Zingaretti, guai vecchi e nuovi: inchieste giudiziarie, alleanze, l’ombra della ‘Ditta’ e la squadra

Zingaretti, guai vecchi e nuovi: inchieste giudiziarie, alleanze, l’ombra della ‘Ditta’ e la squadra

20 Marzo 2019 2 Di Ettore Maria Colombo

Sommario

La notizia del giorno su Zingaretti non riguarda la politica….

“Zingaretti indagato per finanziamento illecito ai partiti. Scatenati i 5Stelle: dimissioni del governatore”

 

Berlusconi e Zingaretti

Fotomontaggio tra Silvio Berlusconi e Nicola Zingaretti

La notizia delle indagini preliminari che riguarderebbero il neo-segretario del Pd, Nicola Zingaretti, e altri esponenti politici, tra cui Silvio Berlusconi, per il reato di finanziamento illecito ai partiti, parte da uno scoop del settimanale L’Espresso rilanciata ierisui vari siti e agenzie di stampa: “Consiglio di Stato, gli interrogatori segreti. Tra gli indagati spuntano Zingaretti e Berlusconi.Il neosegretario del Pd, iscritto per finanziamento illecito, è tirato in ballo dall’avvocato Calafiore. Accuse anche a Berlusconi: Promessi 230 mila euro al giudice Giovagnoli per la sentenza Mediolanum” (qui il link). 

Notizie rispetto alle quali Zingaretti ha reagito così:

 

“Sono tranquillo, forte della mia totale estraneità ai fatti, riferiti come meri pettegolezzi de relato e privi di alcun riscontro. Mai nella mia vita ho ricevuto finanziamenti in forma illecita e attendo con serenità che la giustizia faccia tutte le sue opportune verifiche. Quanto ai 5Stelle e alle loro scomposte dichiarazioni, comprendo la loro disperazione, ma se pensano di aggrapparsi alle fantasie si sbagliano di grosso. Io non mi faccio intimidire da chi utilizza simili bassezze”.

 

Per inquadrare il tema, le notizie e le reazioni politiche che hanno scatenato ecco un mio articolo riepilogativo (di pura cronaca) uscito oggi, 20 marzo 2019, a pagina 6 del Quotidiano Nazionale. 

 

“Zingaretti indagato, si scatenano i 5Stelle. L’ipotesi: finanziamento illecito ai partiti. Lui: “Sereno contro le bassezze”

 

Il neo-segretario del Pd Nicola Zingaretti sarebbe indagato per finanziamento illecito ai partiti. Lo rivela il settimanale L’Espresso secondo cui, a tirare in ballo il governatore del Lazio, sarebbero le dichiarazioni di due avvocati siciliani, Piero Amara e Giuseppe Calafiore, che, scrive il settimanale, “da mesi stanno facendo tremare magistrati, politici e giudici del Consiglio di Stato”. L’M5S chiede, subito, le dimissioni di Zingaretti da governatore e ironizza (“Bentornato Pd, ci eri mancato”) mentre la Lega tace. Il leader dem risponde a botta calda: si dice “molto tranquillo perché forte della certezza della mia totale estraneità ai fatti che, peraltro, sono stati riferiti come meri pettegolezzi”. E ai 5Stelle ribatte: “Non mi faccio intimidire da chi utilizza queste bassezze. Se ne facciano una ragione”, dice secco.

Ma cerchiamo di più dell’inchiesta di cui parla l’Espresso. I due avvocati siciliani, Amara e Calafiore, sono stati arrestati nel febbraio del 2018 per corruzione in atti giudiziari e un mese fa hanno patteggiato 3 e 2,9 anni a testa.

“Ma – sostiene L’Espresso – le loro dichiarazioni continuano a fare da carburante alle indagini delle procure di Roma e di Messina”. A tirare in ballo il governatore del Lazio, nell’inchiesta portata avanti dal procuratore aggiunto Paolo Ielo e dal pm Stefano Fava, sarebbero le dichiarazioni dell’avvocato Calafiore. “Il governatore del Lazio – si legge sull’Espresso – è stato citato dal socio di Amara, in un interrogatorio dello scorso luglio, in merito ad alcune domande dei pm su Fabrizio Centofanti, ex capo delle relazioni istituzionali di Francesco Bellavista Caltagirone che, diventato imprenditore, era in affari con Amara e in buoni rapporti con Zingaretti”. Centofanti (anche lui arrestato a febbraio 2018, ora libero in attesa di processo) per L’Espresso “è un potente lobbista”. E Calafiore fa mettere a verbale che “lui (Centofanti, ndr.) era sicuro di non essere arrestato. Riteneva di essere al sicuro in ragione di erogazioni fatte per favorire l’attività politica di Zingaretti”. Quando i pm chiedono se si tratta di erogazioni lecite, il legale siracusano risponde – prosegue nella sua ricostruzione il settimanale – “Assolutamente no, per quanto mi diceva. Lui mi parlava solo di erogazioni verso Zingaretti. Mi disse che non aveva problemi in Regione perché Zingaretti era a sua disposizione. Me lo ha detto più volte, prima della perquisizione”, avrebbe detto ai pm Calafiore.

Zingaretti replica a stretto giro e in modo durissimo con la nota di cui si diceva all’inizio: “Mai nella mia vita ho ricevuto finanziamenti in forma illecita e attendo con grande serenità che la giustizia faccia tutte le opportune verifiche per accertare la verità”. “Quanto al M5S e alle loro scomposte dichiarazioni – continua – comprendo la loro disperazione per i disastri politici che combinano, ma se pensano di aggrapparsi alle fantasie di qualcuno sbagliano di grosso”.

Il M5S ci va giù pesante. Manlio Di Stefano, sottosegretario agli Esteri, chiede a Zingaretti di dimettersi e una nota ufficiale del partito recita così: “Bel battesimo che non sorprende, visto che era già stato indagato per Mafia Capitale. Perde il pelo ma non il vizio: bentornato Pd, ci eri mancato”.

 

I tre problemi politici che ha davanti alla sua strada Zingaretti

 

I problemi politici di Zingaretti sono però altri e sono sostanzialmente tre. La ‘tenuta’ del partito alle prossime elezioni amministrative (regionali in Basilicata, il 24 marzo, e in Piemonte, il 26 maggio, e ben 4200 comuni al voto, primo turno il 26 maggio) è il primo. Le elezioni europee (costruzione delle liste e tentativo del Pd di diventare il secondo partito italiano, superando in discesa i 5Stelle) è il secondo. Gli organismi – e organigrammi interni, a partire dalla nuova Segreteria – è il terzo.

 

Zinga

Nicola Zingaretti detto Zinga

 

Paradossalmente, il terzo, che di solito è croce e delizia (si fa per dire, delizia) di ogni nuovo segretario è il meno problematico perché Zingaretti gode di una larga maggioranza (66%), sia in Assemblea nazionale che in Direzione (entrambe appena nominate nell’assise di domenica scorsa): può scegliere se ‘aprire’ a una condivisione della Segreteria ad almeno una delle due minoranze degli ex renziani, quella che fa capo a Martina, offrendo loro – come ha già fatto domenica – una sorta di “gestione unitaria” (tradotto, vuol dire nominare un vice-segretario in quota minoranza) o andare avanti da sé, contando sulle proprie forze, cioè avendo con sé il 66% degli organismi dirigenti. I primi due problemi, invece, sono di più difficile e ardua soluzione.

 

La prima uscita in Basilicata tra ‘Speranza’ e paure…

 

carlo trerotola

Carlo Trerotola

 

Lunedì scorso il neo-segretario, come suo primo atto, è andato a Potenza per sostenere il candidato del centrosinistra, Carlo Trerotola, in vista delle regionali del 24 marzo. Una scelta che sembra un boomerang negativo, visto che, probabilmente, in Lucania, si imporrà il candidato del centrodestra. Peraltro, il Pd– dilaniato da faide locali – non si presenta neppure con il suo simbolo, ma dietro una lista civica (“Comunità democratiche”), e gli arresti (ai domiciliari, poi revocati) dell’ex governatore, Marcello Pittella, che al congresso ha appoggiato Martina, hanno causato il ‘fuggi fuggi’ dalle liste e dalle speranze dem di mantenere quello che, per vent’anni, è stato un vero ‘fortino rosso’ (qui un articolo che spiega candidature, liste e problemi della Basilicata al voto: Cristo si è fermato a Matera. Il voto in Basilicata per le Regionali del 24 marzo si gioca sul petrolio).

 

Il gioco a incastro delle candidature del Pd alle Europee

 

Roberto Speranza appoggia la corsa del P

Roberto Speranza, appoggia la corsa del Pd

 

Ma il centrosinistra, in Lucania, si è ricompattato e Mdp, guidata a livello nazionale proprio da un lucano, Roberto Speranza, appoggia la corsa del Pd in quell’ottica di ‘campo largo’ cui Zingaretti punta le sue carte per far tornare il Pd ‘appetibile’ sul piano nazionale. Zingaretti e Speranza si sono incontrati, a Potenza, ma l’incontro ha suscitato subito un vespaio di polemiche. Zingaretti vuole vedere come “queste alleanze possano essere un elemento comune anche per il futuro”, ma parla ‘solo’ delle elezioni amministrative, e annuncia che chiederà a Mdp “di essere insieme in tutta Italia, anche in Comuni importanti come Firenze, Prato e Livorno”, dove al momento i due ex partiti ‘cugini’ o ‘fratelli coltelli’ viaggiano su binari paralleli. Speranza, invece, ‘vede’ un altro possibile traguardo comune, le elezioni europee: “Abbiamo proposto che alle elezioni europee si costruisca una lista capace di tenere assieme tutte le forze politiche che si riconoscono nella famiglia socialista. In nessun Paese europeo i socialisti vanno con liste separate” (sia il Pd che Mdp siedono nel Pse). Oggi, peraltro, è previsto un incontro a largo raggio proprio tra Zingaretti e Speranza sulle alleanze.

 

tsipras macron

Alexis Tsipras ed Emmanuel Macron

 

Zingaretti nicchia, rilancia la formula di alleanze “da Tsipras a Macron” (ma lo diceva persino Renzi), eppure sa che, in vista delle Europee, ogni punto percentuale in più è utile, anzi: è oro, se l’obiettivo è superare i 5Stelle. Solo che il progetto di “una lista ampia e unitaria” (ormai noto come ‘listone’) ha finora raccolto l’adesione di Carlo Calenda – il quale annuncia che “noi di Siamo Europei e il Pd stiamo lavorando sulla qualità delle liste e anche su un simbolo in comune”, simbolo che, dunque, dovrebbe vedere appaiarsi tre loghi: quello del Pd, quello del Pse e quello di “Siamo europei” – che sarà certo candidato, anche se non si capisce bene in quale circoscrizione (probabilmente il Nord-Est), e di Giuliano Pisapia, che sarà, invece, sicuramente capolista nel Nord-Ovest. Tra le candidature possibili, o probabili, quelle degli uscenti David Sassoli (cattolico di rito franceschiniano) al Centro, con Simona Bonafé (renziana) in seconda posizione, e di Massimo Cacciari come capolista al Nord-Est mentre Sud e Isole vedrebbero capolista due donne i cui nomi sono, però, ancora da trovare, ma che potrebbero essere l’economista Irene Tinagli e Virginia Puzzolo, che proviene dall’esperienza di ‘Più Europa’ e che ha lavorato per 15 anni a Bruxelles all’interno dell’Agenzia europea per la Ricerca della Commissione Ue. Entrambe indicate da Calenda

 

I piccoli, pero, se ne andranno ognuno per conto loro…

 

Più Europa simbolo

Logo di + Europa

 

Ma, almeno per quanto riguarda la possibilità di far convergere nel ‘listone’ del Pd altri alleati, per ora, per Zingaretti, è un nulla di fatto che tale rimarrà anche fino alla campagna elettorale. Infatti, sia ‘+Europa ’sia la bicicletta tra Italia in Comune di Pizzarotti e i Verdi correranno da soli, mentre altri grandi approdi, nel listone dem, per ora non si vedono, anche se Zingaretti annuncia di voler re-incontrare tutti (+Europa, Italia in Comune, Psi, Verdi, Mdp, etc.). Inoltre, visto che Mdp non può certo rientrare nel Pd dalla porta principale (che i renziani vogliono tenere sbarrata), Speranza annuncia un’altra ‘bicicletta’ con il Psi di Nencini (pronto a lasciare al prossimo congresso dei socialisti italiani che si aprirà nel weekend), ma anche all’interno del Mdp montano i mugugni.

 

Operazione “rientro nel Pd”. Bersani e D’Alema ‘ci credono’…

 

Massimo DAlema

Massimo D’Alema

 

Il governatore toscano, Enrico Rossi, chiede, papale papale, una “lista unitaria con il Pd, alle europee e alle comunali, andare divisi sarebbe per Mdp un grosso errore privo di senso”. L’escamotage potrebbe essere la candidatura di esponenti di ‘area’ che gravitano intorno a Mdp-Articolo 1 come l’eurodeputato uscente, ed ex dalemiano, Massimo Paolucci o qualche nome della società civile.

Lo stesso Massimo D’Alema parlando con i suoi, avrebbe detto, con il suo solito modo di fare tranchant, che “non c’è alternativa ad aprire un dialogo con il Pd di Zingaretti. Questa è la sola prospettiva possibile. Possiamo costruire una nuova, grande, alleanza progressista” già dalle prossime elezioni europee. E anche Pierluigi Bersani guarda con ‘speranza’ al nuovo corso del Pd: “Tutti quelli che si riconoscono nel socialismo europeo devono stare insieme nella stessa lista”. 

 

La polemica dei renziani contro gli “scappati di casa”

 

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Foto Roberto Monaldo / LaPresse – Ivan Scalfarotto

 

Il tema però è delicato e i renziani sparano già ad alzo zero. Ivan Scalfarotto dice già di sentirsi “come un deputato di Blair nel partito di Corbyn” e teme che “il Pd diventi una nicchia di sinistra dove io non mi sentirei più a mio agio”, ma è lo stesso Scalfarotto che sta ‘animando’ e costruendo i comitati civici ‘Ritorno al futuro’, nuce del futuro partito di Renzi. Anche gli ex colonnelli di Renzi, Lotti e Guerini, pur aperti e disponibili al dialogo con Zingaretti, chiedono numi e chiarezza.

A Zingaretti tocca gettare acqua sul fuoco: “Non è questione di rientrare in uno stesso partito che non è all’ordine del giorno: non creiamo mostri che non esistono”. L’obiettivo è di “rendere competitive le liste per non perdere nessuno voto. C’è l’urgenza democratica di fermare questa destra”. Una “priorità” condivisa anche da Speranza: “Noi siamo Articolo Uno e nessuno di noi pensa di rientrare nel Pd. Questo non è in discussione”.

 

 Intanto i sondaggi vedono il ‘sorpasso’ del Pd sull’M5S

 

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Un simbolo dei sondaggi

 

Probabilmente succederanno entrambe le cose: Mdp e il Psi faranno la loro ‘bicicletta’ (quotata, ahi loro, intorno l’1%), Zingaretti metterà dei nomi ‘di area’ nelle liste dem. Obiettivo, appunto, superare l’M5S. Il sondaggio di Emg reso noto dal Tg La 7 di lunedì sera dice che è possibile: il Pd è dato al 21,1%, in salita, l’M5S al 21,0%, in forte discesa, per la prima volta, dunque, ‘sotto’ il Pd. Ma i sondaggi sono sondaggi, serve tempo e buona lena prima che diventino numeri ‘veri’, nelle urne, e se aprire le liste serve, anche non avere troppa concorrenza – a destra come a sinistra – è indispensabile per farli diventare realtà.

Zingaretti fa anche sapere di avuto uno scambio di opinioni con Stanislas Guerini, deputato molto vicino al presidente francese Macron e ‘mente’ di En Marche! e lo scrive in un tweet: “Molto contento dell’avvio dei rapporti con En Marche. La battaglia per cambiare l’Europa è comune”. Ma i renziani ortodossi continuano a sentire puzza di bruciato.

 

Il (vago) “coordinamento parlamentare delle opposizioni”

 

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Il tabellone elettronico dell’Aula di Montecitorio durante le votazioni

 

Del resto, è stato proprio Zingaretti domenica a lanciare l’idea del “coordinamento parlamentare delle opposizioni di centrosinistra” dove, però, date le forze presenti nell’attuale Parlamento, più che altro si intende Leu, ormai ridotto a un mero cartello elettorale con dentro Articolo 1 di Bersani, Possibile di Civati, Sinistra italiana di Fratoianni. Degli altri ‘piccoli’ che si erano alleati con il Pd (Forza Europa, i Civici della Lorenzin e Insieme, i prodiani) non si hanno notizie: stanno nel Misto e intendono restarvi. Inoltre, un “coordinamento parlamentare” presuppone la condivisione su qualche punto, tutto da costruire, di azione parlamentare che vada oltre la ‘generica’ opposizione.

 

Per coprirsi al centro ecco il dialogo con i ‘cattolici’ di Demos

 

Demos

Democrazia Solidale-Demos

 

E così, ieri, per ‘coprirsi’ al centro, Zingaretti fa un’altra mossa.Fa sapere di aver incontrato “i responsabili nazionali di Democrazia Solidale-Demos, Mario Giro e Paolo Ciani, sempre “per la costruzione di un campo largo”. Con gli esponenti di Democrazia Solidale, Zingaretti ha discusso di “una alleanza a partire dalle prossime elezioni regionali in Basilicata, Piemonte ed Emilia Romagna e in tanti comuni che andranno al voto, affrontando anche il tema del contributo di Demos alle elezioni europee”. Sembra una ‘svolta’ verso i cattolici moderati, ma non lo è, o lo è solo in parte.

Logo Comunità di SantEgidio

 

Infatti, Demos – legato a esperienze di volontariato e associazionismo cattoliche, in primis la Comunità di Sant’Egidio– ‘sta’ già con Zingaretti. Alle elezioni regionali del Lazio, tenute nel marzo 2018, ha contribuito alla sua rielezione a governatore con un risultato anche sorprendente, il 2,5%, cioè circa 50 mila voti. Il movimento si è anche dato, dall’ottobre scorso, una dimensione nazionale e ora punta a chiedere almeno una candidatura ‘di area’, alle prossime elezioni europee. Sarebbe quella del medico di Lampedusa, Pietro Bartolo, in prima fila nella battaglia di accoglienza dei migranti, anche se proprio Bartolo è stato, alle scorse Politiche, uno dei ‘simboli’ della lista di LeU.

 

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Ciani è diventato consigliere regionale nel Lazio

 

Ciani è diventato consigliere regionale nel Lazio; Giro è stato viceministro degli Esteri nella scorsa legislatura, nei governi di centrosinistra, e il padre putativo di Demos, lo storico cattolico Andrea Riccardi, che della comunità di Sant’Egidio è il fondatore e l’anima, dialoga con Zinga da tempo. Insomma, il mondo cattolico ‘moderato’ sta altrove e Zingaretti, almeno per ora, non riesce ad intercettarlo. La strada del segretario, sulle alleanze, è ancora tutta in salita.

 

Lo ‘staff’ di Zinga: al Nazareno torna la ‘Ditta’?

 

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Gentiloni e Zingaretti

 

Anche sul piano interno, Zingaretti annuncia che “il passato non ritorna”, “non si tornerà ai tempi della Ditta” e pure Gentiloni, neo presidente del Pd, ribadisce secco che “no, Bersani e D’Alema nel Pd non li riprenderemo…”. Ma il profumo di ‘ex-Ditta’s i sente uguale, nel nuovo Pd.

Per quanto riguarda la Direzione, il parlamentino dem dove vengono prese tutte le decisioni politiche che contano (a partire dalla stesura e dall’approvazione delle liste) e che conta 120 membri elettivi (compito svolto dall’Assemblea nazionale domenica), 50 di diritto e 20 scelti dal segretario, avevano subito creato molto scompiglio due notizie. La prima è la nomina di Marco Furfaro e Maria Pizzolante (nomi che vedremo dopo chi sono), non iscritti al Pd, il che scatena subito le ire dei renziani che si appellano allo Statuto che vieta l’iscrizione a non aderenti al Pd.

 

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Matteo Renzi, Michele Emiliano e Andrea Orlando

 

La seconda era che il governatore della Puglia Michele Emiliano fosse entrato in Direzione in quanto governatore, e quindi avente diritto, benché non più in possesso della tessera del Pd. Falsa pista: il governatore non sarà in Direzione, ma vi sarà di certo ‘invitato’. Al suo posto, però, entra un gruppetto dei suoi tra cui Francesco Boccia, che ha fatto convergere i suoi voti alle primarie su Zingaretti, e Ubaldo Pagano. Per le minoranze, trentadue posti in Direzione vanno alla componente Lotti-Guerini, un tempo renziani di ferro ora in odore di accordo con Zingaretti, e ventisette vanno a Martina che ha dichiarato massima collaborazione; sedici a Giachetti che invece ha spiegato come sarà la “nostra azione di minoranza leale”.

 

In attesa della Segreteria, ecco lo “staff operativo” di Zinga

 

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Assemblea Pd

 

Il primo atto interno della gestione Zingaretti del partito è stata, però, la nascita di uno “staff operativo che, in attesa dell’insediamento degli organismi esecutivi, si occuperà di amministrative, europee e comunicazione, a cominciare dai social”, recita una nota. Al di là della formalità della comunicazione, si tratta della prima fila del nuovo Pd di Zingaretti, una cabina di regia che gestirà questi primi mesi di vita e che sarà coordinata da Paola De Micheli (in pratica una semi-investitura perché sarà lei la vicesegretaria operativa del nuovo corso zingarettiano), Marco Miccoli si occuperà delle iniziative politiche, Marina Sereni delle attività in vista delle prossime elezioni amministrative, Enzo Amendola delle prossime elezioni europee, Andrea Martella dei rapporti istituzionali. Ma ora raccontiamo chi sono i ‘magnifici cinque’ del nuovo corso di Zingaretti.

Segnalo qui un articolo, scritto per questo blog durante la corsa alle primarie, che già descriveva chi è Nicola Zingaretti, chi lo appoggia e i suoi uomini : Speciale primarie Pd/1. Chi è Nicola Zingaretti, da dove viene, chi lo appoggia e un’intervista

 

La ex lettiana, e piacentina ‘tosta’, Paola De Micheli

 

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Paola De Micheli

 

A coordinare lo staff è stata chiamata la deputata Paola De Micheli, ormai quasi certa del ruolo di vicesegretario. Piacentina, 45 anni, è stata coordinatrice della mozione congressuale di Zingaretti.Laureata in Scienze politiche alla Cattolica di Milano, compie il suo cursus honorumpolitico sulla sponda cattolica del centrosinistra: Ppi, Margherita, quindi il Pd. Lavora con Stefano Fassinanel dipartimento economico sotto la segreteria Bersani, ma si lega presto politicamente a Enrico Letta. Pur non essendo mai stata renziana, entra nel governo del premier fiorentino come sottosegretario all’Economia. Confermata con Gentiloni, passa poi a presiedere il Comitato per la ricostruzione post-terremoto nel Centro Italia. Due curiosità: dal 2016 è presidente della Lega Serie A di pallavolo; ha scritto un libro sulle imprese in crisi acquistate dai lavoratori insieme ad Antonio Misiani (probabile prossimo responsabile economico nella segreteria zingarettiana), con prefazione di Romano Prodi.

La De Micheli è ormai una zingarettiana doc: la scintilla tra i due è scoccata mentre lei era responsabile della task force per la ricostruzione post terremoto in centro Italia e il governatore del Lazio era tra gli interlocutori istituzionali.

I nomi, in questo caso, dicono tutto. A parte la De Micheli, tutti gli altri non siedono in Parlamento, dopo esservi stati per più legislature, e condividono la triste sorte l’essere stati “fatti fuori”, così si disse all’epoca, da Matteo Renzi.

 

La umbra-fassiniana ‘dolce’ Marina Sereni

 

Marina Sereni

Marina Sereni, Vice presidente della Camera dei Deputati

 

Marina Sereni, che è stata in Parlamento dal 2001 al 2018, fino a ricoprire l’incarico di vicepresidente, è una storica esponente della corrente Franceschini-Fassino e anche di lei si parla per l’incarico di vice di Zingaretti alla segreteria, ma anche di un posto da capolista alle Europee. LaSereni andrà a occuparsi di enti locali, in vista della tornata di elezioni amministrative di maggio. Nata a Foligno, 58 anni, Sereni è ancora oggi la coordinatrice nazionale di Area Dem, la componente che fa capo a Dario Franceschini e Piero Fassino. Con quest’ultimo, è entrata nella segreteria nazionale dei Ds, con le deleghe pesanti di organizzazione e, prima ancora, esteri. In quest’ultimo dipartimento, la sua vice era l’attuale Lady Pesc Federica Mogherini.

 

Il napoletan-dalemiano ‘simpatico’ Enzo Amendola

 

Vincenzo Amendola

Sottosegretario Vincenzo Amendola

 

Un altro escluso illustre dalle liste dello scorso anno fu il napoletano Enzo Amendola, molto vicino all’ex ministro Marco Minniti (proprio la sua esclusione fu motivo di forte attrito tra lo stesso Minniti e Renzi). Amendola entra nello staff di Zingaretti con l’incarico di seguire il capitolo europee. Per lui si profila, nella segreteria definitiva, il ruolo di responsabile degli Esteri. Prima di approdare come sottosegretario alla Farnesina, nei governi Renzi e Gentiloni, è stato responsabile esteri nella Sinistra giovanile e, nel Pd renziano, ha avuto diversi incarichi nella Iusy e nell’Internazionale socialista. Prima era stato anche segretario regionale campano dei Ds e del Pd.

 

Il venezian-orlandiano colto Andrea Martella

 

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Andrea Martella dirigente di partito

 

Incarico cruciale anche per Andrea Martella, già coordinatore della mozione Orlando nel congresso del 2017 e anche lui escluso poi (tra durissime polemiche degli orlandiani) dalle liste delle politiche all’ultimo minuto e da Renzi in persona. A lui Zingaretti ha affidato le relazioni istituzionali con le altre forze politiche e sociali. Sarà lui, quindi, a gestire la rete di rapporti che dovrà portare il Pd alla formazione della nuova coalizione di centrosinistra. Nato a Venezia, assume diversi incarichi dirigenziali nei Ds a partire dal 2003. Nel Pd di Veltroni gestisce prima la fase costituente nel Nord Italia e poi entra nel governo ombra con delega alle Infrastrutture, tema di cui si occuperà anche nella successiva segreteria Franceschini. Colto e raffinato, Martella, a Renzi, la vendetta l’ha giurata.

 

Il romano ombroso Marco Miccoli

 

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Il romano ombroso Marco Miccoli

 

Ma il vero uomo chiave della nuova squadra del Nazareno sarà Marco Miccoli. Nato politicamente nella Cgil, poi da sempre molto vicino a Zingaretti, a lui spetta il coordinamento delle iniziative politiche del partito. Sarà, di fatto, il coordinatore della nuova segreteria. È l’ennesimo componente di questo staff a essere stato escluso in extremis dalle liste dem per le politiche 2018, nel suo caso per lasciare spazio a un esponente del Psi. Miccoli manterrà anche l’importante delega per la comunicazione, compresi l’ufficio stampa e i social network. Sarà lui quindi a gestire la macchina che vuole mettere in piedi da Zingaretti per contrastare bufale e fake news sulla Rete.

 

La lucana, e femminista di sinistra, Cecilia D’Elia

 

Cecilia D’Elia

La lucana, e femminista di sinistra, Cecilia D’Elia

 

Unica donna della cerchia ristretta zingarettiana è Cecilia D’Elia, che è anche l’unica a non essere “romana de’ Roma”, viste le sue origini lucane. Già iscritta ai Ds e poi a Sel, dal 2016 non ha più tessere di partito, ma di recente ha ripreso quella del Pd. Per Zingaretti ha curato i rapporti con il mondo femminile, sia sul piano istituzionale (presiede la cabina di regia regionale contro la violenza sulle donne) sia su quello politico: ha organizzato la “Piazza Grande femminista” alle primarie.

 

Tra gli ‘Zingaretti boys’ comanda il ‘partito romano’

 

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La Bandiera del Pd

 

Nella nuova squadra del Nazareno, Miccoli è l’unico a fare anche parte della cerchia ‘romana’ di consiglieri fidatissimi di Zingaretti. Il nuovo Pd chiude anche geograficamente la parentesi fiorentina e diventa romanocentrico, come mai era stato finora. Romana è la triade Zingaretti-Gentiloni-Zanda, che occupa ufficialmente i vertici del partito. E romanissimi sono gli uomini più vicini al nuovo segretario.

Con Miccoli, che rappresentava la mozione Zingaretti al tavolo della Commissione per il congresso guidata da Dal Moro, ci sono infatti Mario Ciarla e Michele Meta – altri due ex deputati esclusi dalle liste – che hanno seguito le fasi operative delle primarie e della transizione, finita con l’Assemblea.

Meta, provenienza diessina e rapporto solido con Goffredo Bettini, grazie alla lunga esperienza parlamentare alle sue spalle, è l’uomo della mediazione con gli esponenti dei territori e con quelli delle altre componenti interne (Franceschini e Orlando, in primis). A lui è toccato il compito di regolare gli equilibri delle liste per le primarie e, poi, per la Direzione, che sono stati definiti più nel concreto al tavolo delle trattative da Ciarla.

 

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Mario Ciarla Vicepresidente del Consiglio regionale

 

Avvicinatosi a Zingaretti dopo un passato dalemiano, Mario Ciarla è il suo vicecapo di gabinetto alla Regione. “Per capire il suo ruolo, basta citare un aneddoto relativo alla riunione dell’Assemblea nazionale di ieri – racconta Rudy Francesco Calvo in un articolo sull’Huffington Post – Gentiloni chiama il time-out: le liste per la Direzione non sono ancora pronte e c’è bisogno di qualche minuto di pausa. Il neo-presidente, però, lascia il microfono acceso e in sala si percepiscono le voci che animano le ultime fasi della trattativa. È proprio un trafelato Ciarla che arriva al banco della presidenza e, a seguito del beau geste di Zingaretti di cedere all’area Martina alcuni esponenti tra i venti che spettano di diritto al segretario, chiede – in stretto vernacolo romanesco – al martiniano Matteo Mauri: “Me devi da’ du’ amministratori giovani e du’ donne, nun ce l’hai?”. Mauri ce le ha

 

Il vero mentore e ideologo di Zingaretti, Goffredo Bettini

 

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Goffredo Bettini, Il vero mentore e ideologo di Zinga

 

Se questi sono gli uomini operativi, il riferimento ideologico Zingaretti lo ha da sempre trovato in Goffredo Bettini, suo vero mentore. E c’è da scommettere che nei prossimi anni al Nazareno il rapporto si consoliderà ulteriormente, dato che lo stesso Bettini ha annunciato oggi che non si ricandiderà al Parlamento europeo, dove è stato eletto cinque anni fa, per “riprendere in mano i libri e l’approfondimento, attraverso di essi, dei tanti problemi che scuotono la sinistra in Italia e nel mondo”. Una scelta che ammette di fare “con una maggiore serenità d’animo” dopo l’elezione di Zingaretti alla guida del Pd, “una persona cara a me da tutta una vita, un segretario che ha dimostrato di avere un grandissimo consenso e di poter coniugare capacità unitaria con l’indicazione di una netta linea politica di svolta”. Probabilmente Bettini – l’uomo che negli anni ha saputo determinare, soprattutto a Roma, le vittorie della sinistra e l’esplosione del Pd di Veltroni nel 2008 – non andrà a occupare un ruolo formale nel partito, dopo essere già stato coordinatore della segreteria con Veltroni, ma certo la sua presenza si farà sentire dietro le quinte. Di certo, dice Bettini, “dopo anni di pessimismo mi è tornato il buonumore”, tanto per dire del nuovo ‘clima’.

 

Il braccio sinistro di Zingaretti, Massimiliano Smeriglio

 

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Massimiliano Smeriglio Vicepresidente Regione Lazio

 

Altra figura rilevante al fianco del nuovo segretario è quella di Massimiliano Smeriglio. Suo vice alla Regione Lazio, “è stata ed è la persona più vicina a me – ha ribadito ancora ieri mattina Zingaretti – una persona importante nella storia di questi dieci anni. Ci ha permesso di vincere tantissime battaglie in questa nostra comunità. Continuerà ad essere così”. Smeriglio non è iscritto al Pd (lo è stato, invece, prima al Prc, poi a Sel, infine a Campo progressista), quindi rimarrà alla Pisana senza avere incarichi di partito. Intanto, però, ha piazzato in Direzione due persone a lui vicine: Marco Furfaro (già candidato alle europee nel 2014 nella Lista Tsipras, risultando primo dei non eletti, oggi coordinatore del movimento “Futura”, promosso da Laura Boldrini) e Mariapia Pizzolante.

Durante la campagna congressuale, Smeriglio si è segnalato per aver lanciato più volte la palla troppo avanti in merito al dialogo con la sinistra e persino con il M5S, costringendo Zingaretti a precisare che quelle erano opinioni personali, che non coincidevano con le sue. Il sospetto è che tra i due ci sia stato più volte un gioco delle parti, con Smeriglio impegnato a presidiare il campo della gauche, mentre il candidato (poi eletto) segretario manteneva una posizione più equilibrata. Nel futuro si vedrà se passerà la linea hard di Smeriglio o quella soft di Zingaretti.

Il braccio destro di Zingaretti, Andrea Cappelli

 

Infine, c’è l’uomo che segue Zingaretti in ogni suo passo: il portavoce Andrea Cappelli. Romano e romanista, dai modi schietti e ironici, Cappelli ha curato i rapporti con la stampa di Bettini e Ignazio Marino, prima di approdare con l’attuale segretario dem alla Regione Lazio. Ma più che un semplice portavoce, è un vero e proprio braccio destro, grazie alla sua lunga esperienza in politica e alla conoscenza soprattutto degli ambienti capitolini. Visto il suo impegno in Regione, non si sa ancora se sarà formalmente anche il nuovo capo ufficio stampa del Pd, ruolo per il quale circolano anche altri nomi. Ma di sicuro, se si vuol sapere cosa pensa Zingaretti, bisogna sentire lui.

 


 

NB: Questo articolo è stato pubblicato il 19 marzo in forma originale per questo blog.