“Un, due, tre, scissione!”. Renzi ha pronti partito e gruppi parlamentari. Appuntamento alla Leopolda

“Un, due, tre, scissione!”. Renzi ha pronti partito e gruppi parlamentari. Appuntamento alla Leopolda

15 Settembre 2019 0 Di Ettore Maria Colombo

“Scommetto che il primo oppositore al governo Conte sarà Renzi” dice, con malcelata speranza, il leader della Lega Matteo Salvini. “Nasciamo per stabilizzare il governo, non per destabilizzarlo”, assicura invece il vice’ operativo e organizzativo di Matteo Renzi, Ettore Rosato. Com’è, come non è, per il ‘partito’ di Renzi è tutto pronto. Nomi, numeri e squadra

I due matteo

I due Matteo, che non si guardano nemmeno più

Data, luogo, nome e organizzazione sono già pronti

LOGO Leopolda firenze

La Leopolda a Firenze

C’è la data: il 20 ottobre, decima edizione della Leopolda, attesa da tutti – protagonisti, sostenitori, avversari e osservatori – con la stessa ansia e trepidazione con cui si attendeva la prima (correva l’anno 2010, c’era pure Pippo Civati, con Renzi, poi però Pippo si perse nelle nebbie della sinistra…).

Renzi e civati

Matteo Renzi e Civati

C’è, ovviamente, il luogo: Firenze, da dove tutto è partito, sia la carriera personale dell’attuale senatore di Firenze-Scandicci: presidente della Provincia, sindaco di Firenze, per due mandati, competitor di Bersani alla guida del Pd, segretario del Pd, premier, ora ex segretario ed ex premier.

firenze

Una veduta di Firenze

E c’è il progetto politico: una forza politica ‘nuova’, di impianto “liberal-democratico”, “riformista e riformatrice”, dall’ossatura ‘moderata’ nei toni, ma dai programmi ‘radicali’, nei contenuti, con l’aspirazione di diventare ‘centrale’, nel dibattito politico, non solo e banalmente ‘centrista’.

calenda

Carlo Calenda

La linea – scriveva l’altro giorno un promotore siciliano dei comitati – è quella di costruire in tempi medi un nuovo soggetto politico per cattolici, liberali, socialisti, repubblicani”. Una Forza Italia 4.0. Di certo, un contenitore ‘largo’ e ‘inclusivo’ che bruci sul tempo “l’operazione Calenda”.

matteo richetti

Matteo Richetti

Infatti, Calenda, ex ministro e oggi europarlamentare, appena entrato nel Pd ne è già uscito perché contrario al governo con i 5Stelle e, con un solo senatore (per ora), Matteo Richetti (ex sodale di Renzi nelle prime Leopolde, quando si dice il Destino…), sta tessendo la sua tela, con ex sindacalisti e ceti produttivi, per lanciare un progetto sempre liberal-riformista la cui concorrenza Renzi teme. Calenda lancerà il suo nuovo movimento a dicembre. Renzi ha pensato bene di bruciarlo sui tempi. 

 

Antonio Noto

Antonio Noto

 

Renzi punta “a un soggetto politico che parli al Paese e non a un partitino del 3%”, assicurano i suoi, ma per ora i sondaggi questo dicono: secondo un indagine di Antonio Noto per Ipr Marketing pubblicata oggi su QN, un partito di Renzi avrebbe non più del 5% e uno di Calenda sul 2,5%

 

L’ossatura e il progetto ci sono già, quelli dei Comitati civici

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Renzi parla ai suoi Comitati civici Azione civile – Ritorno al Futuro

 

C’è pure un’ossatura, piccola ma coriacea, di tutto rispetto: i comitati civici ‘Azione civile – Ritorno al Futuro’. Sono un migliaio, sparsi in tutt’Italia, hanno circa 10 mila aderenti e due coordinatori di polso: Ettore Rosato, vicepresidente della Camera, più organizzativo e concreto, e Ivan Scalfarotto, oggi promosso al governo come sottosegretario agli Esteri, più di tipo programmatico.

 

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L’esordio nazionale dei comitati civici è stata la convention del 12 luglio scorso tenuta a Milano: oggetto e pretesto erano le fake news, ma si trattò di una pura manifestazione di forza e di esibizione di muscoli, Renzi ripeteva dal palco “Mai con l’M5S‼!” e tutti applaudivano entusiasti e convinti. Poi, quest’estate, ad agosto si è tenuta la scuola di politica per giovanissimi organizzata al ‘Cioccio’, hotel di proprietà del senatore Marcucci edolcemente adagiato sulle colline di Lucca: organizzatrice e madrina del corso la neo-ministra Bonetti, né Renzi né la Boschi sono mancati, hanno parlato, riso e scherzato, con relativa coda polemica intercettata dagli Smartphone dei ragazzi, in teoria vietati, sul ruolo di Paolo Gentiloni che, a loro dire, voleva far fallire il governo giallorosso allora nascente.

alea iacta est

Alea iacta est

Mancava – e, a dirla tutta, manca – per rendere definitiva e ufficiale la scissione, ‘solo’ un casus belli, un motivo anche di banale polemica politica quotidiana che giustifichi ‘il folle volo’, per il resto, tutto è stato già stabilito nei minimi dettagli. Anche perché dire che si fa una scissione perché “al comizio di chiusura di Zingaretti alla Festa dell’Unità di Ravenna i militanti cantavano Bandiera rossa e facevano il pugno chiuso e alzato“, come ha detto, oggi, in un’intervista, Rosato, è un po’ poco. 

Ma la voglia di ‘prendere il largo’ e di ‘navigare in mare aperto’ è fortissima e, dentro i comitati, non si tiene più a freno. Ma ora Matteo Renzi ha deciso: alea iacta est, il dado è tratto.

 

A lanciare la scissione a livello europeo lavora Sandro Gozi 

 

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Sandro Gozi, nuovo presidente dei Federalisti europei, deputato del Pd e renziano

Ma Renzi non dimentica una serie di agganci e rapporti importanti, sia sul piano europeo che su quello finanziario. Da quest’ultimo punto di vista, Renzi ha messo a lavorare il suo nuovo strumento operativo e finanziario, dopo la Fondazione ‘Open’, che ha raccolto 6,7 milioni di euro in sei anni, e cioè la ‘Matteo Renzi Foundation‘, organizzando cene con imprenditori, manager e finanzieri (cena da 5 mila euro a persona): in prima linea, ci sono Daniele Ferrero, patron di Venchi (il cioccolato), il finanziere milanese Francesco Micheli, l’ex tesoriere di Scelta civica, Gianfranco Librandi, ora Pd. 

A livello europeo, al nuovo partito renziano, lavora Sandro Gozi. L’ex europarlamentare del Pd, si è presentato, alle ultime elezioni europee, come candidato transnazionale nella lista En Marche!  del presidente francese Emanuel Macron con il quale ha contatti diretti e molto stretti. Tra i 5 candidati eletti in Francia che entreranno con la Brexit non appena gli europarlamentari britannici usciranno dal Parlamento di Strasburgo, federalista ed europeista convinto,  Gozi – già sottosegretario agli Affari europei nel governo Renzi – è il tessitore da Parigi della strategia e delle nuove alleanze europee di Renzi all’interno della nuova Ue e della nuova Commissione. Gozi lavora in stretto contatto con Renew Europe, En Marche e, ovviamente, con lo stesso Macron, ma anche con altri partiti e personalità europee centriste e liberal che aspettano incuriositi il lancio del Movimento.

 

Il segreto di Pulcinella del Pd: Renzi farà la scissione…

Il segreto di pulcinella

 

Del resto, ormai da settimane, tutte le indiscrezioni giornalistiche e tutti i boatos di Montecitorio confermano quello che ormai è diventato il segreto di Pulcinella, dentro e fuori dal Pd: l’ex premier sta pensando – ormai da tempo – di lasciarsi alle spalle i dem, guscio vuoto in cui non crede più, e fondare un suo nuovo partito. Le condizioni politiche generali, in effetti, ci sono tutte: le elezioni anticipate sono state scongiurate, le resistenze all’alleanza con M5S sono state superate e già si parla di mettere nuovamente mano alla legge elettorale, in senso proporzionale, per fermare, va da sé, Salvini, ma facendo anche i comodi dell’altro Matteo. Renzi, appunto. 

Renzi e la scissione

Renzi e la scissione

Insomma, è convinzione assodata di tutti gli osservatori che Renzi andrà via, resta solo da capire se lo annuncerà dal palco della Leopolda o se l’annuncio arriverà anche prima di questa.

 Qui un articolo sulla scissione ‘non subito’ di Renzi: Renzi e la scissione “non subito”.Tornato centrale, attira pezzi di azzurri ma vuole gruppi “piccoli”

 

I segnali premonitori: Bellanova e il vulnus alla Toscana

Teresa Bellanova

Teresa Bellanova

L’intervista di una renziana di ferro come Teresa Bellanova è stato il primo segnale di fumo che ha preceduto gli ultimi stop and go sulla via della scissione: “Di un nuovo partito ne discuteremo da qui alla Leopolda, ma qualunque decisione assumeremo non sarà in contrapposizione con il Pd”, ha detto la ministra. Non contro il Pd, ma certamente fuori dal Pd.

Maria Elena Boschi

Maria Elena Boschi

Maria Elena Boschi, invece, da un lato non scioglie i dubbi e resta sul vago: “Non c’è bisogno di ribadire ogni momento la nostra presenza nel Pd, ma è chiaro che se dovessero cambiare le condizioni, si parla d’esempio di un rientro nel Pd di Bersani di D’Alema, se ci dovessero essere queste condizioni credo sia giusto discuterne tra di noi e con Zingaretti”. Dall’altro, però, ai suoi amici dice: “Ma la scissione è già tra noi, è già nei fatti…”.  

Bersani d alema

Si preannuncia un rientro nel Pd di Bersani di D’Alema?

Chi fino a pochi anni fa ha lavorato a stretto contatto con Renzi ai piani alti del Nazareno ne parla, ormai, come se la pratica fosse già stata archiviata: “Renzi è stato un protagonista della fase che ha portato all’accordo di governo con il M5S, ha messo al centro l’interesse del Paese”, spiega Lorenzo Guerini, oggi ministro della Difesa del Conte II ed ex vicesegretario dem che è intervenuto alla riunione di Area dem, corrente di Franceschini, di cui ora si ritrova solido alleato.

Lorenzo Guerini nuovo ministro alla difesa

Lorenzo Guerini, ministro della Difesa

E “Mi auguro che Matteo, che è una grande personalità della politica italiana e del Pd, continui a essere una grande personalità del Pd”, in ‘guerinese’ vuol dire: me lo auguro, se non avviene, amen. 

politici poltrone

Le poltrone dei politici

Eppure, nella grande spartizione delle poltrone tra le varie correnti dem, i 5 Stelle e LeU, l’area renziana largamente intesa ha ottenuto ben tre ministri (Guerini, Bellanova,Bonetti), quattro sottosegretari (Scalfarotto, Malpezzi, Morani, Margiotta) e un viceministro (Ascani). Ma i renziani per continuare a tenere alto il fuoco della polemica devono buttarla sul dato ‘territoriale’. Attaccano,  dunque, dalla Bonafé a Nardella, dalla Boschi a Bonifazi, la sotto-rappresentazione della Toscana. “Dispiace che per vendicarsi della stagione renziana il Pd abbia cancellato tutta la Toscana dai ruoli di governo. Abbiamo vinto ovunque in Toscana, siamo il primo partito: non meritavamo questo trattamento” dice Bonifazi, Bonafé parla di ‘purga’ anti-Renzi e Nardella persino di ‘tradimento’.

matteo renzi e beppe grillo

Matteo Renzi e Beppe Grillo

Un modo come un altro per mettere le mani avanti, o, meglio, per avere le mani libere e staccarsi dall’esperienza di governo giallorosso non appena il vento soffi nel verso giusto, nonostante sia stato proprio Renzi il vero fautore dell’alleanza tra dem e grillini per evitare il voto anticipato.

Lo ‘scisma’ avrà tempi ravvicinati: il battesimo alla Leopolda

 

Nicola Zingaretti

Nicola Zingaretti

La scissione (“lo scisma” come lo chiama Zingaretti) dal Pd sta, dunque, per diventare realtà e con tempi assai ravvicinati. Ma – assicura Ettore Rosato usando le parole che userebbe Renzi – “qualsiasi cosa accada, noi garantiamo i numeri al governo. Se ce ne andiamo, vogliamo stabilizzare e, anzi, allargare, la maggioranza, non certo restringerla”.

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Ettore Rosato

Mah, sarà. Anche perché ben due ministre due (la Bonetti, appunto, alle Pari opportunità e Famiglia, e la Bellanova, Agricoltura) “stanno con noi e andrebbero via con noi dal Pd” dicono, sicuri del fatto loro, i renziani scissionisti. Cosi come rappresenterebbero, al governo, il nuovo ‘partito’ di Renzi la viceministro Ascani e il sottosegretario Scalfarotto. 

Insomma, conseguenze ce ne saranno, sia negli equilibri di governo sia in quelli del centrosinistra. I parlamentari renziani (circa venti deputati e una manciata di senatori) stanno scrivendo il documento politico di base, ma “il progetto politico e l’ossatura sono i comitati” dice Rosato, come a ribadire che l’intelaiatura del nuovo partito è quella e, a quella, i parlamentari si dovranno attenere.

 

Nel Pd Zingaretti e i suoi tirano un sospiro di sollievo…

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Nicola Zingaretti, segretario del Pd, all’ingresso del Nazareno

 

Vero è che, anche nel Pd di Zingaretti, invece di fare fuoco e fiamme, sembrano tirare un sospiro di sollievo all’idea. La posizione – di preoccupata attesa mista a cauto sollievo – riecheggia quella di Pietro Ingrao quando morì il Pci (“Ora i passeri vadano con i passeri e i merli con i merli”).

goffredo bettini

Goffredo Bettini

 

L’ideologo del segretario, Goffredo Bettini, già teorico – in tempi non sospetti dell’alleanza Pd-M5S “sempre e ovunque” (alle amministrative come alle Politiche) spiega: “Intanto, non lo chiamerei uno scisma. Lo scisma è una rottura dottrinaria irreparabile, non è questo il caso. Parliamoci chiaro: da quanto tempo è sul tappeto la questione, posta da molti, amici e militanti, di una non piena rappresentanza da parte del Pd di istanze e sensibilità più riformiste, liberali e moderate? Da troppo tempo. Secondo me sbagliano e preferirei restassero. Ma se a un certo punto Renzi e quest’area decidessero di tentare un loro movimento autonomo, non griderei allo scandalo. L’importante è che rimanga sui binari del dialogo, di un rapporto costruttivo, direi di amicizia perché l’essenziale è ritrovarsi alleati nel centrosinistra per battere Salvini. Il male della divisione può diventare un bene”.

 

Il Pd è pronto ad aprirsi a nuovi ‘mondi’: LeU e non solo

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La sede del Pd

Al Nazareno il mood è questo, dunque: “Prima se ne vanno, meglio è, così potremo davvero rivoluzionare e aprire il Pd a nuovi soggetti per un centrosinistra largo.

Leu Grasso

Leu Pietro Grasso

 

A chi? A LeU, di fatto, specie nella sua componente Mdp (il ‘partitino’ del neo-ministro Speranza e, soprattutto, di Bersani e D’Alema), ma anche ad altre componenti: l’area di Sinistra italiana di Fratoianni ‘si interroga’ su una ricomposizione delle fratture e frattaglie della sinistra, movimenti civici e progressisti di centrosinistra (‘Italia Bene in Comune’ di Pizzarotti).

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Il sindaco di Pesaro, Matteo Ricci (Pd)

Quindi, anche le dichiarazioni rilasciate ‘a batteria’ da esponenti dem – peraltro alcuni ex renziani come il sindaco di Pesaro Matteo Ricci (“L’idea di una divisione di Renzi è folle. Tornare a Ds e Margherita, come alcuni nel Partito democratico immaginano da tempo, sarebbe la fine del Pd e forse anche del nuovo governo”) sono più un segnale interno di chi vuole dimostrare lealtà al Pd.

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Il Ministro beni culturali Dario Franceschini

Al massimo, potrà subirne qualche problema l’area non Ds, quella che viene dalla Margherita, da Franceschini in giù, che vedrà restringersi i suoi spazi, se davvero ci sarà quel “ritorno di LeU” che la Boschi paventa come cosa fatta. Non a caso proprio Franceschini, che in questi giorni ha riunito a Cortona la sua corrente, Area dem, mostra ai suoi – parecchio indignato – gli sms di Renzi che gli assicurava che non avrebbe messo in campo ‘alcuna scissione’ mentre, oggi, sta per avviarla.

Ma quante ‘divisioni’ ha Renzi/1? I numeri della Camera

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L’ex premier e leader del Pd, Matteo Renzi

Ma, per il nuovo partito di Renzi, anche  in termini di sostegno economico e finanziamento, è decisiva la capacità di poter contare su robusti gruppi parlamentari. Quanti sono i deputati e senatori pronti alla pugna? Qui si deve entrare negli interna corporis del Pd e di quella sottospecie che ne è la galassia renziana. La quale è composta da due tronconi: i pasdaran della mozione, presentata al congresso, ‘Sempre Avanti!” (l’area guidata da Giachetti e Ascani, oggi viceministro), una decina di deputati e tre senatori, e i renziani ‘moderati’ di ‘Base riformista’, l’area Lotti-Guerini (oggi ministro), circa venti senatori e 50 deputati. Se Renzi, formando i gruppi, vuole ‘sfondare’, in quanto a numeri e peso politico, deve farlo qui dentro, in una guerra al coltello tra renziani.

 

logo base riformista

Logo Base Riformista

 

I malumori degli esclusi dal sottogoverno (De Filippo, De Luca, Fiano) non mancano, ma il grosso delle truppe ex renziana resterà dov’è, in Base riformista. Come diceva, in Transatlantico, un giovane deputato ‘ex’ renziano, “del mio destino personale decido io, non Matteo, e io se voglio puntare a farmi rieleggere posso solo restare nel Pd”. Per capirsi, alcune di quelle che, fino a ieri, sembravano renziane osservanti (la Malpezzi e la Morani, promosse al governo, Rotta, Paita, etc.) resteranno nel ‘gorgo’, quello del Pd di Zingaretti. Anche perché sia Lotti – dove sta la Boschi, ormai, non c’è lui, e già dai tempi del governo Gentiloni – sia Guerini hanno chiesto ‘calma e gesso’ alla loro ‘base’.

 

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Andrea Marcucci, capogruppo del Pd al Senato

 

Identica cosa faranno i senatori renzianissimi Marcucci, capogruppo al Senato (almeno fin quando ‘Zinga’ vorrà lasciarlo in quel posto), Parrini, Margiotta, etc. Andranno via, invece, e subito, nella nuova ‘creatura’ renziana, oltre a Maria Elena Boschi, Andrea Romano, Gennaro Migliore, Luigi Marattin, ovviamente Rosato e Scalfarotto, la Ascani, Luciano Nobili e una manciata di altri nomi.

E proprio Marattin – esperto di temi economici – potrebbe essere il volto del nuovo partito, cioè capogruppo di Renzi alla Camera mentre Rosato dovrebbe fare il segretario del nuovo partito.

Luigi Marattin

Luigi Marattin

Basteranno per arrivare alla cifra minima di 20 deputati che serve per costituire un gruppo autonomo? Probabile, ma se è vero che i renziani pasdaran non superano le dieci unità, è probabile che ci riusciranno solo grazie a innesti extra da pescare nel gruppo Misto (Lorenzin, +Europa, etc.).

Non a caso è a esponenti centriste come la stessa Beatrice Lorenzin, o come l’azzurra Mara Carfagna, che Renzi avrebbe inviato sms (o forse WA) di identico tenore: “Stai pronta, si parte”.

 

Ma quante ‘divisioni’ ha Renzi/2? I numeri del Senato

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Il Senato

Al Senato, invece, è tutto più complicato. Quelli pronti a tutto, finora, sono solo cinque (Faraone, Bonifazi, Bellanova, Ginetti, Cerno) e dovranno per forza di cose traslocare nel Misto. Dove, ma solo grazie all’innesto di quattro/cinque senatori in uscita da FI e capitanati dal toscano Massimo Mallegni, si proverà il colpaccio: votare la sfiducia all’attuale capogruppo, De Petris (LeU), ed eleggersi un capogruppo in proprio. A causa del nuovo regolamento del Senato, infatti, anche il numero minimo richiesto per formare un gruppo parlamentare autonomo, quello di dieci senatori, non basta se non si possiede un simbolo che si è presentato alle ultime elezioni politiche.

Morale: la sola soluzione praticabile, per i renziani, è entrare nel gruppo Misto e, di fatto, ‘colonizzarlo’. 

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Anna Ascani

Per contare, dentro le Camere, su ordine dei lavori e tempi di parola, oltre che sui soldi, e per poter distribuire incarichi (presidente o capogruppo di commissione) serve, però, appunto, averceli dei gruppi parlamentari. Invece, al governo, il neo-partito parte già su solide basi: può contare su due ministre (Bellanova e Bonetti), un viceministro (Ascani) e un sottosegretario (Scalfarotto).

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Governo conte bis

Il Conte bis, oltre a Pd-M5S-LeU, avrà così una quarta gamba, quella di ‘Renzi’. Il quale ne avrebbe già parlato al premier e anche a Di Maio con la Bellanova che andrebbe a fare da capodelegazione.

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Di Maio e Bellanova

Ma, dentro il Pd, si tratterà davvero di una ‘separazione consensuale’? Per come di solito vanno le cose in casa dem, se ne dubita. Le polemiche non potrebbero che essere forti e, anche, lancinanti.

Matteo renzi

Matteo Renzi

 

Eppure proprio Renzi, meno di un mese fa, conversando a registratori spenti con i giornalisti alla sua scuola di politica estiva in Garfagnana, assicurava che “in fondo anche per loro sarebbe una liberazione e potrebbero far rientrare i fuoriusciti, Bersani e D’Alema”. Insomma, forse, l’operazione Renzi potrebbe creare, alla fine, più benefici che danni. Pochi giorni e lo si saprà e capirà per bene.

 


 

NB: L’articolo è stato pubblicato il 15 settembre 2019 sulle pagine del sito di notizie Tiscalinews.it