“Delenda Pd!”/1. Il Pd vuole uccidere sé stesso. Gli avvoltoi Conte, Renzi e Calenda

“Delenda Pd!”/1. Il Pd vuole uccidere sé stesso. Gli avvoltoi Conte, Renzi e Calenda

4 Ottobre 2022 2 Di Ettore Maria Colombo

Sommario

“Delenda Pd!”/1. Il Pd vuole uccidere sé stesso. Gli avvoltoi Conte, Renzi e Calenda. Big pressing su Letta, Bonaccini sgasa i motori ma non c’è nessun ticket con la Schlein in vista…

avvoltoi

Il Pd vuole uccidere sé stesso. Gli avvoltoi Conte, Renzi e Calenda

 

Nb: una parte di questo articolo è stato pubblicato il 4 ottobre 2022 sul sito di notizie Tiscalinews.it.

 

Giovedì, in Direzione, voleranno gli stracci. Aumentano quelli che vogliono rottamare il Pd

enrico letta sconfitta

Il segretario del Partito Democratico, Enrico Letta

Sarà in diretta streaming la direzione del Pd di giovedì 6 ottobre. Non solo l’intervento di apertura di Enrico Letta, ma l’intero dibattito. 

E non sarà una discussione semplice, anzi sarà molto faticosa, perché quel congresso costituente” lanciato dal segretario venerdì con la lettera agli iscritti non è affatto facile da tradurre concretamente. Letta, raccontano i suoi, non ha tesi precostituite, non sposa nessuna delle tante posizioni in campo al momento, ma su un punto è netto: il Pd non può essere liquidato. Questo è l’unico punto fermo del segretario uscente, ma non è poco dal momento che l’idea di “superare”, di “andare oltre”, di “rottamare” il Pd circola eccome, dentro e fuori il partito. 

Di fatto, anzi, il vero nodo da sciogliere è proprio questo, perché è evidente che nei confronti dei democratici è in atto un tentativo di ‘opa ostile’ dal centro e dai 5 stelle, ma anche da parecchi ambienti di sinistra radicale e intelletto’.

 

Un ‘congresso costituente’. Bene, ma con chi?

Arturo_Scotto_Mdp

L’ex deputato di Mdp, Arturo Scotto

Non a caso una delle questioni sulle quali si dovrà discutere è come e quando aprire il dibattito anche alle forze e alle realtà esterne al Pd. Articolo Uno ha aderito alla proposta di Letta, ma chiede di partecipare fin dalla prima fase. E Arturo Scotto ha chiarito: “Non ci iscriviamo al Pd”.

Alessandro Alfieri

Alessandro Alfieri

Alessandro Alfieri, coordinatore di Base riformista (l’area di Lorenzo Guerini), ha un’idea diversa: “Le regole sono chiare, parla lo statuto: chi decide di iscriversi può partecipare. Chi vuole partecipare a un congresso rigenerativo perché ne vuole fare parte potrà farlo. Nessun veto”. Solo che, non essendo stupido, i veti li pone eccome.

lorenzo guerini

Lorenzo Guerini

E il tema è sentito anche in altre aree del Pd, non solo in Base riformista: “Di certo non mi faccio venire a spiegare come devo rifare il Pd da chi ritiene che Conte sia il leader dei progressisti”, dice un dirigente dem che preferisce l’anonimato.


Tante le parole e voci, interessate e retoriche, che si alzano. Cosa vuol dire fase ‘costituente’?

Lo sforzo (encomiabile) delle Agorà democratiche

Lo sforzo (encomiabile) delle Agorà democratiche

Il “congresso costituente” è, però, una mossa cui Letta crede: il segretario è convinto che il modello delle Agorà (un sostanziale fallimento: sempre gli stessi partecipanti, e pure demotivati) vada replicato per rinnovare davvero il partito. 

Mdp_Articolo1_logo

Il logo elettorale di Mdp-Articolo 1

Inoltre, c’è anche un’esigenza tattica che spinge in questa direzione: da Andrea Orlando a Goffredo Bettini, fino ad Articolo Uno, sono in tanti ad avere chiesto appunto una fase “costituente”, aperta a forze esterne al Pd. 

Goffredo Bettini

Goffredo Bettini

Tra questi, peraltro, c’è pure quella Elly Schlein che i sondaggi indicano come la più forte possibile candidata da contrapporre a Stefano Bonaccini, il governatore emiliano che, al momento, formalmente è sostenuto solo da una corrente, quella di Base riformista. 

Mettere sul tavolo un “congresso costituente” serve dunque anche a giocare d’anticipo, evitare – come dice un esponente di Articolo Uno – “che Elly a un certo punto dica: il Pd resta chiuso in sé stesso, preso dai suoi riti, facciamo un’altra cosa”.

Piero De Luca ed il padre

Piero De Luca ed il padre


D’altro canto, però, è molto complicato tradurre concretamente questa idea. “Dobbiamo aprirci al confronto, rifondare e rinnovare nel profondo il partito – dice il deputato del Pd campano, Piero De Luca (figlio del governatore Enzo) – Ma senza rinnegare la nostra storia, senza snaturarci”. 

alessandra moretti

Alessandra Moretti

E l’eurodeputata Alessandra Moretti aggiunge: “Il simbolo del Partito democratico non può essere messo in soffitta, semplicemente perché non appartiene a nessuno ma è bene comune”. 

gianni cuperlo

Gianni Cuperlo

Un leader della sinistra interna che fu, Gianni Cuperlo, appena rieletto deputato, da Radio Immagina avverte: “Il tema non è l’alleanza con Conte o con Calenda, ma l’identità di questa forza. Chi siamo e chi vogliamo rappresentare”.

 

Il nodo dei tempi: quando si fa il congresso?

bonaccini pdC’è poi la questione dei tempi: Bonaccini spinge per accelerare. Alfieri chiede “tempi certi” e definisce sbagliato perdersi in “tattiche dilatorie”. Per il presidente dell’Emilia-Romagna e per Base riformista le primarie per il nuovo segretario si dovrebbero tenere entro febbraio. Quasi tutti gli altri, però – a cominciare dalla sinistra fino a Dario Franceschini – pensano che un “congresso costituente” e un dibattito sull’identità abbia bisogno di tempi più lunghi

Dario Franceschini

Dario Franceschini

Anche perché, come è evidente, allo stato non è maturata una candidatura alternativa a Bonaccini e serve tempo per organizzarsi: la stessa Schlein, la più accreditata a sfidare il presidente dell’Emilia-Romagna, non solo non ha al momento il consenso unanime della sinistra del Pd (Provenzano e Orlando ‘lottano’ sol per sé…), ma potrebbe beffare tutti e andare in campo sì, ma in ticket con lo stesso Bonaccini (come vedremo). E c’è chi continua a pensare che Andrea Orlando possa giocare in prima persona la partita. Così, in tanti assicurano che le primarie si faranno, probabilmente, ad aprile-marzo e non a gennaio-febbraio come vorrebbero, invece, fare Bonaccini e Br per sfruttare l’onda ‘corta’ della ‘sveglia’ elettorale arrivata al Pd e Letta.

 

L’aut aut interessato degli alleati esterni: “o noi o gli altri”. Gli ‘avvoltoi’ Terzo Polo e M5s

renzi calenda

Renzi & Calenda

Poi ci sono Carlo Calenda e Matteo Renzi mettono le cose in chiaro e lanciano un aut-aut al Pd:Mai col M5S. I dem decidano se stare con noi o con loro”, dicono praticamente all’unisono, agitando le acque nel campo dell’opposizione che si è delineato con il voto del 25 settembre. 

In vista del debutto del nuovo Parlamento, strategie e riunioni non segnano solo le giornate del centrodestra, chiamato a costruire una compagine di governo. Anche all’opposizione si discute di alleanze, da fare in aula o in vista dei prossimi appuntamenti con le elezioni Regionali (Lazio e Lombardia a marzo) e amministrative. 

Ieri, a fare il punto, quindi, è il ‘terzo polo’. Calenda e Renzi si sono visti, lontano dalle telecamere. Quello che filtra è “grande soddisfazione per il lavoro comune svolto e desiderio di procedere insieme”. Ora la priorità, viene riferito, è formare i gruppi unitari (con un capogruppo ad Azione e uno a IV) e “nel mese di novembre lavorare sulla federazione unitaria”. L’obiettivo, viene ribadito, è essere il primo partito alle europee del 2024 e soddisfazione e stata espressa anche alla luce dei sondaggi. 

Movimento 5 stelle

Movimento 5 stelle

Sì al viaggio insieme è il messaggio risuona forte e chiaro. “Noi non facciamo alleanze con il M5s perché riteniamo che quel modo di fare politica sia molto lontano da quello che serve al Paese. Dopo di che sarà il Pd a dover scegliere”, dice il leader di Azione, supportato a stretto giro dal leader di Italia viva. “A me del Pd non interessa, presto ci sarà un governo e ci saranno due opposizioni: una riformista con noi e Calenda e una populista con Conte e quelli del Pd che amano Conte“, afferma, beffardo, Renzi, che conferma la chiusura per le regionali e retoricamente si chiede: “Dopo tutto questo caos, ci mettiamo con Pd e Cinque stelle? Calenda ha detto ‘coi cinque stelle mai’, mi è parso chiaro”. 

 

Ma il Pd a Conte e 5s ci ‘guarda’ eccome…

francesco boccia

Francesco Boccia

Il pallino è quindi in mano al Pd, che invece sembra voler ricucire il ‘campo largo’ per non lasciare praterie al centrodestra. Ieri Francesco Boccia, responsabile Enti locali per il Nazareno, lo ha detto chiaramente: “Io penso che sia assolutamente inevitabile l’alleanza con chi si rivede nel campo progressista, come il M5S, e con chi si vede alternativo alla destra”, a partire “dalla Regione Lazio dove, probabilmente fra due mesi, si dovrà parlare della nuova campagna elettorale e decidere se vincere o se regalarla alla destra”. Su questo fronte però – riferiscono fonti parlamentari pentastellate – le speranze sarebbero poche:La rottura che ha preceduto le elezioni politiche ha lasciato strascichi ed è difficile da ricomporre in così poco tempo”, si ragiona nel Movimento, che proprio nel Lazio governa con il Pd all’interno di una giunta, quella Zingaretti, che si regge su pochi voti, sostanzialmente quelli dei pentastellati. 

 

Risiko di alleanze in Lazio, Lombardia, Friuli

Enrico Gasbarra

Enrico Gasbarra

Ma oltre al Lazio, ,dove il candidato Pd ‘preferito’ dai 5s è Enrico Gasbarra, e alla Lombardia (Calenda appoggerà la Moratti, i 5S non si sa chi presenteranno, il Pd sta a ‘carissimo amico’ nella scelta dei candidati, ma potrebbe chiedere a Carlo Cottarelli, stracciato alle ultime elezioni a Milano l’ennesimo ‘sacrifizio’…), si vota pure in Friuli.

Carlo_Cottarelli

L’economista Carlo Cottarelli

Dove si registrano, invece, prove di dialogo, in Friuli Venezia-Giulia, tra Movimento 5 stelle e Alleanza Sinistra-Verdi. Ancora non ci sono stati incontri, ma in vista delle elezioni Regionali 2023 è già avvenuto uno scambio pubblico di reciproco riconoscimento. Con un avvertimento, da parte di M5s: nessun dialogo con il centrosinistra di questo Pd, ma confronto che prende le mosse da alcuni temi come la sanità e l’ambiente.

Massimiliano_Fedriga_Lega_Friuli

Il Governatore del Friuli Venezia-Giulia Massimiliano Fedriga (Lega)

Le due forze si sono rese conto che per l’appuntamento elettorale di primavera, quando il leghista Massimiliano Fedriga si ripresenterà candidato (Fratelli d’Italia permettendo), la corsa solitaria rischia di condannare le opposizioni alla marginalità. E allora ecco l’idea di un patto ‘tagliafuori’ al Pd. 

L'ex premier Giuseppe Conte

Giuseppe Conte

Un nodo che Giuseppe Conte dovrà comunque discutere con i suoi: nei prossimi giorni è atteso un Consiglio nazionale dei Cinque stelle proprio per affrontare l’organizzazione dell’attività nelle aule parlamentari (con annessa scelta di capigruppo e dei nomi per i ruoli istituzionali) e le future alleanze. Morale, dovrà dire con chi sta.

 

Si alza il grido di dolore “vogliono distruggere il Pd!”

luigi zanda 1200

Luigi Zanda

Sulle scelte dei democratici, invece, pesano anche le incognite del percorso congressuale tracciato dal segretario. “Il Pd è un partito indispensabile per il sistema politico e la democrazia italiana”, sottolinea l’ex capogruppo ed ex tesoriere Luigi Zanda, ma poi avvisa: “Lo vogliamo capire che Conte, come Renzi e Calenda, vogliono disintegrare il Pd per prenderne i voti?”. Parole che sembrano chiudere alle alleanze ma che forse colgono il punto, come conferma Gianni Cuperlo, presidente della Fondazione Costituente del Pd e neo-deputato: “Un dibattito profondo sulla nostra identità è stato molte volte evocato e, sempre, rinviato. Oggi siamo a un bivio. Smettiamola con il giochino ‘stiamo con questo o con quello, con Conte o con Calenda’, perché prima si deve partire dalle fondamenta”.

Andrea Marcucci

Andrea Marcucci

E’ invece più deciso, sulla strada futura, l’ormai ex senatore Andrea Marcucci: “I dem devono decidere se essere quelli del Lingotto, con i riformisti ancora protagonisti, o viceversa se c’è volontà, annunciata da alcuni, di marginalizzarli, una volta per tutte”. 

 

La lettera con cui Letta ha aperto il congresso. Tutti a sperticarsi in elogi a lui (solo ora…)

La lettera con cui Letta ha aperto il congresso

La lettera con cui Letta ha aperto il congresso

Come si sa, quattro giorni fa, Enrico Letta ha scritto una lettera aperta agli iscritti, militanti e simpatizzanti del Pd. Tutti – ovviamente – dai candidati a succedergli (il sindaco Ricci, De Micheli, Bonaccini, la Schlien, il sindaco Nardella pare proprio che si ritiri, il sindaco Decaro pure, il sindaco Sala neppure ci pensa, altri nomi di big sono e restano ‘coperti’, ma ci sono) ai dirigenti storici fino ai parlamentari neo-eletti – si sono subito sperticati in elogi, plausi, encomi. “Servo encomio” (quello pubblico) e “codardo oltraggio” (quello privato), si capisce. I big dem non vedono l’ora che ‘Enrichetto’ tolga il disturbo e “se ne torni a Parigi” (dove insegna). 

lettera

Ma veniamo alla lettera di Letta. Il segretario, che accompagnerà il partito fino al ciglio del burrone (il prossimo congresso, che si terrà a marzo 2023, non prima: mancano, si dice, “i tempi tecnici”), mette, giustamente, tutto in discussione: il nome, il simbolo fino all’identità stessa del Pd. Letta ‘parla’ agli iscritti, prima ancora che ai dirigenti, e illustra il percorso di un congresso chiamato a riformare il partito dalle fondamenta. E già questo è un segnale di quanto il congresso sarà aperto all’esterno, a iniziare dalle forze politiche, come Articolo Uno e Demos-Democrazia Solidale, che hanno partecipato alla Lista “Italia Democratica e Progressista” (ci sarebbe pure il Psi, ma sta a sé). 

 

Cosa dice la ‘letterina’ di Letta sul congresso: quattro tappe di un congresso ‘palingenetico’

congresso costituente

Cosa dice la ‘letterina’ di Letta sul congresso: quattro tappe di un congresso ‘palingenetico’

Il segretario, con la sua ‘lettera aperta’ agli iscritti di due giorni fa ha annunciato un congresso in quattro fasi attraverso una ‘chiamata’ a tutti quelli che vogliono essere protagonisti della fase storica che si apre. “Abbiamo bisogno di un Congresso Costituente”, premette Letta, che chiede “passione e impegno”. La Direzione è – come detto – già stata convocata il 6 ottobre e qui la maggioranza è saldamente in mano all’area ‘Zinga’ più l’area Franceschini, Base riformista e Giovani turchi in minoranza. 

4 fasi

Darà il suo via libera formale, ma il percorso è già tracciato. “In quattro fasi”, spiega Letta. La prima fase “sarà quella della ‘chiamata’: durerà alcune settimane e – seguita Letta – “chi vuole partecipare alla missione costituente, che parte dall’esperienza della lista, possa iscriversi ed essere protagonista”. Traduzione: il voto per i candidati (primo giro tra gli iscritti, secondo tra gli elettori, le famose primarie ‘aperte’) sarà ‘inquinato’, ma in modo legittimo, dagli iscritti ad altre forze politiche che, fino a oggi, non avevano la tessera dem. Soprattutto Articolo 1 (ex LeU), avrà modo di far ‘pesare’ i propri voti. Poi, un mese di pausa per raccogliere le forze. E stiamo parlando dei più ‘vicini’ a Conte e ai 5s. Ed ecco la seconda fase: “sarà quella dei ‘nodi’ e consentirà di confrontarsi sulle principali questioni da risolvere”, scrive ancora Letta, avvertendo che “quando dico tutte, intendo tutte: l’identità, il profilo programmatico, il nome, il simbolo, le alleanze, l’organizzazione. E quando parlo di dibattito profondo e aperto, mi riferisco ai circoli, ma anche a percorsi di partecipazione sperimentati con successo con le Agorà dem”. 

Tradotto: sarebbe il famoso, ma mai fatto, “congresso a tesi”, giusto per non farlo solo sui nomi. Segue la terza fase, “quella del confronto’ sulle candidature emerse tra i partecipanti al percorso costituente”. E qui, finalmente, si arriva alla ‘ciccia’. Cioè, appunto, ai (tanti) candidati, peraltro già in campo. Ma Letta non vuole “un casting”, ma un “confronto e una selezione per arrivare a due candidature tra tutte, da sottoporre poi al giudizio degli elettori”. Dal punto di vista tecnico, è una specie di sistema elettorale a ‘doppio turno’ che mira a dare maggiore forza e rappresentanza al segretario/segretaria che verrà. 

Infine, ecco la quarta fase, quella delle ‘primarie’: “Saranno i cittadini a indicare e legittimare la nuova leadership attraverso il loro voto”. In realtà è la scoperta dell’acqua calda. I congressi del Pd si sono sempre fatti così: primo giro tra gli iscritti e poi primarie aperte, ma messa giù alla Letta è tutto più civile, urbano, dignitoso. Solo che, diceva Romano Prodi, alle primarie “deve scorrere il sangue”. E il sangue scorrerà. 

 

Il timing del congresso fissato dal segretario e le ‘paure’ di Base riformista sui tempi…

Timing logo

Il timing del congresso fissato dal segretario e le ‘paure’ di Base riformista sui tempi…

Non il nome e neppure il simbolo, quindi: il nodo da sciogliere nel Pd, prima di qualunque altra considerazione, sono i tempi del congresso

Tutti, a cominciare dal segretario Enrico Letta, sperano di concludere il percorso che porta alle primarie in tempi brevi. Un compito non facile, tuttavia: l’ultima volta, era il 2019, ci vollero sei mesi per fare i congressi locali, quelli provinciali per approdare infine al congresso nazionale e alle primarie. Base Riformista, che ha già detto di voler sostenere la corsa di Stefano Bonaccini, preme perché “non si allunghi il brodo”: il rischio, per l’area politica che si raccoglie attorno a Lorenzo Guerini (e, dietro lui, a Luca Lotti), è quello di arrivare impreparati alle regionali di primavera, oltre che veder logorare la figura del proprio candidato, il governatore emiliano. 

logo base riformista

Logo Base Riformista

Mercoledì, Base Riformista cercherà di fare il punto su quello che si muove in vista della Direzione di giovedì. L’obiettivo possibile è di chiudere entro fine febbraio o inizio marzo. Una necessità ancora più stringente visti gli attacchi quotidiani che arrivano dai centristi e dal M5s. 

 

“Una cacofonia prevedibile”. La stizza dei dem

renzi porta a porta

Matteo Renzi

In particolare, tanto al Nazareno quanto fra le fila parlamentari del Pd, destano sorpresa gli attacchi di Matteo Renzi. “Il nostro obiettivo è costruire una opposizione seria che sappia parlare al Paese. Stupisce, per questo, l’ossessione di Renzi che continua a parlare del Pd”, dice sempre il senatore del Pd, Alessandro Alfieri. “E’ evidente che c’è un attacco al Pd a cui dobbiamo rispondere in maniera unitaria”, aggiunge, “con un percorso congressuale che venga dal basso e in tempi certi così da affrontare al meglio le prossime sfide”. 

Carlo Calenda

Carlo Calenda

Un attacco, quello del leader di Italia Viva che si pone anche in contraddizione con quanto dice Carlo Calenda, alleato elettorale di Renzi. L’uno, Calenda, invita il Pd ha mollare M5s per aggregarsi al centro. Renzi si fa promotore di una linea oltranzista, né con il Pd né con il M5s. 

Una “cacofonia prevedibile”, è il commento che arriva dal Nazareno, che “mette in evidenza una contraddizione enorme” fra i due leader centristi. Anche perché, viene sottolineato, “nel Lazio, Calenda e Renzi governano già con il Pd e i 5 Stelle, solo che sembrano non accorgersene”. 

Qualche indicazione in più, anche sui tempi del congresso, arriverà comunque giovedì, quando Letta terrà la sua relazione in direzione. Non si tratterà di una proposta chiusa, ma aperta alle proposte di tutti per un “vero congresso costituente”. Da questo punto di vista, rappresentano sono, agli occhi del Nazareno, un segnale positivo le tante dichiarazioni e sollecitazioni arrivate anche attraverso dai media. 

enrico borghi

Enrico Borghi

Ciò che invece è “irricevibile” per il Nazareno è la “drammatizzazione di chi pensa che il Pd sia da sciogliere”. Il Pd, infatti, è il secondo partito in Italia e uno dei più importanti partiti della socialdemocrazia in Europa, viene sottolineato. La stessa Spd tedesca, che oggi governa, ha avuto un percorso accidentato molto e numeri non molto dissimili da quelli del dem. Inoltre, come scrive il lettiano Enrico Borghi,il Psoe è stato fondato nel 1879, il Labour Party nel 1893, la Spd esiste dal 1863. Quando hanno perso le elezioni non hanno cambiato nome, ma politica, sintonizzandosi con la Storia”. Traduzione: perché proprio noi dovremmo cambiare nome?!”. 

 

Ma l’alato dibattito sul ‘futuro’ del Pd affascina davvero qualcuno? No, ma prosegue imperterrito nelle varie sedi..In attesa che si riunisca la Direzione, dunque, si guarda con ottimismo ai prossimi passaggi, mentre sembra arrestarsi la pioggia di candidature e auto-candidature seguita alla conferenza in cui lo stesso Letta ha dichiarato di non volersi ricandidare alla segreteria. 

 

Big in pressing forsennato su Letta per i tempi e diffidenti tra di loro sulle prospettive future

big

D’altronde, precipitarsi a eleggere un nuovo segretario senza prima affrontare una discussione seria su cos’è il Pd e quali mondi vuol rappresentare rischia di impedire quel processo costituente, di vera rifondazione, che tutti a parole dicono di volere. Meglio prendere tutto il tempo che serve per rigenerarsi e ridefinire un’identità che la permanenza al governo negli ultimi dieci anni – con tutti gli alleati e le formule possibili – ha finito per scolorire. È la tesi sostenuta da un piccolo movimento, trasversale alle correnti dem, che sta affilando le armi in vista della direzione nazionale. Con un corollario preciso: i vertici devono restare al loro posto, nel pieno delle funzioni finché l’intero percorso non verrà completato. Senza fretta, né tentazioni liquidatorie. Questo pensa un pezzo dei ‘liberal’. 

Roberto Morassut

Roberto Morassut – Deputato Pd

A dirlo senza troppe perifrasi è Roberto Morassut, uno dei pochi uscenti a vincere la sfida di collegio: “Se vogliamo davvero fare una costituente che non sia un’operazione di facciata, credo che Enrico Letta debba rimanere segretario e guidarla insieme alle attuali capigruppo sino a che non via sia un processo reale di costituzione di un soggetto politico nuovo che rimescoli le carte tra interno ed esterno”, spiega il deputato romano. “Con le regole vigenti non è possibile perché l’iter congressuale è costruito sulle primarie, cioè su una gara fra candidati per la leadership. Quindi penso che qualche novità procedurale andrà introdotta. Bisogna partire da un testo sui valori e i temi fondamentali, affidato a personalità di altissimo profilo, che viaggi non solo nei circoli ma in mille assemblee, nei luoghi di lavoro e di studio, per superare gli steccati, andar oltre il perimetro”.

Orlando andrea

Orlando Andrea

È quel che pure Andrea Orlando ripete da giorni, insieme a buona parte della sinistra dem. “Non si parte dalla coda, da un nome magari concordato tra qualche capobastone”, rincara Gianni Cuperlo. “Oggi siamo a un bivio. Smettiamola con il giochino ‘stiamo con Conte o con Calenda’, si deve prima iniziare dalle fondamenta, da noi e da tutti coloro che guardano al Pd, magari anche con critiche fondate”. Una frenata che non dispiace a Dario Franceschini, il quale come al solito briga più per sé che gli altri. 

Tutti, fin qui, orfani di un candidato in grado di ostacolare la cavalcata di Stefano Bonaccini, sceso in pista con il sostegno di Base riformista, l’area che fa capo a Lorenzo Guerini. La quale non a caso insiste per celebrare le assise “in tempi certi”, ribadisce il senatore Alessandro Alfieri, che di Br è e resta la voce autorevole e portavoce. 

emanuele fiano

Emanuele Fiano

Non tutti gli ex renziani spingono però per accelerare la successione a Letta. “Credo che il congresso con le attuali regole finisca per essere funzionale a un accordo tra correnti su un nome. Noi invece abbiamo bisogno di un congresso a tesi su cui scontrarsi”, ragiona l’ex Lele Fiano

 

Il metodo della lettera di Letta e le polemiche che, subito, ne sono nate dentro i democrat…

polemiche

Il metodo della lettera di Letta e le polemiche che, subito, ne sono nate dentro i democrat…

Questo il metodo. Nel merito, Letta punta a rinnovare il partito nella sua organizzazione interna e, soprattutto, nel gruppo dirigente, con l’ingresso di volti nomi e forze fresche. Perché quello del congresso del Pd, per Letta, “è un percorso che concilia l’urgenza di affrontare i nostri problemi con la indispensabile rigenerazione del gruppo dirigente. Contenuti forti e volti nuovi sono entrambi necessari. Gli uni senza gli altri rischiano di trasformare il Congresso in un casting e in una messa in scena staccata dalla realtà e lontana dalle persone”. 

Una impostazione che riceve il plauso da una larga parte di dirigenti e deputati. Goffredo Bettini, tra i primi a rispondere alla ‘chiamata’ di Letta, sottolinea che si è “aperta la discussione su di noi e su tutte le possibili strade in grado di farci uscire da una difficile situazione. Partecipazione e democrazia. Alla fine, competizione tra i leader”. 

serracchiani

Debora Serracchiani

Invece, per la capogruppo del Pd alla Camera, “serve un nuovo inizio per tornare a incontrare e rappresentare quella parte della società che aveva visto nel Pd una speranza ed una forza di cambiamento sulla strada dei diritti e della giustizia sociale”. Dunque, aggiunge la dem Deborah Serracchiani, “ha ragione Letta nell’indicare un percorso per il Congresso Costituente che sia capace di rimettere tutto in discussione come premessa per recuperare capacità espansiva nella società. Dobbiamo saper coinvolgere tutti quelli che hanno a cuore questo processo. Tutto ciò senza dimenticare che siamo il secondo partito e ci spetta il compito di organizzare un’opposizione dura e intransigente alle destre”, aggiunge, facendo eco alle parole detta dal segretario già nella notte elettorale. 

piero fassino

Piero Fassino

Per Piero Fassino, “non siamo condannati all’estinzione, ma si deve trarre dalla realtà la sollecitazione a mettere in campo i cambiamenti radicali necessari”. Tra i sindaci e gli amministratori è Matteo Ricci (sindaco di Pesaro, capofila dei sindaci del Pd, candidato alla segreteria, e tra i primi, anche se ora frena un po’) a sottolineare con favore le parole di Letta: “Bene il percorso proposto da Enrico Letta per il nuovo Pd. Mettiamocela tutta, insieme: con umiltà, determinazione e con il sorriso. Forza PD!”. 

Lia Quartapelle

Lia Quartapelle

Non mancano, tuttavia, le voci dissonanti. Lia Quartapelle, esponente della segreteria Letta, vede – ingrata – nelle parole del segretario la volontà di “cambiare il nome per non cambiare nulla” e chiede che, anziché un congresso costituente, si proceda all’elezione del segretario “applicando la carta dei Valori e statuto del Pd”. 

 

La fifa: “Renzi e Conte in opa ostile su di noi!

opa ostile e1664883240709

La fifa: “Renzi e Conte in opa ostile su di noi!”

Una guerra tra sinistra e riformisti, è la paura, rischia di sfasciare il Pd cui puntano Calenda e Conte: banchettare sui resti di un partito lacerato. Renzi lo dice testuale: “La fine del Pd è sia con, sia senza Elly Schlein. Il governo avrà due opposizioni, quella riformista, la nostra, e quella populista con Conte e il gruppo dem che ama Conte: Bettini, D’Alema, Provenzano(amen). 

Musica simile in casa M5S, dove si dicono certi che “l’alleanza con il Pd non si farà neppure alle prossime regionali”. Nemmeno in Lazio, dove già si governa insieme. “Giuseppe non si fida più”, trapela dal quartier generale dei pentastellati. 

Chiaro l’obiettivo: replicare quanto accaduto alle politiche, con i grillini pronti a cannibalizzare parte dell’elettorato dem. Ecco perché “non possiamo fare tutta la nostra discussione congressuale sulle alleanze”, avverte Enrico Borghi, responsabile Sicurezza del Pd. “Lo dico ai miei colleghi: non facciamo vincere ora chi ci voleva ammazzare e non c’è riuscito”.

 

Bonaccini ormai è sceso in campo. E studia un ticket a sorpresa: la ‘nemica’ Elly Schlein? No.

Schlein e Bonaccini

Schlein e Bonaccini

Al netto delle fredde regole e regolamenti, di Statuti e codicilli, come e quando e chi vota, etc. resta in campo la Politica. Qui arrivano le novità. Stefano Bonaccini ha dato un’accelerazione virtuale alla campagna per la guida del Pd con un post che non risparmia chi c’è e nemmeno il partito: «c’è un problema di credibilità, non di immagine, di sostanza, non di forma. Di progetti, non di slogan. Di classe dirigente, non di album delle figurine. Il problema del Pd non è il nome». Quindi l’affondo: «La classe dirigente va rinnovata nella sostanza, non per slogan. Abbiamo donne e uomini nel partito dei territori, amministratrici e amministratori che hanno dimostrato sul campo di saper vincere o comunque di fare la differenza: smettiamola di tenerli in panchina e rendiamoli protagonisti».

Ma dato che gli emiliani sono gente contadina (“scarpe grosse e cervello fino”) ecco che provano a trasformare una debolezza in forza. A Bonaccini manca una donna? Non c’è problema, rubiamo quella degli avversari e ‘boma lì’…

Andrea De Maria - Pd

Andrea De Maria – Pd

Del resto, meglio un ticket di un derby è il motto di Bologna per evitare il rischio di un duello tra il presidente della Regione Stefano Bonaccini e la sua vice Elly Schlein, entrambi in corsa per il Nazareno. Lui un passo avanti l’ha già fatto. lei non parla da giorni. Ad alzare la mano in questo clima è il parlamentare dem Andrea De Maria, che ha già dichiarato il suo endorsement per il presidente, e che auspica a questo punto una corsa a due tra il governatore e la sua vice. 

bindi rosy

Rosy Bindi

Per sedare sul nascere anche le tentazioni di dissolvimento del Pd – dalla diaspora alla scissione fino allo scioglimento evocato dalla ex Rosy Bindi – che si stanno diffondendo a Roma. 

E’ un mio auspicio personale”, spiega De Maria su Twitter: “Elly Schlein sarebbe perfetta per un ticket. Come si è già fatto in Emilia-Romagna. Sarebbe un modo per contribuire davvero dalla nostra terra ad una nuova stagione di rilancio e di rinnovamento del Pd e del centrosinistra”.

Ma, al netto di quel buontempone di De Maria, quella del ticket Bonaccini-Schlein è “una strada impercorribile” a sentire alcune fonti Pd, di Br e non solo: si tratterebbe, infatti, di minare la forza della leadership nazionale e della giunta emiliana con un colpo solo. Non solo: “Vorrebbe dire fare un minestrone con tutti dentro senza contarsi e lasciando le cose come stanno”. Senza dire del fatto, non peregrino, che uno come Guerini – cattolico di provata fede – mai potrebbe appoggiare Bonaccini se andasse con la Schlein, che ha detto ‘non sono cristiana, non sono madre, sono lesbica’, etc. davvero troppo, per uno come Guerini che ha studiato all’Università cattolica di Milano ed è un fervente cattodem.

Elly Schlein

Elly Schlein

Ma è un tentativo di ricomposizione, per evitare una resa dei conti emiliano-romagnola? In realtà l’idea è in realtà mirata a sgomberare il campo del governatore dalla temibile avversaria. Bonaccini sarebbe infatti in campo per attrarre prima di tutto l’area riformista, ma con l’obiettivo di riunire tutto il Pd e anche gli alleati, sia a destra che a sinistra, secondo il modello di governo allargato che guida in Regione. Schlein non ha ancora fatto passi avanti per la sfida alla conquista del Pd né è iscritta al Pd e, inoltre, in molti, tra i dem, la considerano, a brutto muso, “una cretina, vuota, incapace”… Invece, proprio il fatto di essere slegata dalle correnti è considerato dalla sinistra del partito come un vantaggio nella sua corsa al Nazareno.

L’ipotesi di una guida Schlein, tuttavia, espone al rischio di una diaspora dei moderati dem, che potrebbero a quel punto muoversi verso il Terzo polo di Renzi e Calenda. Un dissolvimento del Pd mai visto finora e che tutti vogliono scongiurare.