforma costituzionale di Renzi e il referendum su quella riforma, ma la verità è che Bersani&D’Alema&co uscirono dal Pd perché per loro il Partito – quella che Bersani aveva battezzato ‘la Ditta’ era stata occupata e devastata, come il Foro dell’antica Roma, dal ‘vandalo-unno-visigoto-alano’ Matteo Renzi.

Matteo renzi 1

Matteo Renzi

 

Eppure, anche oggi, ancora li sono, fuori dal Pd, nonostante la gestione del Pd sia passata prima a Zingaretti e, ora, Letta, entrambe molto diverse da quella di Renzi e, di fatto, ‘simpatizzanti’ per Mdp-Articolo Uno, che però sempre lì è rimasto, alla finestra, senza cioè dare mai concreti segnali di volere ‘rientrare’ nel Pd da cui erano usciti.

“La mucca nel corridoio”. Pier Luigi Bersani come back

Pierluigi Bersani

Pierluigi Bersani

Ma Bersani non si può ridurre a ex renziano. Bersani, infatti, è stato tante cose, e in diverse ‘vite’. Ex governatore dell’Emilia-Romagna, ex ministro nei governi Prodi (era quello delle ‘lenzuolate’), ex segretario del Pd, ex premier incaricato e poi ‘congelato’ (da Napolitano), ex nemico di Renzi (in realtà lo è rimasto), ex dem, oggi leader di fatto di Articolo Uno, cioè quei progressisti che stanno, da anni, acquattati a sinistra del Pd ma che dal Pd vengono e, nel Pd, prima o poi, vogliono – o pensano – tornare. E’ anche quello del ‘meglio un passerotto in mano che un tacchino sul tetto’ e della ‘mucca nel corridoio’, cioè di metafore bersaniane che fecero la gioia del comico Maurizio Crozza. 

La mucca nel corridoio

La mucca nel corridoio

Un tipo di uomoo, Bersani, che, dopo tanti anni e chilometri macinati a pane e politica, non ha perso la verve di un tempo, la passione per la politica, il mezzo sigaro Toscano in bocca, la ‘erre’ blesa e la posa da ‘vecchio saggio’. Modi e toni – pacati, arguti, intelligenti, riflessivi – che ne hanno fatto, negli ultimi anni, una star della trasmissione di Gabriele Floris su La 7, Di Martedì (in pratica, quando ‘Pigi’ va in tv, per quella mezz’ora, gli ascolti schizzano verso l’alto).

Pier Luigi dixit: “La politica non è un pranzo di gala” e “la matematica non è un opinione”…

Mdp_Articolo1_logo

Il logo di Mdp-Articolo 1

Per la precisione, le sue parole sono state queste, ieri, nella relazione introduttiva di Articolo Uno: “Intanto una parola chiara voglio dirla io: voi vagheggiate, immaginate un futuro nel quale ci si possa barcamenare fra destra e sinistra, con qualche illuminato qua e là che dirige il traffico da mosca cocchiera (la critica è indiretta ma l’obiettivo è palese: ‘voi’ fan di Draghi, dei governi tecnici e dei tecnocrati illuminati, ndr.). Questa cosa non c’è. Con quella linea lì, noi avremmo la Meloni a palazzo Chigi e Salvini al Viminale perché la politica non è un pranzo di gala e la matematica non è un opinione”.

Ma quelle di Bersani sono anche parole di severa autocritica per un esperimento, Articolo Uno, che se non è fallito di certo fa fatica a camminare: “Bisogna riconoscere che c’è uno scarto tra l’ambizione della nostra proposta politica – spiega Bersani e il risultato politico e organizzativo. Alla nascita di Articolo 1 auspicavamo qualcosa di diverso, di più ampio, ma all’inizio abbiamo predisposto più un apparato di idee piuttosto che un’organizzazione. Ora vengono invocate delle misure organizzative, per assomigliare di più a un partito, per radicarsi meglio sul territorio… Di tutto questo dovremo discutere”. “Dobbiamo discutere anche della nostra funzione – ha continuato – perché è da lì che discende tutto il resto. Senza una piattaforma nuova che vada al cuore della questione sociale, nessuno di noi va da nessuna parte. Questo vale per i partiti grandi come per i piccoli. Pandemia e la crisi economica che ne è derivata, emergenza climatica, migrazioni… non si vede la portata mondiale di questi temi? Abbiamo due campi, le posizioni centrali svaniscono quando parliamo di queste cose”. Sembrano ‘brevi cenni sull’Universo’, ma sono i temi più importanti di cui tutti i partiti discutono.

universo

Sembrano ‘brevi cenni sull’Universo’, ma sono i temi più importanti di cui tutti i partiti discutono.

Possiamo immaginare come vogliamo il nostro campo, partitini e partitoni, ma senza una piattaforma nuova che tenga conto della questione sociale che si è aperta in questi anni nessuno di noi va da nessuna parte” ha concluso Bersani. Parole chiare, rotonde, in parte anche amare, ma che di certo centrano il cuore della questione politica più grande di ogni partito di sinistra che si rispetti, piccolo (Articolo Uno) o grande (Pd).

“Quello che ci unisce”. Articolo Uno e la ‘ridotta’ di LeU

Alessandro Zan, il papà della legge contro l’omotransfobia

Alessandro Zan, il papà della legge contro l’omotransfobia

Parola e parole di Bersani utili ad aprire l’assemblea nazionale di Articolo Uno – “Quello che ci unisce” il titolo dell’iniziativa – che, dopo una lunga serie di assemblee sui famosi ‘territori’ si concluderà oggi. Ieri, è stato il turno di Bersani, ma anche quello di D’Alema, più dell’intervento di un ‘esterno-interno’ (LeU-Pd), Alessandro Zan, padre della legge contro la omo-transfobia licenziata dalla Camera, ma da mesi in discussione al Senato.

Giuseppe Conte ed Enrico Letta

Giuseppe Conte ed Enrico Letta

Oggi, nella giornata conclusiva, che vedrà alla fine la relazione finale di Roberto Speranza, che – in teoria – di Articolo Uno è, e resta, ormai da diversi anni, il segretario, ci saranno gli interventi di esterni di Enrico Letta e Giuseppe Conte, leader di quelli che, ai tempi belli del Pci, venivano detti “i partiti fratelli”, Pd e… 5Stelle.

Maurizio_Landini_Cgil

Maurizio Landini, segretario generale della Cgil (Photo by Gino Sasanelli)

E quelli del segretario della Cgil Maurizio Landini, di esponenti dell’Arci, delle Sardine (immancabili e ovunque, sic), della nuova icona della sinistra radical, Elly Schlien, e dei rappresentanti ‘istituzionali’ di Articolo Uno.

Elly Schlien

Elly Schlien

Previsti anche gli interventi dei due capigruppo in Parlamento di Articolo Uno che, però, lì si chiama LeU: alla Camera è Federico Fornaro (da poco è uscito un suo libro dal titolo “2 giugno 1946. Storia di un referendum” per Bollati Boringhieri) e al Senato c’è Loredana De Petris (capogruppo, in realtà, del variegato Misto), i quali, per paradosso, ma neppure poi tanto, sono più ‘noti’ al grande pubblico dei vari dirigenti e leader del ‘partito’ Articolo Uno non foss’altro perché sono gli ‘smista-traffico’ efficienti e tosti degli ultimi due governi che si sono succeduti, il Conte due e il Draghi attuale, pur se con caratteristiche assai diverse tra loro (Fornaro è un pacioso, la De Petris cattivissima).

Loredana De Petris

Loredana De Petris

Il problema, più che altro, è la sigla che guidano, quella LeU (Liberi e Uguali) che si presentò, alle elezioni politiche del 2018, come somma di Art.1, Possibile di Civati, Sinistra italiana di Fratoianni (ora nel Misto) e altri movimenti vari che, negli anni, si sono spaccaia o autonomizzati o banalmente scomparsi in sottrazioni e divisioni.

“E’ sempre colpa del Covid”… Non ci sono più neppure le belle riunioni politiche fiume di una volta…

covid19

La due giorni di lavori si tiene sotto forma di webinar aperto e visibile in diretta streaming, non era possibile ovviamente partecipare fisicamente. Colpa del solito, maledetto, Covid che impedisce il ritorno alla vita e alla normalità agli italiani. Comprese quelle belle, lunghe – e pallosissime – assemblee della sinistra ‘vetero’ che fu (e che non sarà mai più): ore e ore di austeri ‘dibbbattiti’, al massimo acqua minerale e zero buffet, sale e sottoscala angusti e bui, centinaia di sigarette accese fuori dalla sala o all’aperto, un vociare indistinto di infinite chiacchiere ‘a latere’ dove si facevano e si disfacevano i veri accordi, e il classico richiamo dai banchi della Presidenza che suonava sempre uguale e sempre stentoreo: “compagno, ti prego di concludere, abbiamo ancora molti interventi e iscritti a parlare!”, cui seguiva l’immancabile “due minuti e ho finito” con quei ‘due minuti’ che duravano mezz’ora.

La logica tutta novecentesca del ‘Fronte Popolare’

Umberto Eco

Umberto Eco

Tornando, però, a bomba, e cioè a Bersani, va detto che il ragionamento sotteso alle sue parole è di una semplicità adamantina, ma sa di ‘vecchio’. Siamo, cioè, sempre nella logica del caro, vecchio, Fronte Popolare che, nella Francia degli anni Trenta (e non ci riuscì) doveva fermare i vari ‘fascismi’ e, nella Spagna degli anni Trenta (e non ci riuscì) dove fermare il golpe militare del generale Franco contro la libera Repubblica spagnola. Il guaio è che trattasi degli anni Trenta di un secolo ormai trapassato, il Ventesimo. Eppure, mutatis smutandi, sempre là stiamo.

Giorgio Gaber

Giorgio Gaber

Alla fine, cioè, se provi a mettere il naso nelle vicende della sinistra che sta ‘a sinistra’ del Pd, sempre là ti ritrovi. “Aiuto, arrivano le destre!”. “Allarmi son fascisti!”. “Fermiamo le destre!”. Quello che, durante la Prima Repubblica, era il ‘pericolo’ del Fascismo (il “fascismo eterno” lo definì, sfotticchiando, il semiologo Umberto Eco) e, durante la Seconda Repubblica, era il ‘pericolo’ del berlusconismo (e qui, invece, sovviene Giorgio Gaber: “Non temo Berlusconi in sé, temo Berlusconi in me”) e di Berlusconi – il quale, in questi giorni, sta pure male, ma tutti si premurano di sapere come sta e tanti cari auguri, è diventato un liberale e un moderato, uno statista – oggi, nella Terza Repubblica, è diventato il ‘pericolo’ del fronte sovranista e populista.

Lega e Fratelli d’Italia

Lega e Fratelli d’Italia

Tradotta in ‘italiano’, trattasi del ‘pericolo’ di Lega e Fratelli d’Italia. Salvini e Meloni, Meloni e Salvini, i due nuovi ‘bau bau’ della sinistra radical e ‘impegnata’.

I 5Stelle, invece, sono sempre “compagni” e “alleati”

Bersani e Bettini

Bersani e Bettini

Salvi, invece, nelle parole di Bersani e nella ‘visione’ della sinistra di Art 1 come del Pd, dall’ideologo comune a tutti, Goffredo Bettini, a Zingaretti ieri e Letta oggi, i 5Stelle e la loro irruzione – devastante e roboante nella sua carica iniziale, oggi stanca e deprimente – i quali erano e sono visti sempre come ‘alleati’, organici o meno, ottimi “compagni di strada”, al massimo “compagni che sbagliano”, ecco tutto. Nessun altra critica, a loro. 

logo m5s

Insomma, l’M5s – nonostante abiure, scissioni, scandali, opacità, visioni retrograde e illiberali della società, del mondo, dei diritti e della politica – non paga mai ‘dazio’, a sinistra. Eppure, fu per colpa loro, che lo svillaneggiarono in diretta streaming, durante le consultazioni del 2013, Bersani ci perse la possibilità di farci il “governo del cambiamento”, ma tant’è: sono ritenuti sempre ‘affidabili’, ‘fratelli’, ‘compagni’ e amici.

A tal punto, vengono considerati ‘centrali’ e ‘decisivi’ i 5Stelle – cioè, detta in soldoni, un partito senza più un vertice, in mano ai Tribunali, con un Fondatore che ha un figlio a processo per stupro di gruppo (e tanti cari saluti ai ‘diritti’ delle donne) e il figlio dell’altro Fondatore che si tiene le chiavi di casa (piattaforma e iscritti), scosso da scissioni a ripetizione e privo di uno straccio di reale democrazia e trasparenza interna – che, sempre Bersani, ieri ha nuovamente tessuto le lodi del passato governo, il Conte due, e si è detto assai dispiaciuto che sia finito così presto. Bersani parla di “arretramento politico subito”, con la caduta del governo Conte, e insomma, ancora lo rimpiange, come Art 1 con lui, anche se manca, in questo caso, la teoria del ‘complotto’ (una volta, a sinistra, era ordito dalla Cia e dalle centrali del capitalismo mondiale, ora più banalmente da Renzi, al massimo Mattarella), che però non è nel suo stile, a chiudere il cerchio.

Anche Fedez si è schierato “contro le destre”…

Fedez

FEDEZ ovvero Federico Lucia

E’ la destra, dunque, il ‘nemico da battere’ e anche il nemico contro cui unirsi tutti insieme, appassionatamente, tra Pd-LeU-M5s e affini. I ‘bau bau’, dunque, eccoli: Meloni e Salvini. Come, del resto, lo sono diventati oggi dei vip&rap (almeno, ai tempi dei comunisti veri, le alleanze si facevano con l’intellighentzia, quella vera: scrittori, giornalisti, artisti, intellettuali, registi…) che ‘cantano’ a gran voce, in nome dei diritti (solo quelli civili), voce che la sinistra non ha più ma che ‘suona’ solo sui diritti civili (legge Zan) e mai sui diritti sociali (morti sul lavoro, lavoratori precari, etc., per dire).

Meloni Salvini

I due ‘gemelli diversi’ della destra italica – Meloni e Salvini

I due ‘gemelli diversi’ della destra italica – Meloni e Salvini sempre loro, i due ‘cattivoni’ – sono i ‘bau bau’ di Fedez (e la Ferragni? Chissà cosa ne pensa la Ferragni!), J-Ax, i Maneskine e tutta la compagnia di vip e cantanti che si sono riscoperti, almeno sui diritti civili, un cuore che batte a sinistra, anche se la mano resta sempre lì, sul portafoglio.

Le alleanze. La logica del ‘Fronte progressista’

Fronte Popolare

La logica pavloviana del ‘Fronte Popolare’

Ma tornando alla sinistra-sinistra, la logica pavloviana del ‘Fronte Popolare’ contro le destre è però anche la sola che permette di trovare un filo di Arianna comune, un embrassons nous corale tra partiti che non si capisce, altrimenti, perché mai dovrebbero, oggi, allearsi tra loro.

pierluigi bersani pd

Pierluigi Bersani

Sempre Bersani la mette giù così la questione: “Noi vogliamo chiedere alle altre forze, agli altri soggetti del campo progressista, di aprire un confronto in cui ciascuno porti le proprie idee per la definizione di un programma fondamentale, di un manifesto sull’orizzonte strategico di un campo progressista. Oltre a questo, chiediamo anche di poter avere da subito un tavolo con Pd e 5 stelle sui primi progetti di dettaglio e ne proponiamo uno: abbiamo preparato una proposta di riforma fiscale per un fisco generale progressivo e per la fedeltà fiscale e sarebbe importante che cominciassimo a discuterne. Se poi il metodo è condiviso possiamo andare avanti su singoli punti a cominciare dal tema del lavoro, direi da una legge sulla rappresentanza” (sindacale). 

riforma fiscale

Al netto del fatto che neppure Bersani cita un tema drammatico come quello delle morti sul lavoro e della sicurezza sul lavoro dei lavoratori, resta, appunto, l’idea – di ‘bettiniana’ memoria – del ‘campo largo’ e/o ‘campo progressista’: un attacco ‘a tre punte’ che dovrebbe vedere nel Pd il regista a centrocampo, nei 5Stelle l’attaccante di sfondamento e in LeU il terzino avanzato che, dalla fascia, fa rapide incursioni in avanti.

Tutto bello, in teoria, e tutto giusto. Il problema è, come sempre, la pratica. I rapporti speciali che, in politica, si creano. Conte, per dire, annovera, con Bettini, D’Alema tra i suoi migliori consiglieri. Bersani, da reietto che era, è amato dai 5Stelle e pure molto considerato e apprezzato nelle analisi. Speranza si barcamena tra Sileri, Patuanelli, etc.

Letta Bersani

Letta e Bersani, si sa, sono due gemelli siamesi: fecero un viaggio per l’Italia ai tempi dell’Ulivo e da allora la loro amicizia è rimasta di ferro

Eppure, Letta e Bersani, si sa, sono da molto tempo due gemelli siamesi: fecero un viaggio per l’Italia ai tempi dell’Ulivo e da allora la loro amicizia è rimasta di ferro, e non solo per antipatia – politica e personale – per Renzi. Fornaro e la Depetris sono considerati, ormai, pentastellati di complemento: vanno più d’accordo con i 5Stelle che con i loro colleghi democrat, anche perché tra questi ultimi spiccano gli ex renziani. Il problema è che, sui territori, la sinistra-sinistra e i 5Stelle non si parlano (chiedere a Roma quanto sia detestata, a sinistra, la Raggi…) e che, a volte, pure i rapporti col Pd sono difficili. Insomma, la ‘reunion’ ufficiale di Pd e Art 1 è rinviata a data da destinarsi. 

Le differenze persistono, anche tra Pd e LeU…

Generale De Gaulle

Vaste programme, direbbe il generale De Gaulle…

Il fatto e il punto politico di fondo è che le ‘filosofie’ di Pd e LeU sono assai diverse. Da un lato c’è Articolo Uno, che vuole “rifondare il socialismo” – vaste programme, direbbe il generale De Gaulle – ed è sdraiato sull’alleanza con i 5Stelle  ad esempio su temi sociali cari ai pentastellati (reddito di cittadinanza). Dall’altro c’è il Pd, che – se va bene – può essere considerato, al più, un partito ‘progressista’ (già definirlo di ‘sinistra’ crea imbarazzo, ad alcuni), sicuramente di ‘centro-sinistra’, ma socialista proprio no, ecco.

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Massimo D’Alema
Photo: ANGELO CARCONI -Copyright: ANSA

E invece, magicamente, entrambi i partiti (un ‘partito’ vero, il Pd, con tanto di iscritti, militanti, sedi, tessere, Feste, e un ‘movimento’, Articolo Uno, più magmatico, più etereo e meno diffuso sui territori, ma per colpe non certo sue: difficile rifondare il socialismo, nell’Italia del Covid/post-Covid e dei populismi) restano sempre alleati, nel ‘campo progressista’, vogano e si tirano la volata sempre insieme, si sorreggono – il piccolo con il grande, e viceversa – a vicenda, da buoni fratelli e da buoni vicini. Non foss’altro perché i tre quarti di nobiltà e i lombi di Articolo Uno sempre dal Pd vengono.

Nico Stumpo

Nico Stumpo

Bersani ne fu segretario, D’Alema esponente, in eterna guerra e in eterna lotta con Veltroni prima e Renzi poi, oltre che segretario del Pds prima e dei Ds poi, altri suoi dirigenti ed esponenti nazionali pure: il roccioso, ma simpatico, e calabrese, Nico Stumpo, l’organizzatore, e il pacioso e napoletano, Arturo Scotto, il pensatore, per dire di alcuni, ma pure Guglielmo Epifani, storico ex segretario della Cgil, sempre da lì viene.

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L’ex deputato di Mdp, Arturo Scotto

Per non dire di Roberto Speranza. Il giovane, e mite dirigente lucano, che di Bersani era il pupillo e di Art. 1 il segretario politico, carica di cui nessun italiano sa mentre tutti gli italiani sanno, e molto bene, cosa fa da ormai due anni: il ministro della Salute (mestiere che, nonostante gli attacchi e critiche di Salvini&Meloni, svolge in modo impeccabile).

La sinistra-sinistra che viene da altrove e resta altrove…

fratoianni nicola

Nicola Frantoianni

Parliamo, qui, di Articolo Uno e della sinistra-sinistra ‘alleata’ del Pd, però, evitando invece di parlare del resto della sinistra-sinistra, ancora esistente, tutt’altra realtà assai composita e frastagliata: C’è Sinistra italiana di Nicola Fratoianni, la sola che siede in Parlamento, anche se Fratoianni, alla Camera, la rappresenta solo sé stesso (l’altro deputato eletto in LeU e proveniente dalle file di SI se n’è andato), mentre al Senato i rappresentanti di Sinistra italiana sono due (le ex grilline Nugnes e Fattori); il Prc di Maurizio Acerbo, il Pc di Marco Rizzo e altre formazioni pulviscolari minori che, però, a onor del vero, non sono mai venuta dal rosario sgranato che si declina ‘Pci-Pds-Ds-Pd’, come fosse una litania, ma da tutt’altra storia e storie.

Marco_Rizzo

Marco Rizzo, leader del Partito comunista

 

Vengono cioè, quasi tutti, dalla prima, vera e storica, Rifondazione comunista di Cossutta e Bertinotti, come pure dal Pdci di Diliberto e Cossutta, come pure dalla sinistra sociale e sindacale cosiddetta ‘antagonista’, vicina ai centri sociali, etc.

Mondi – per quanto piccoli e atomizzati siano – che di ‘rapportarsi’ al Pd (guidato da Renzi, da Zingaretti o, come ora, da Letta, poco importa) non vogliono neppur sentir parlare: mettono mano alla pistola – in senso figurato, si capisce – e guardano avanti. 

Articolo Uno

Ma, tornando invece ad Articolo Uno e alla sua iniziativa pubblica di ieri (oggi la chiusura) il problema è, come sempre, sempre lo stesso. Decidere una ‘linea’, radicarsi ‘nei territori’, costruire leadership vere e non inventate, dimostrare di saper essere ‘di lotta e di governo’, dotarsi di programmi seri, spendibili e credibili e costruire alleanze e candidature larghe e solide. Compiti non facili, specie perché la ‘tentazione’ di sciogliersi nel Pd e dichiarare fallito il tentativo di dare vita, anni fa, a un nuovo partito della sinistra è forte, almeno in alcuni dirigenti Art 1, i più disamorati e in subbuglio.

Alcuni anche a causa dei loro ‘lider maximi’ come uno dei più antichi e prestigiosi, Massimo D’Alema, che si fanno cogliere colle mani nella marmellata e rispondono, piccati, con la consueta alterigia. Modi e toni che non ‘fanno bene’ al gracile Art.1. Meglio Bersani e il suo socialismo delle origini, cioè ottocentesco. Almeno è uno verace.

La vendetta di ‘Baffino’: i soldi che ‘mancano’ al Pse…

Massimo dAlema

La vendetta di Baffino: i soldi mancanti al Pse

A complicare le cose, e a rovinare la ‘festa’ dell’assemblea nazionale di Articolo Uno, infatti, ci si sono messe pure le rivelazioni sui soldi che Massimo D’Alema ‘deve’ al gruppo del Pse… La notizia la spara, l’altro ieri, il quotidiano La Repubblica: l’accusa del Pse è di aver corrisposto a D’Alema, come presidente della Feps (l’associazione delle Fondazioni di studi dei vari partiti del Pse), diecimila euro al mese per tanti, troppi, anni.

La Feps, però, ha deciso che la misura era colma e, con diverse astensioni delle Fondazioni italiane, ma senza nessun voto contrario, ha deciso di intentare una causa civile a D’Alema per riavere indietro ben 500mila euro che gli ha pagato in questi anni. 

Massimo D'Alema e la FEPS

Massimo D’Alema e la FEPS

D’Alema, intervistato da Repubblica, si difende così: “Dal 2013 al 2017 ho ricevuto dalla Feps uno stipendio mensile di 10mila euro lordi, pari a 5mila euro netti. I primi tre anni, dal 2010 al 2013, ero ancora parlamentare e ho svolto le mie funzioni gratuitamente. Sono stato retribuito non per una funzione, ma per l’attività svolta. Ho onorato i miei impegni, guadagnato lo stipendio”. Poi, però, come sempre, D’Alema alza il sopracciglio e mostra tutta la sua accidia, come quando dice: “Penso di avere largamente onorato quel contratto e di essere stato pagato meno del valore delle mie prestazioni. Dico solo che, da quando non presiedo la Feps, guadagno molto di più, naturalmente” (sic). 

Uno schiaffo in faccia a quei ‘deboli, oppressi e precari’ che la sinistra italiana, a partire da quella di Articolo Uno, dice di voler difendere.