“Ti conosco, mascherina”. La vita del cronista parlamentare ai tempi del Coronavirus

“Ti conosco, mascherina”. La vita del cronista parlamentare ai tempi del Coronavirus

10 Aprile 2020 0 Di Ettore Maria Colombo

D seguito il contributo di Ettore Maria Colombo per l’ebook Allaround “Ai tempi del virus” –

il libro collettivo (istant book) pubblicato, a partire da l7 aprile, su tutte le piattaforme digitali e scaricabile in modo totalmente gratuito da parte di Edizioni All Around, la mia casa editrice, con la quale ho già pubblicato il mio ultimo libro, “Piove governo ladro. Un Dizionario di Politica della Terza Repubblica senza dimenticare le altre” (All Around edizioni, 348 pagine, 18 euro), libro di cui potete trovare traccia, volendo, a questo link e alla sezione del blog dedicata al libro medesimo qui:

Perché ho scritto un Dizionario delle parole della Terza Repubblica”

Sì, il dibattito sì: i contenuti della presentazione del mio libro alla Camera

“Piove governo ladro” aderisce alle campagne social #iorestoacasaeleggo

 

Albert Bruce Sabin

Albert Bruce Sabin, scopritore e inventore del vaccino contro la poliomielite

“Io ho creato il vaccino che ha eliminato la poliomielite come minaccia principale per la salute umana. Il resto è confusione di voi giornalisti” (Albert Bruce Sabin, scopritore e inventore del vaccino contro la poliomielite)

 

 

“Ti conosco, mascherina…”. La dura vita del cronista politico-parlamentare ai tempi del Coronavirus

 

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La dura vita del cronista politico-parlamentare ai tempi del Coronavirus

Chi è il cronista politico-parlamentare? E perché esiste?

 

Com’è la vita del giornalista, o meglio del cronista, politico-parlamentare ai tempi del coronavirus (nome scientifico ‘Covid19’)? Innanzitutto, va spiegato bene ‘chi è’ il giornalista politico-parlamentare. Come la Politica ha i suoi riti, i suoi miti, il suo linguaggio e le sue parole d’ordine (ne potete trovare un ampio elenco nel mio libroPiove governo ladro. Dizionario di Politica della Terza Repubblica, ma senza dimenticare le altre”, edizioni AllAround, 18 euro, 378 pp.) così anche i giornalisti sono suddivisi, ovviamente, in diversi settori e branchie di lavoro.

Piove Governo Ladro

C’è il cronista di ‘nera’, quello di ‘bianca’ (vuol dire tutto ciò che non riguarda la cronaca nera…), il cronista giudiziario, quello sportivo, il giornalista di moda&costume, quello di cibo&fingerfood, quello fa ‘desk’ (cioè lavora solo dentro una redazione) al mitologico caso, sempre più raro, dell’inviato speciale, dal giornalista culturale a quello di molte altre categorie, fino al cronista politico. Ma, all’interno della categoria ‘politica’, esiste un altro piccolo sottoinsieme, quello dei cronisti politico-parlamentari, cioè di coloro che seguono la Politica, la sua cronaca, i suoi dibattiti, i suoi retroscena (genere molto particolare e che si usa e ha preso piede solo ed esclusivamente all’interno del giornalismo politico), “da dentro dei suoi Palazzi”, come ama dire il sottoscritto di sé.

 

L’Asp (Associaz. stampa parlamentare), un’istituzione speciale…

 

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Associazione stampa parlamentare

 

Nati e strutturati come categoria a sé (c’è anche un articolo del contratto di lavoro giornalistico, l’art. 12, che li regola), i giornalisti – o, meglio, ‘cronisti’ perché molti lavorano per le agenzie di stampa accreditate nei Palazzi della Politica e sempre meno sono quelli accreditati per le testate di carta stampata o radio-televisiva e pochissimi sono anche i cronisti politici delle testate on-line politico-parlamentari sono raccolti e devono rispettare lo Statuto dell’Asp (Associazione stampa parlamentare). L’Asp regola e gestisce gli accrediti per gli ingressi in Parlamento, sia alla Camera che al Senato, ma anche per palazzo Chigi e i vari ministeri, oltre che, ovviamente, per il Quirinale.

Insomma, l’Asp regola la vita di tutti i cronisti che lavorano e sono presenti, in forma stabile o saltuaria, nei vari e più diversi Palazzi della Politica italiana. Nata nel 1908, dopo una lunga battaglia con il Parlamento e gli onorevoli del Regno d’Italia (Camera e Senato non volevano, nell’Ottocento, che vi fossero giornalisti di Palazzo accreditati e presenti in pianta stabile a seguire i loro lavori, preferivano affidarsi a ben più anonimi e incolori ‘resocontisti’ dei dibattiti parlamentari), chiusa durante il regime fascista (come il Parlamento, del resto, dal 1929 in poi) e rinata nel 1946, l’Asp – dotata di un suo rigido Statuto, riconosciuto da entrambi i due rami del Parlamento e oggi diretta dal presidente, Marco Di Fonzo (Skytg24), e dal segretario, Adalberto Signore (Il Giornale) – oggi raccoglie circa 300 giornalisti di altrettante e più testate divise tra carta stampata, radiotelevisive, on-line e social, testate cui solo e soltanto l’Asp può concedere l’accesso ai Palazzi.

 

Il lavoro del cronista parlamentare in ‘tempi di pace’…

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Il Palazzo del Quirinale, veduta notturna

Solo i giornalisti iscritti all’Asp, o dotati di permessi stabili, temporanei (semestrali, settimanali o giornalieri) possono accedere ai Palazzi della Politica e raccontare ai loro lettori cosa vi succede.

Normalmente, cioè in ‘tempi di pace’ e non in ‘tempi di guerra’ come sono quelli che viviamo oggi, il cronista si presenta ‘a Palazzo’ (Camera, Senato, Chigi, Quirinale, etc) con molta calma, diciamo in tarda mattinata, perché anche se i lavori delle Camere iniziano molto presto, le ‘cattive abitudini’ dei giornalisti (pigrizia, disordine, etc.) sono dure a morire…  Una volta lì, ‘nuotando’ nel Transatlantico (luogo deputato alle famose ‘vasche’ o ‘passeggio’ dei deputati o dei senatori, a seconda del luogo fisico), il cronista inizia a farsi un’idea della giornata che lo aspetta, naturalmente dopo aver svolto la “preghiera dell’uomo moderno”, come la chiamava il filosofo tedesco Hegel, cioè la lettura dei giornali. A volte portandosi dietro la famosa ‘mazzetta’ dei giornali in formato cartaceo – ‘mazzetta’ che è in dotazione anche ai nostri politici, ovviamente – a volte sfogliando le rassegne stampa on-line di Camera, Senato, palazzo Chigi, Quirinale, o limitandosi – ahinoi, spesso accade soprattutto tra i più giovani del mestiere… – alla lettura dei. siti Internet (segnalo, tra questi, l’Huffington Post diretto da Lucia Annunziata e Tiscali.it diretto da Stefano Loffredo) che si occupano di politica.

 

Poco ‘segugio’ e molto ‘amicone’: il ruolo del cronista di Palazzo

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Poco ‘segugio’ e molto ‘amicone’: il cronista di Palazzo

Verso ora di pranzo, o meglio all’ora del caffè (da prendere rigorosamente alla Buvette!), inizia quello che, nel settore della cronaca, si chiama ‘giro di nera’: chiacchierate, contatti, battutine, ammiccamenti e battute di spirito con i deputati o senatori presenti (meglio, ovviamente, se sono ‘importanti’: capigruppo, capi corrente di questo o quel partito, meglio ancora se ministri, sottosegretari o comunque membri del governo in carica), ma anche con i colleghi con cui si è deciso di fare ‘cordata’ (ai tempi di Mani Pulite, quando iniziò questo modo di fare, esisteva anche il “pool di giornalisti” che si passavano le notizie tra loro per poi sfornare, però, notizie tutte uguali!).

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Tangentopoli – i protagonisti del pool “Mani Pulite”

L’obiettivo è, ovviamente, ottenere più notizie possibili su questo o quel provvedimento all‘esame delle Camere (questo specie per i cronisti delle agenzie, tra i quali segnalo due veri ‘segui’: Alfonso Raimo, cronista politico e vicedirettore della Dire, e Ciccio Bongarrà, storico cronista parlamentare dell’Ansa), su questo o quel movimento di ‘truppe’ all’interno di un partito al governo (meglio) o all’opposizione (meno bene), su questo o quel deputato o senatore che, da buon ‘responsabile’ vuole ‘cambiare casacca’ e passare, seguendo l’antico rito del “trasformismo parlamentare”, da un gruppo all’altro, cambiando in questo modo gli equilibri nella maggioranza.

 

Interviste, retroscena, dichiarazioni: i ferri del mestiere

 

Ettore Maria Colombo Renzi

Ettore Maria Colombo ascolta attento nel corridoio del Transatlantico di @senatoitaliano : in attesa del voto delle mozioni sulla #Tav ascolto le battute feroci e sferzanti (As usual) di @matteorenzi (in ottima forma, devo dire…)

Poi c’è l’obbligo/facoltà di chiedere interviste a un politico piuttosto che un altro (meglio se è in vista, o se è il politico ‘del giorno’ per atti o dichiarazioni), ma spesso ci si accontenta di una dichiarazione da inserire nell’articolo del giorno o, ancora peggio, della voce di un ‘anonimo’. Un modo un po’ scorretto di fare il mestiere, ma a volte l’unico utile a proteggere la ‘fonte’ delle notizie.

Per svolgere al meglio il proprio compito, però, il cronista politico deve essere, e farsi, anche se non ne ha l’indole (ma se non ha l’indole sarebbe meglio che cambiasse mestiere!) ‘amico’, se non proprio ‘amicone’ dei politici di Palazzo, e di tutti, dal peones più insignificante fino al leader del partito più importante: uomini e donne, destra e sinistra, simpatici e antipatici, brutti e belli, non contano, ‘conta’ solo riuscire a ottenere, magari strappandole a forza, ‘notizie’ da usare. Pper farlo bisogna, però, sapersi fare concavi e convessi, duttili e intraprendenti. Bisogna, cioè, saper essere e atteggiarsi a ‘uomini di mondo’, ma anche da ‘amici’ e ‘confidenti’ del politico…

Palazzo Chigi

Palazzo Chigi

Alla fine della giornata si tirano le somme e, o restando alla Camera o al Senato o a palazzo Chigi (molto belle, comode e confortevoli le prime due sale stampa, pessima la terza), oppure tornando in redazione o, per i collaboratori esterni, tornando a casa propria, si raccolgono le idee e si butta giù ‘il pezzo’ che il giorno dopo comparirà sul giornale di carta o – il giorno stesso – sul giornale on-line o lo ‘speakerato’, come si usa dire, nel caso di un servizio radio-televisivo.

La giornata, iniziata tardi, come abbiamo visto, si può dire che è finita, altrettanto tardi, ma i giornalisti, come si sa, recita l’adagio, amano svegliarsi tardi al mattino come tirar tardi la sera…

 

Un mestiere stravolto dal passo terribile del coronavirus

CORONAVIRUS

Bene, come cambia, tutto questo modus operandi, in tempi di pandemia e di coronavirus? Beh, cambia ed è cambiato davvero tanto.

Innanzitutto, come tutti i cittadini, anche i giornalisti sono obbligati, ormai da due mesi, a ‘stare a casa’. E pur se è vero che, proprio pensando a loro, sono state permesse, dal governo, libertà di movimento in più, rispetto a quelle dei cittadini ‘normali’, le aziende hanno imposto praticamente a tutti i loro cronisti lo smart working. A maggior ragione per la categoria dei cronisti politici – che rischiano, oggettivamente, di diventare ‘infetti’ (qualche caso si è registrato9 e di ‘infettare’ a loro volta, venendo a contatto con i 945 tra deputati e senatori che compongono il Parlamento della Repubblica, più i cento e passa membri del governo che animano le Camere – le regole draconiane imposte dall’emergenza sanitaria hanno ‘terrorizzato’ molte aziende giornalistiche, grandi e non.

smart working

La prima conseguenza è stata che lo smart working si è diffuso a macchia d’olio anche nelle redazioni. Ma soprattutto,, in questi ultimi due mesi, palazzo Montecitorio come palazzo Madama, il Quirinale come palazzo Chigi, i ministeri come le sedi di partito, si sono ‘svuotati’ non solo di commessi in uniforme, funzionari in livrea, addetti stampa e dipendenti dei gruppi parlamentari (altrettante centinaia di persone, peraltro…), ma anche di giornalisti, insieme a moltissimi parlamentari, assenti da mesi nel seguire i lavori, sempre per paura del terribile contagio.

Per dirne una, oltre al sottoscritto, e alla collega di Tiscali.it (nonché autrice All Around!) Claudia Fusani, in Parlamento in questi mesi abbiamo visto solo due colleghi ‘rocciosi’, davvero sprezzanti del pericolo e vecchie (non per età!) “volpi del Transatlantico”: lo storico cronista politico dell’Ansa, Francesco Bongarrà, e quello della Dire, Alfonso Raimo. Per il resto, nessun ‘collega’ si è visto…

 

La mancanza di ‘fisicità’ rende molto più difficile il nostro lavoro…

 

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L’ex leader della Lega Umberto Bossi fotografato da me nel corridoio fumatori del Transatlantico di Montecitorio

Il risultato è, ovviamente, abbastanza triste e per ben due ordini di motivi. Il primo è la mancanza della ‘fisicità’, fondamentale nel rapporto tra cronista politico e politico, come anche tra giornalista e fonte: come faccio a capire se il mio interlocutore mi sta mentendo, o sta dissimulando, o non mi sta dicendo tutto, se non posso guardarlo in faccia e devo stargli ‘distante’?

Sempre in merito a questo aspetto, gli onorevoli che, oggi, vengono a Palazzo, sono molti meno dei tempi ‘normali’, quindi le notizie, per forza di cose, arrivano sempre dagli stessi ‘sventurati’. Inoltre, l’obbligo della ‘distanza’ fisica di 1 metro e 80, più o meno (molto meno che più…) rispettata dentro e fuori le aule del Parlamento, non aiuta. Una cosa è parlare a un politico da lontano, una cosa è farlo ‘da vicino’: altro che ‘giusta distanza, cambia davvero molto, credetemi.

 

Buvette, ristorante, Corea, corridoio fumatori: tutto ‘all closed’

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La Buvette di Montecitorio

Come non aiuta il fatto che siano chiusi, sbarrati, closed, fino a nuovo ordine (cioè fino alla fine dell’emergenza) la Buvette come il ristorante interno, l’Emeroteca (la sala lettura), il corridoio fumatori (posto lungo uno dei due corridoi del Palazzo) come le Poste (a scartamento ridotto), la ‘Corea’ (cioè il luogo dove i deputati incontrano ospiti e visitatori, lontani da occhi indiscreti) come la Barberia, etc. Luoghi – questi che abbiamo citato – che di solito aiutano i deputati a ‘sentirsi a casa’, a ‘rilassarsi’ e, dunque, a dire molto di più di quanto non dovrebbero dire a un giornalista.

Certo, restano aperti l’Aula (dove però i giornalisti, come chiunque altro, non possono entrare! Entrano, in Aula, solo deputati e commessi!), il Transatlantico e il cortile d’onore (cioè il bellissimo giardino interno, con relative panchine, ultimo luogo rimasto dove si può fumare, pur se all’aperto), ma sono spazi davvero limitati, ci si può muovere ben poco, bisogna rispettare le distanze e, soprattutto, bisogna essere dotati – tutti: onorevoli, commessi, funzionari, giornalisti – del kit d’ordinanza: guanti, mascherina, amuchina, acqua minerale, fazzoletti e ‘distanziamento’ sociale da rispettare al millesimo.

 

E così, la ‘vita’ del cronista politico si allunga al telefono…

Telefono

Il telefono unisce ancora..

Insomma, la vita del cronista parlamentare è stata messa a dura prova, dal coronavirus: si ‘tira a campare’ andando nei Palazzi quelle poche volte che si può (anche l’Aula, infatti, in questi tempi si tiene ed è aperta appena uno/due giorni a settimana. non di più e solo per le cose più urgenti), incontrando chi c’è e chi si può (Camera e Senato hanno imposto presenze ‘contingentate’ a deputati e senatori: a seconda dei provvedimenti possono presentarsi solo in numero di metà, o un quinto, o anche solo cinque, per ogni gruppo parlamentare, quindi fisicamente sono assai meno), cercando di cavarsela con tutte le ‘alternative’ possibili. Una di queste alternative è senz’altro quella che offre – al giornalista come al cittadino comune – la nuova tecnologia. Non solo parenti e amici, fidanzate e amanti si raggiungono via WhatsApp, Skype, Telegram, Viber, Tam Tam, Duo, Google e altri infiniti e infernali sistemi di messaggistica e di telefonia vocale dotati di videochiamata (singola e persino multipla) e dunque di possibilità di guardarsi in faccia e negli occhi, ma è anche possibile fare delle vere e proprie conference call (chiamate di gruppo) tra più persone, quindi tra giornalisti e politici, giornalisti e altri soggetti, tra colleghi stessi. Inoltre, si è riscoperta, da parte di molti, l’uso della email che – dopo anni di uso indiscriminato e parossistico dei social – era un po’ finita nel dimenticatoio, ma anche della cara, vecchia, telefonata. Quella che “ti allunga la vita”…

 

“E’ la stampa, bellezza, e tu non puoi farci niente…”

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Humprey Bogart,  “E’ la stampa, bellezza, e tu non puoi farci un bel niente!”

 

D’altra parte, chi meglio dei giornalisti sa e può ingegnarsi nel trovare forme sempre nuove e originali di informazione e di comunicazione inter-personale? L’informazione, si sa, va avanti, non muore mai, e anzi, in tempi di pandemia, è sempre più di vitale e centrale importanza e rilevanza. Noto, anzi, che proprio i giornali cartacei, come pure la tv (e la radio!) sono tornati ad essere autorevoli e affidabili, trend setter, come si direbbe oggi, proprio perché i social, pieni zeppi come sono di fake news e ‘bufale’ del web, sono ritenuti – per fortuna! – sempre meno seri e importanti, proprio perché risultano sempre di più poco verificabili. Insomma, come per il giornalismo in senso lato, così anche per il giornalismo polito-parlamentare, vale il vecchio detto tratto dal film con Humprey Bogart, “L’ultima minaccia” (“Dead line” nell’originale inglese del 1952): “E’ la stampa, bellezza, e tu non puoi farci un bel niente!” (frase ormai mitica…). 

Nella speranza, s’intende, che presto la nostra vita torni quella che era prima – come tutti noi ardentemente chiediamo e rivogliamo – compresa la possibilità di farci, lungo il Transatlantico, meglio noto come “il corridoio dei Passi Perduti” di palazzo Montecitorio, una bella ‘vasca’ con il politico di turno, scherzando, ammiccando, ridendo e, magari, sì, anche proprio ‘toccandolo’…

 


 

Questo articolo è la versione ‘lunga’, rispetto alla versione ‘corta’ (cioè ridotta e così stampata) del libro collettivo “Ai tempi del virus. Quando la nostra vita non fu più quella” (edizioni All Aorund, ?? pagine, prezzo non indicato in quanto gratuito) che potete facilmente scaricare da queste piattaforme on.line:

 

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