Il terrore corre sul filo. Il caso Lotti-Mattarella-Csm e la nuova segreteria del Pd di Zingaretti

Il terrore corre sul filo. Il caso Lotti-Mattarella-Csm e la nuova segreteria del Pd di Zingaretti

16 Giugno 2019 0 Di Ettore Maria Colombo

Luca Lotti getta ‘schizzi di fango’ sul Colle e su David Ermini

 

Luca Lotti getta 'schizzi di fango' sul Colle e su Ermini

Luca Lotti getta ‘schizzi di fango’ sul Colle e su Ermini

 

Il terrore, nel Pd come nel Csm e al Quirinale, corre, ormai, sul filo del telefono, quello di Luca Lotti, che arriva a gettare schizzi di fango anche sul Colle. Intanto, il Pd è una polveriera già esplosa, un partito squassato dalle rivelazioni delle indagini intorno al ‘caso Csm’, ormai diventato ‘caso Lotti’, e anche un partito a rischio scissione. Matteo Renzi tace, ma è gonfio di ira, per la messa al bando del ‘suo’ Luca, e pensa solo a costruire i suoi ‘Comitati civici’, da tempo in mano alle amorevoli cure di Ivan Scalfarotto, Sandro Gozi ed Ettore Rosato (tutti e tre ancora, formalmente, nel Pd: ecco un pezzo che illustra come si stanno muovendo i comitati civici ), e la possibilità che i destini si separino, tra zingarettiani e renziani (tutti) si fa ogni giorno più concreta (Puoi leggere un articolo sulle mosse di Renzi a questo link). 

Il Quirinale, furibondo, bolla quelle di Lotti come “millanterie”

 

Il presidente Mattarella infuriato sul caso Lotti

Il presidente Mattarella infuriato sul caso Lotti

 

Le “millanterie” di Luca Lotti – come le smentisce e le definisce, con sdegno e malcelato disprezzo, il Quirinale – sulle sue presunte ‘visite’ al Colle per “dire a Mattarella” che “la situazione è questa”, hanno fatto infuriare il Colle. Anche perché il consigliere giuridico del Quirinale, Erbani, ha smentito ogni coinvolgimento nelle ‘trame’ di Lotti e, ove mai Lotti fosse andato al Quirinale (ci è andato, l’ultima volta, quando esaurì la sua funzione il governo Gentiloni, ma solo per prendere congedo e parlare di sport), negli archivi del Quirinale, dove ogni visita e anche ogni telefonata viene, da prassi, registrata e archiviata, ve ne sarebbe traccia, cosa che, invece, ovviamente non è. 

Ma fanno rumore e scandalo anche le parole tranchant di Lotti sul ruolo del vicepresidente del Csm, David Ermini, il quale – altro storico renziano, come Lotti –era “troppo debole”, con il Csm e verso il Quirinale, quindi “troppo autonomo”. Ermini, semplicemente, ha svolto con coscienza e dedizione il suo dovere e il Quirinale, ovviamente, è assai turbato per gli schizzi di fango che Lotti propaga cercando di sporcarlo e, appunto, “millantando” di incontri e telefonate “mai avvenute”.

Intanto, la polemica, dentro il Pd, supera il livello di guardia

 

Il caso Lotti fa superare nel PD il livello di guardia

Il caso Lotti fa superare nel PD il livello di guardia

 

Intanto, la polemica interna e politica, nel Pd, ha superato il livello di guardia. In teoria, il dibattito verte sul “rapporto tra politica e giustizia”, ma in pratica è sul caso Lotti, autosospesosi dal partito, dopo le rivelazioni che riguardano in merito al ‘caso Csm‘ (avevo approfondito precedentemente questa situazione in questo articolomentre il magistrato Cosimo Ferri, a sua volta indagato, sempre per il caso Csm, non mostra alcuna intenzione di fare lo stesso dal gruppo dem Camera.

 

Mozione Giachetti-Ascani

Mozione Giachetti-Ascani

 

I renziani – tutti – partono lancia in resta contro Zingaretti e la “caccia alle streghe” che sarebbe partita, nel partito, attaccando “l’insopportabile giustizialismo del nuovo Pd di Zingaretti”. Questo è anche quanto emerge dall’assise nazionale dei pasdaran, la mozione “Sempre Avanti!” di Giachetti e Ascani che si sta tenendo, in questi giorni, ad Assisi, tra i fuochi d’artificio, e si chiuderà oggi. 

 

Zingaretti accerchiato

Zingaretti accerchiato

 

Zingaretti – arcistufo dei continui attacchi ricevuti da giorni dai renziani, nonostante abbia cercato, a lungo, di non ‘infierire’ su Lotti (cosa che, invece, Luigi Zanda ha fatto e con estremo livore) – decide, a metà pomeriggio di ieri, dulcis in fundo, la nomina della sua nuova segreteria politica e dei vari Dipartimenti e aree tematiche. Segreteria che, dopo essere rimasta ferma ai box dal giorno dell’elezione del segretario, nel tentativo di aprire un canale di dialogo con le minoranze (soprattutto con la corrente “Base riformista” capitanata, appunto, da Lorenzo Guerini e Luca Lotti), si risolve in un ‘tutti dentro’ per i fedelissimi del leader (area Zingaretti, ovviamente, ma anche area Orlando, area Cuperlo e area Martina, che gli si era opposto al congresso) e un ‘tutti fuori’ degli altri.

 

La nuova segreteria di Zingaretti e il ‘taglia fuori’ ai renziani 

 

Il coordinatore della nuova Segreteria sarà Andrea Martella

Il coordinatore della nuova Segreteria sarà Andrea Martella

 

Il coordinatore della nuova Segreteria sarà Andrea Martella (area Orlando, epurato da Renzi alle Politiche del 2018, nel senso di cancellato, in una notte, dalle liste elettorali), la ex ministra Roberta Pinotti va alla Sicurezza, Enzo Amendola agli Esteri, la fassiniana Marina Sereni agli Enti locali, Stefano Vaccari (sindaco del modenese) all’Organizzazione (reparto cruciale, per Zingaretti), il romano Roberto Morassut ottiene la delega alle Infrastrutture e alle Periferie, Nicola Oddati va al Mezzogiorno, Chiara Braga all’Ambiente, Andrea Giorgis (orlandiano) alle Riforme istituzionali, Maria Luisa Gnecchi al Welfare, Camilla Sgambato alla Scuola, Antonella Vincenzi alla Pa, Rita Visini al Terzo settore-non profit. 

 Maurizio Martina dovrà ‘studiare’ la riforma dello Statuto del Pd e Gianni Cuperlo presiederà la nuova Fondazione dem, pur se ancora priva di nome. Mentre vengono riconfermati i due capigruppo di Camera (Graziano Delrio, ex renziano ora con Martina) e Senato (Andrea Marcucci, renzianissimo) e, ovviamente, il tesoriere dem, Luigi Zanda, che ha chiesto, di fatto, di ‘cacciare’ Lotti dal partito, e il presidente del partito, l’ex premier Paolo Gentiloni, cui peraltro Zanda è legatissimo, completano il quadro della nuova Segreteria i due vicesegretari già in pectore da mesi, Paola De Micheli (ex lettiani, già coordinatrice della mozione congressuale di Zingaretti) e Andrea Orlando. In tutto, otto uomini e sette donne, tutti/e della maggioranza, tranne il ‘povero’ Martina, ‘lassato solo‘ dalla minoranza renziana che lo ha ripudiato. 

 

Gianni_Cuperlo_Pd

Gianni Cuperlo, ex deputato del Pd, presiederà la nuova Fondazione dei dem

 

L’ex ministro, fiero avversario e oppositore di Renzi, durante gli anni di quest’ultimo a Palazzo Chigi, e che ha visto i suoi uomini ‘decimati’, nella compilazione delle liste elettorali, ieri era – giustamente – furibondo contro “alcuni vigliacchi che, nascondendosi dietro virgolettati anonimi, chiamano in causa la mia persona in relazioni a vicende del caso Csm e che io avrei ‘brigato’ per fare e disfare giudici”. Frase riportata anche in un articolo di Quotidiano nazionale rispetto a cui Orlando annuncia anche una querela.

 

Andrea Orlando

Andrea Orlando annuncia doverosa querela

 

Per completare la squadra di Zinga, mancano la responsabile nazionale delle donne dem, che sarà eletta in un’apposita assemblea (di donne), e il responsabile dei Giovani democratici (idem), ma alcuni ‘giovani’ (maschi) che, di fatto, ‘non’ stavano nel Pd – come Peppe Provenzano (area LeU), che si occuperà di Politiche del lavoro e che è stato l’animatore del movimento “Sinistra anno zero” che aveva rinunciato a correre alle Politiche del 2018 in aperto contrasto e dissenso con Renzi, che aveva accusato di “gestione padronale” del partito, e Marco Furfaro (area Boldrini, non iscritto) – assurgono a ruoli di responsabilità e di comando. L’offerta di Zinga – e cioè quella di ‘aprire’ alle minoranze dei renziani ‘dialoganti’ – è diventata carta straccia e a poco serve, da parte del segretario, mettere l’ex renziano Giorgio Gori a capo del Forum degli amministratori locali o assicurare che, nei Dipartimenti, da nominare, saranno previste caselle per le minoranze. 

 

Roberto_giachetti_pd

L’esponente del Pd Roberto Giachetti

 

“Scelte provocatorie”, quelle della nuova Segreteria, le bollano i renziani, ormai tutti uniti e dove, anche dentro Base riformista, sanno di stare per finire ‘schiacciati’ sulle posizioni oltranziste di Giachetti&co. “Il nuovo Pd non esiste, sembra il Pds di Occhetto” tuonano i renziani, Andrea Marcucci in testa, mentre Sandro Gozi, molto vicino a Renzi, spiega che “bisogna costruire qualcosa di più ampio, oltre il Pd”. Martedì, in Direzione nazionale dem, se ne vedranno delle belle. I renziani si preparano già ad andarsene?

 


Il ministro Bonafede ‘studia’ la riforma della giustizia …

 

Alfonso_Bonafede_M5S_Giustizia

Alfonso Bonafede (M5S), ministro alla Giustizia

 

“Pagelle” per i giudici, rose ristrette per l’elezione nel Csm e qualche ‘colpo’ ben assestato al meccanismo, ormai risultato devastante, del peso delle correnti all’interno del Csm e dell’Anm. 

Mercoledì prossimo, il premier, Giuseppe Conte, incontrerà i due ministri della Giustizia, Alfonso Bonafede (M5S), e della Pa, Giulia Bongiorno (Lega), sul tema. Alla riforma della giustizia, dunque, ci sta lavorando Bonafede, ma anche la Lega. Del resto, l’aut-aut di Mattarella è stato chiaro. Bonafede non poteva non muoversi. Fonti del ministero spiegano che il Guardasigilli sta elaborando “una serie di idee”, ma, sulla materia, vuole mettere becco anche la Lega. Salvini pensa a una “riforma della giustizia” in grande stile e, non fidandosi di Bonafede, ha chiesto alla Bongiorno di marcarlo stretto. La priorità è “garantire un riconoscimento più oggettivo della meritocrazia dei magistrati, con criteri oggettivi”.

 

Giulia_Bongiorno_Lega_Pa

Il ministro alla Pa, Giulia Bongiorno (Lega)

 

A via Arenula vogliono rimediare a due “evidenti criticità”. La prima è “la dilagante prassi di standardizzazione delle valutazioni professionali dei magistrati che ha generato un sistema appiattito di avanzamento indifferenziato per tutti”. La seconda criticità è “l’eccesso di discrezionalità nel conferimento degli incarichi direttivi”. In particolare, la ‘riforma Bonafede’ prevede la “quantificazione esatta dei punteggi da assegnare a ogni esperienza lavorativa, all’anzianità e ai risultati oggettivi ottenuti, come lo smaltimento dell’arretrato, la capacità di rendimento, la corretta gestione delle attività di ufficio”.

 

Consiglio Superiore della Magistratura - CSM

Consiglio Superiore della Magistratura – CSM

 

In negativo, dovrebbero trovare spazio eventuali condanne disciplinari o segnalazioni validate sull’operato dei giudici. Il Csm, a quel punto, potrebbe esprimere appieno la sua discrezionalità scegliendo tra i primi tre candidati con il punteggio più alto cosi come per la conferma dell’incarico.

 

Matteo Salvini

Matteo Salvini sogna la maxi-riforma della giustizia

 

Allo studio del ministro c’è anche un secco depotenziamento del ruolo delle correnti che dovrebbe avvenire attraverso il superamento del collegio unico nazionale, oggi in vigore, per l’elezione dei membri del Csm, passando a collegi più ristretti e territoriali. Bonafede studia il meccanismo del sorteggio per eleggere i membri togati del Csm, mentre i membri ‘laici’ continuerebbero ad essere eletti dal Parlamento, come dice la Costituzione, in base a un elenco di giudici con particolari requisiti, ‘rosa’ di nomi da sottoporre, poi, appunto, al sorteggio finale. La ministra Bongiorno è favorevole, tutto sommato, alle mosse di Bonafede, ma Salvini sogna la maxi-riforma della giustizia. E, come sempre, vorrà avere, anche in questo caso, l’ultima parola. Sempre che il governo regga…

 


 

NB: Questi due articoli, in forma più succinta e meno argomentata, sono stati pubblicati sulle pagine di Quotidiano Nazionale il 16 giugno 2019